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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Swallow The Sun - Songs from the North III
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15/11/2015
( 6253 letture )
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Non ci avevo mai davvero creduto. A partire dai rumors da tempo in arrivo da Jyväskylä, passando per i comunicati ufficiali della Century Media che lanciavano l'album, fino alle dichiarazioni degli stessi componenti della band, non c'è stata una sola tappa di avvicinamento all'uscita di Songs from the North I, II & III che non abbia alimentato l'attesa per un capitolo della trilogia dedicato al “funeral doom”. Eppure, sono sempre stato graniticamente convinto che alla prova dei fatti gli Swallow The Sun avrebbero dimostrato quello che trasuda inequivocabilmente dalla loro storia, cioè che, tra tutte le band in qualche modo collegate all'arcipelago doom, Juha Raivio e compagni sono forse i più “geneticamente” incompatibili con la poetica funeral. Abbiamo più volte sottolineato, in queste pagine, la superficialità di quella sorta di smania che sembra impadronirsi della critica a ogni apparizione sulla scena di album che solchino l’universo del metal rallentandone ritmi e battiti, quasi che bastasse solo questo dettaglio per inserire i lavori in questione nell'ultima possibile nicchia, dove aliti di vita quasi spenti precedono la cristallizzazione definitiva di luci, colori e suoni. Ma se, permettendoci di scomodare nobili paralleli letterari, immaginiamo il funeral come una sorta di Cocito dantesco rappreso tra ghiaccio e venti gelidi, davvero non si concepisce come possa abitarlo una band come gli Swallow The Sun, che fa dell'accumulazione della tensione il proprio marchio di fabbrica e con questa infiamma tutto ciò che incontra sul cammino. Come se non bastasse, oltretutto, i Nostri hanno sempre manifestato una spiccata propensione alla costruzione di architetture articolate, che esaltano la componente sinfonico-orchestrale della loro ispirazione e che mal si conciliano con la relativa linearità che ci si deve attendere in lavori orientati alla lentezza più estrema.
Ecco allora che l'approccio a questo Songs from the North III (considerato come stand alone) deve essere radicalmente rivisto rispetto ad aspettative e, a seconda dei punti di vista, speranze/timori della vigilia, tanto che bastano pochi ascolti per rendersi conto che ci troviamo in presenza di un album di purissimo doom, declinato da un sestetto che non sta esplorando nuovi territori, bensì semplicemente spostando l'accento verso il secondo termine di quel death/doom di cui vengono universalmente annoverati tra i sommi maestri. Intendiamoci, non mancano nel dipanarsi complessivo delle cinque tracce passaggi in cui riecheggiano spunti di scuola Skepticism o Mournful Congregation ma, volendo trovare una “vicinanza” a tutti i costi, è molto meglio puntare la prua verso i lidi battuti da Johan Ericson coi suoi Doom:VS, probabilmente la migliore espressione di quella scuola scandinava che detta qualitativamente legge nell'affresco di nebbie e atmosfere nere. Ma, più che andare a caccia di echi di lavori altrui, dovendo cercare ascendenze e riferimenti, si può tranquillamente restare all'interno della peraltro già sterminata discografia dei finlandesi, ricorrendo sia a passaggi di singoli brani (tanto per limitarci all'essenziale, Doomed to Walk on Earth, The Ship, l'intera suite Plague of Butterflies così come April 14th) sia ai tratti caratteristici sedimentati negli anni, come l'intreccio aureo delle sei corde di Juha Raivio e Markus Jämsen, che incontrano il lavoro discreto ma essenziale di Aleksi Munter alle tastiere. Su tutto, come sempre, gli arcobaleni vocali di sua maestà Mikko Kotamäki, che squaderna una volta di più la sua eccellenza nella triplice declinazione di growl, scream e whispered, con l'aggiunta oltretutto, stavolta, di suggestive parti da voce narrante fuori campo che conferiscono un tocco quasi teatrale all'impasto.
