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Swallow the Sun - 20 Years of Gloom, Beauty and Despair - Live In Helsinki
31/08/2021
( 2061 letture )
La formazione finlandese arriva a tagliare il traguardo dei vent’anni di carriera e lo celebra realizzando un live con tanto di doppio CD annesso, senza contare che non tutte le band possono dire di arrivare alla terza decade con una vena creativa ancora lontana dell’essersi inaridita. Gli Swallow The Sun non hanno certo bisogno di presentazioni, essendo uno dei monicker più rinomati e seguiti all’interno del panorama doom contaminato, con due decadi di attività alle spalle e sette album in archivio. Sono un sestetto ma si sa bene che la mente dietro a tutto sia Juha Raivio, chitarrista che fondò il progetto insieme a Pasi Pasanen, batterista originario, ormai non più in formazione. L’esibizione che viene registrata al Tavastia Club, una cornice per forza di cose non insolita, dal momento che ad Helsinki ci erano già stati nel 2015 e visto che sono finnici è sempre un bene affidarsi al pubblico di casa. Essendo risalente al febbraio del 2020, quella del Tavastia è una delle ultime esibizioni prima dei contrattempi dovuti alla fase che oggi conosciamo, i nostri possono dirsi quindi fortunati in tal senso, riuscendo a portare tutto a termine poco prima delle chiusure.

Gran peso ha avuto all’interno della loro discografia l’imponente album Songs from the North, al cui interno si trova Beauty, seconda parte della "trilogia", le cui atmosfere acustiche calzano a pennello e sembrano fatte apposta per poter essere riproposte in sede acustica. Non c’è da stupirsi troppo quindi, se i finlandesi decidono di dedicarne gran parte della setlist. Introducono il live con The Womb of Winter, che viene accolta dagli applausi del pubblico già dalla prima profonda e lunghissima nota ripetuta. L’intro all’insegna della desolazione viene concluso dal soffio del vento, che sancisce la transizione a The Heart of a Cold White Land, che è il primo brano vero e proprio del concerto. I passaggi malinconici sono veramente efficaci e trasportano l’ascoltatore in quello che è il cuore gelido e della Scandinavia, riuscendone quindi a rievocare le atmosfere più rarefatte. Come da copione, alla sopracitata fanno seguito Away e Pray for the Winds to Come, che approfondiscono quanto già sentito precedentemente, ma è soprattutto con la title track e la topografica 66°50'N,28°40'E che si raggiunge l’apice di questa prima parte acustica del live, segnata dalla volontà della band di imprimere alla performance un’impronta più intimisitica di fronte al pubblico di casa. Se nella prima gli Swallow The Sun possono contare sull’apporto della voce femminile e di un’atmosfera più cadenzata, nella seconda possono avvalersi di un video estratto, potendo così ammirare anche con gli occhi le capacità della band in questa lunga esecuzione strumentale. A concludere tutto ci pensano Autumn Fire, dove ritorna la presenza della voce femminile a rendere più colorata l’atmosfera di questo brano dal tono etereo se non quasi fiabesco, e Before the Summer Dies.
Tutto ciò risulta molto riuscito e se ne esce ampiamente soddisfatti, anche considerando gli applausi che ricevono dal pubblico al termine di questa prima metà di esibizione. Tuttavia, dopo quaranta minuti circa, si potrebbe anche mettersi nei panni di un ascoltatore che magari non li aveva mai sentiti prima. Uno che magari voleva approcciarsi alla band su consiglio o trovando per caso una descrizione sul web, magari ha deciso di dar loro una possibilità iniziando proprio da questo live, convinto di andare sul sicuro per farsi un’idea generale, e al termine del disco non è da escludere che la reazione sia pressapoco la seguente "Embè, dov’è il doom? Il death melodico? Com’è qui la storia? Qui ci dev’essere chiaramente un errore". Fortuna vuole che ci sia anche il secondo CD a sciogliere ogni dubbio e far sparire la disperazione incombente nell’ascoltatore novizio. È qui, giunti al centro del concerto, che inizia a manifestarsi la parte più scura della band, così come il concetto stesso di inverno finlandese assume dei connotati molto più tetri e crudi. L’altra faccia della band fa subito la sua apparizione già al primo secondo di Lost and Catatonic, dove si toglie il velo all’atmosfera sognante vista finora, manifestando l’oscurità con una batteria che scalpita minacciosa ed un coro drammatico. Si assiste quindi all’alternanza tra growl e voce pulita, ma anche a riff più pesanti e rullate secche. Empire of Loneliness rincara la dose, riproponendo quell’assetto death/doom da distruzione totale contraddistinto però da una grande componente epica a sorvegliare il tutto. Qui si inseriscono anche un uso massiccio dello scream e un spianata di batteria che troneggia in gran parte del brano, lasciando però spazio a parentesi dissonanti di chitarra. Però è in tracce come Falling World e Stone Wings che iniziano a districarsi maggiormente tutti gli aspetti della band per come siamo abituati a conoscerla. Momenti di drammatica poesia si uniscono a sferzate di rabbia pura, così come i riff e gli accenti di batteria si intersecano con gli inserti tastieristici, stacchi di violino e nel caso di Don’t Fall Asleep anche con sweep vertiginosi. Questi sono solo alcuni degli aspetti che mostrano quanta strada abbiano fatto gli Swallow The Sun dai loro esordi, partendo dal consolidato death/doom, sebbene il death sia da considerare anche in chiave melodica, fino ad arrivare in lidi più sperimentali come quelli odierni. Come ci si attendeva Cathedral Walls è introdotta dal suono delle campane e dai canti gregoriani, dopodichè sono le chitarre ad irrompere, pavimentando la strada per le due ugole, soprattutto quella di Kotamani, che dopo metà brano darà una sterzata improvvisa con un growl feroce lasciando la chiusura alla chitarra. Senza dilungarci oltre in un track by track di tutta la setlist, gli altri capitoli che la completano sono la memorabile Plauge of Butterflies, The Giant, Swallow e Here on The Black Earth posta in chiusura.

