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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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11/03/2017
( 2905 letture )
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Speranza: sentimento di aspettazione fiduciosa nella realizzazione, presente o futura, di quanto si desidera. Tutto molto bello, cara Treccani. Una definizione del termine “speranza” precisa e tranchant. Convoglia perfettamente quell'aspetto che fa sembrare questo sentimento una sorta di aristotelico motore primo (e immobile) che ci permette di sopportare il nostro essere “Doomed to Walk the Earth”. Perché è inutile negarlo: nei momenti bui è spesso quell'aggrapparci alla possibile realizzazione delle nostre aspirazioni a tenerci a galla. Quel sorprendente contrasto tra l'oscurità imperante e quella piccola scintilla di speranza è da sempre stato non solo una caratteristica importante dell'opera degli Swallow the Sun, ma una vera e propria ragion d'essere. Hope ha ormai dieci anni, ma ripensare oggi a questo disco e al messaggio che allora voleva essere convogliato da Juha Raivio e compagni, assume un peso molto diverso. Diverso in modo tragico, perché non solo Hope ma tutta la discografia dell'act di Jyväskylä ha sempre voluto insistere su quella piccola scintilla, che emergeva anche dalle ombrose foreste finniche in cui proprio Raivio si ritira a comporre. Viene però da chiedersi dove Juha riuscirà a trovarla oggi, dopo la recente scomparsa di Aleah Stanbridge, non solo compagna di vita del mastermind degli Swallow the Sun, non solo voce unica nel panorama del genere, ma anche importante ospite della band in molti dei loro pezzi più importanti (da New Moon in poi). Cosa c'entra questo direttamente con Hope? Forse poco, ma fa bene a volte ricordarsi -in quanto fruitori- che dietro la malinconia e la carica emotiva di dischi del genere non ci sono manierismo o finzione, ma una serie di esperienze personali di chi compone, che possono rivelarsi in tutto il loro significato anche ad anni di distanza. Sarebbe più confortante -in un certo senso- pensare che questo modo di "porsi" (non esclusivo solo del doom, ma di tutti i generi musicali che esplorano queste più intime declinazioni della psiche umana) sia solo un'attenta recita, ma in tal caso l'effetto che avrebbe su di noi -che ascoltiamo e spesso ci immedesimiamo- non sarebbe nemmeno lontanamente paragonabile a quello che è alla prova dei fatti. Ma veniamo a Hope.
Deep into the flesh the arrows cut. From the hope of a hunter's bow, wounded we fall. With bleeding hearts we crawl. Taking shelter from her arrows.
Uscito a due anni di distanza da Ghost of Loss, Hope fu il primo disco degli Swallow the Sun pubblicato sotto Spinefarm Records, label con cui rimarranno sino ad Emerald Forest and the Blackbird. Questo nuovo contratto portò -a giudicare da come suona l'album- ad un aumento del budget per le registrazioni, che permise alla band di valorizzare tutti i loro elementi ed evitare gravi difetti come la quasi mancanza di tastiere riscontrabile nel disco precedente. Quello che si nota fin da subito è come -proprio rispetto al disco precedente- sia forse leggermente diminuita la componente estrema (che comunque non manca), calcando così ancora di più quel sound mesmerico che non prescinde mai dagli arpeggi della coppia Raivio/Jämsen, né quando questi ci cullano durante i momenti più lenti, né quando si inseriscono -con una naturalezza spaventosa- sotto alle ritmiche più serrate. Già la titletrack, in tal senso, ne rappresenta un perfetto esempio, con gli arpeggi (quasi mai senza delay) che, dopo aver introdotto l'intero pezzo grazie al fading in iniziale, non ci abbandonano mai, seguendo l'andamento della canzone in tutti i suoi quasi otto minuti di accelerazioni e decelerazioni. La già citata maggior presenza delle tastiere di Aleksi Munter funziona poi da perfetto amplificatore delle melodie struggenti partorite da Raivio, grazie ad un sapiente uso di timbriche che si adattano a meraviglia ai momenti diversi della canzone, basti pensare anche solo all'inizio di These Hours of Despair, dove dei cori al limite del drammatico si inseriscono come rapidi fendenti accrescendo il pathos, per poi mutare in più soavi string ensemble che contribuiscono in modo fondamentale all'atmosfera generale. Proprio These Hours of Despair permette inoltre di evidenziare l'imponenza della sezione ritmica, intesa sia come coppia basso/batteria che come uso più violento delle chitarre elettriche. Il riffing delle sei corde ribassate di due toni infatti crea un muro quasi insormontabile in alcuni passaggi, grazie ad un suono che si espande molto più del normale verso le basse frequenze, cosa che però non impedisce di emergere al quattro corde di Matti Honkonen, che -ribassandosi di conseguenza- va a produrre frequenze decisamente vicine ai limite dell'udibilità. Il bassista finnico però non si limita solo a doppiare le chitarre, ma crea delle intelaiature complesse che dimostrano quella grandissima tecnica che lo rende di fatto uno dei punti di forza -meno in evidenza- della band. Non da meno la prova dietro le pelli di Pasi Pasanen, tra l'altro al suo ultimo disco con gli Swallow the Sun, visto che da New Moon in poi il suo posto verrà preso niente meno che da Kai Hahto. Pasanen riesce a destreggiarsi senza troppi patemi con tutti gli “stili” da impiegare per ben assecondare tutti i diversi momenti delle canzoni, dalle sfuriate death rette dal doppio pedale e scandite da un uso quasi ossessivo dei piatti, fino ad accompagnamenti quasi minimali nei momenti acustici.