Abbandonati i territori in qualche modo rassicuranti del secondo capitolo, ci pensa fin da subito l'opener The Gathering of Black Moths, venata da una marzialità incalzante (sottolineata dai rintocchi death mulinati dal nuovo drummer Juuso Raatikainen), a catapultare l'ascoltatore “in medias res”, per una narrazione immediatamente drammatizzata con l'alternarsi di inserti ora abrasivi, ora melodici. C'è ben più di una semplice nota di colore entomologica (le falene nere del titolo) a rimandare alle farfalle della suite capolavoro del passato, è tutto l'insieme che sembra quasi protendersi a ricreare le atmosfere a metà strada tra sogno e angoscia che hanno consegnato Plague of Butterflies all'immortalità, per un esito che anche questa volta stordisce e commuove. Tocca all'intro spettrale della successiva 7 Hours Late mutare parzialmente registro, regalando spire lente che sembrano collassare progressivamente su se stesse fino a lambire la soglia dell'immobilità, prima di riprendere vita e sfociare in un finale dai tratti epici. Se pure qui, in più di un passaggio, gli Swallow The Sun attraversano effettivamente il confine delle lande funeral, ogni dubbio viene fugato dall'avvento sulla scena di uno dei brani più riusciti dell'intero album, Empires of Loneliness, traboccante di rimandi a quelle Lights of the Lake e Labyrinth of London che hanno meravigliosamente chiuso gli ultimi due atti della “saga Horror” nella discografia dei Nostri. È ancora una monumentalità oscura a marchiare indelebilmente Abandoned by the Light, brano scelto come anteprima di lancio per illustrare i contenuti dell'intero Songs from the North III e che, inserito nel contesto di tutte le altre tracce, acquista ulteriore potenza evocativa dispiegando tutta la drammaticità insita nel grido finale :
On this sinking hearse I stand Made of bones, blood and horns Sails of this ghost ship left at the mercy of these storms Flags ripped apart by the winds that felt like thorns, no land, no home in sight I am abandoned Abandoned by the light
Dopo una simile cavalcata verso vette assolute di tensione, sembravano esserci pochi spazi per ulteriori colpi di teatro, ma ormai la caleidoscopica creatività di Juha Raivio dispone di falangi di soluzioni non solo per sostenere un'opera monumentale nel suo complesso, ma anche per rifinirne “l'anima” fin nei dettagli e così la conclusiva The Clouds Prepare for Battle diventa la pietra angolare dell'intero capitolo. Lo scream/growl prima soffocato e poi quasi diabolico di Mikko Kotamäki, una base ad alto tasso melodico, un sorprendente cameo di cori monastici, l'affacciarsi di ruvidezze death, il finale narrativo che sfuma in una quiete di totale rarefazione, da qualsiasi parte si scelga di vivere il brano si viene travolti dalle stimmate di un capolavoro, di cui non è difficile prevedere una resa live alle soglie della leggendarietà.
Atmosfere dense in cui si proiettano fatiche e sofferenze dell'umana esistenza, uno scandaglio gettato nell'abisso, l'ennesima ricerca condotta dai boschi di Jyväskylä sulle infinite possibili combinazioni della triade “gloom, beauty and despair”, Songs from the North III è semplicemente la conferma della titanica statura degli Swallow The Sun. Tre anni dopo Emerald Forest and the Blackbird lo scettro del doom d'autore è ancora saldamente al suo posto, lassù, tra laghi e betulle oltre il sessantesimo parallelo.
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7
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Considerando l' opera nell' interezza delle sue parti, disco dell' anno. Niente di più e niente di meno |
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6
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Vi dico la mia: primo disco 90, secondo 90, terzo 100, ci sto annegando dentro ed è una cosa fantastica |
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5
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Sottolineo come questa parte sia senza dubbio la più emozionante delle tre. Probabilmente hanno avuto molta più ispirazione nel comporre questi brani che nella prima parte, forse un po "easy" e nella seconda che è volutamente leggera e acustica. Qui, sul III non c'è un solo brano che sia inferiore agli altri. Hanno senz'altro un futuro su queste sonorità. Au revoir. |
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4
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Desolante e surreale malinconia dai retaggi folk e medievali. Raffinate ambientazioni immerse in sonoritá tradizionali. Ore di cupe atmosfere da abbinare ai Racconti Fantastici di Guy de Maupassant e per merenda una tavoletta di fondente 85% di cacao con un pizzico di sale. |
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3
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Anche se richiede del tempo (quasi tre ore) preferisco ascoltarlo come se fosse un solo cd. E’ come attraversare il freddo nord, con la voce di Mikko, in tutte le sue espressioni, a fare da guida. Mi piace la seconda parte …“la dolce tregua, prima dell’oscurità” più nera e profonda della terza. E’ questa, la terza, che mi ha dato le sensazioni più forti, quella che ha rallentato il respiro e i battiti del cuore. Ora aspetto di sentirli dal vivo, sperando di non aver bisogno dell’ossigeno..  |
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2
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Dopo aver ascoltato l'intera parte terza, confermo il mio commento scritto dopo l'avventura sonora in Abandoned by the Light: pezzi non facilmente fruibile da tutti, ma ribadisco l'invito a non fermarsi alla prima impressione e a provare nell'ascolto ad avere il coraggio di lasciarsi andare al lento e impetuoso fluire delle note e della voce, al turbinio delle emozioni profonde che - dentro ciascuno di noi - possono emergere... Che dire, aspettiamoli a breve dal vivo... |
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1
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Bravi, la scelta di recensire singolarmente i tre album è l'unica scelta sensata per questo lavoro. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Gathering of Black Moths 2. 7 Hours Late 3. Empires of Loneliness 4. Abandoned by the Light 5. The Clouds Prepare for Battle
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Line Up
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Mikko Kotamäki (Voce) Juha Raivio (Chitarra) Markus Jämsen (Chitarra) Aleksi Munter (Tastiere) Matti Honkonen (Basso) Juuso Raatikainen (Batteria)
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RECENSIONI |
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