20 Years of Gloom, Beauty and Despair è la consacrazione di vent’anni di carriera degli Swallow The Sun, che con questo doppio live possono sicuramente essere soddisfatti di aver realizzato un progetto ambizioso ed averlo portato a compimento in modo brillante. Certo la setlist non può comprendere tutti i brani validi dell’intera discografia, ma rappresenta un escursus significativo di quello che è tutto il percorso della band, raccogliendone molti degli highlits fondamentali. Per questo è consigliabile sia a chi segue la band da tempo immemore, ma anche per chi non si era ancora cimentato nel loro ascolto e desidera iniziare da ora, consapevoli del fatto che difficilmente ne rimarrà deluso.



VOTO RECENSORE
81
VOTO LETTORI
94.5 su 2 voti [ VOTA]
Le Marquis de Fremont
Lunedì 13 Settembre 2021, 13.17.50
2
E' un live ma emoziona veramente, anche se i brani si conoscono. Grandi pezzi ed eccellente performance. Band di altissimo livello che si conferma alla grande. Chapeau! Jusqu'à la prochaine fois.
duke
Martedì 31 Agosto 2021, 10.00.15
1
....interessante.....una gran bella band....
INFORMAZIONI
2021
Nuclear Blast
Death / Doom
Tracklist
CD 1
1. The Womb Of Winter
2. The Heart Of A Cold White Land
3. Away
4. Pray For The Winds To Come
5. Songs From The North
6. 66°50′N, 28°40′E
7. Autumn Fire
8. Before the Summer Dies

CD 2
1. Lost and Catatonic
2. Empires of Loneliness
3. Falling World
4. Cathedral Walls
5. Plaque of Butterflies
6. Don’t Fall Asleep
7. Stone Wings
8. The Giant
9. Swallow
10. Here on the Black Earth
Line Up
Mikko Kotamani (Voce)
Juha Ravio (Chitarra)
Juho Raiha (Chitarra)
Matti Honkonen (Basso)
Juuso Raatikainen (Batteria)
 
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