Don't fall asleep to the weeping of the birds. Don't fall asleep in this room of the fallen. Don't fall asleep to the breathing of the walls. Don't fall asleep in this room of loss.
Al di là della bellezza del testo, citare Don't Fall Asleep quando si parla di Hope è praticamente d'obbligo. Sia perché è tutt'oggi una delle canzoni più apprezzate della band (e non solo per il suo essere la seconda parte della saga “Horror”), ma anche perché si tratta di una delle prove più convincenti di Mikko dietro il microfono. C'è soprattutto una grande intensità nell'interpretazione, che da una parte compensa alcune sue mancanze nell'uso delle clean vocals (in cui ultimamente è peraltro migliorato) e dall'altra esalta l'utilizzo delle tecniche più harsh, in cui dà il meglio di sé, mischiando spesso in modo perfetto growl e screaming. Mikko comunque non è da solo, in quanto, al di là del valido contributo di Tinuviel e Jaani Peuhu per le backing vocals (l'ultimo è tutt'oggi il loro producer per quanto riguarda proprio le voci), troviamo anche una comparsata di Jonas Renkse per in The Justice of Suffering, che è -non a caso- uno dei brani con più rimandi ai Katatonia.
Hope è tutt'oggi uno dei dischi meglio riusciti della carriera degli Swallow the Sun, non solo per il grande equilibrio tra tutti gli elementi del loro sound, ma anche per l'ispirazione che lo pervade e rende tutti e otto i brani riconoscibili e con un loro carattere. Tutti elementi molto positivi, che non hanno però impedito alla band di produrre dischi ancora più belli negli anni successivi, anche se quest'opera terza rimane e rimarrà sempre imprescindibile a chi voglia approfondire la conoscenza della creatura di Juha Raivio e compagni.
Love is lost but not forgotten, I keep repeating to myself every day. Too many times I have seen Autumn leaves turn to snow. Flowers wither to dust, but I promise they will suffer well.
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4
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Al di là delle comparsate di Renske, sono l'unico che ci sente un'influenza fortissima di "Discouraged Ones" dei Katatonia? Comunque disco eccellente, uno dei loro migliori. 82/100 |
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3
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'The justice of suffering' è una pugnalata nel petto, grazie anche alla voce eterea di Renske. Comunque ottimo disco. Voto 80 |
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2
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complimenti per la recensione! |
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1
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Album imprescindibile per i devoti delle frequenze doom/death, con una seconda metà della tracklist che sfiora l'eccellenza fino all'estasi assoluta di Doomed to Walk the Earth... Purtroppo, come ha ricordato Gianluca, ci ha pensato la vita, a rendere acutamente doloroso e reale per Raivio il senso delle parole di Doomed, speriamo che quel "Cursed be the day when they took her away and left me to bleed to death" non si trasformi in una disperata profezia. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Hope 2. These Hours of Despair 3. The Justice of Suffering 4. Don't Fall Asleep (Horror, Part II) 5. Too Cold for Tears 6. The Empty Skies 7. No Light, No Hope 8. Doomed to Walk the Earth
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Line Up
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Mikko Kotamäki (Voce) Juha Raivio (Chitarra) Markus Jämsen (Chitarra) Aleksi Munter (Tastiera) Matti Honkonen (Basso) Pasi Pasanen (Batteria)
Musicisti Ospiti: Jonas Renkse (Voce su traccia 3) Jaani Peuhu (Cori) Tinuviel (Cori)
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