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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Elvenking - Secrets of the Magick Grimoire
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20/02/2018
( 4051 letture )
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A vent’anni esatti dalla loro nascita, dopo cambi di formazione, disavventure, sperimentazioni di vario tipo e tour in giro per il mondo, gli Elvenking portano sul mercato la loro ultima incarnazione discografica. Si parte subito dal presupposto che non è facile ripetersi, dopo il ritorno alle origini intrapreso con l’album Era e portato a compimento con il loro ultimo lavoro, che aveva manifestato la volontà di sintetizzare in un’ora di ascolto tutte le caratteristiche della loro proposta sonora. Gli Elvenking tornano quindi ad affacciarsi al grande pubblico, con la piena consapevolezza di quanto non sia sempice riuscire a mantenere alto il livello compositivo dopo due decadi di attività, a maggior ragione se si considera come ogni release della band di Sacile abbia fatto discutere sin dagli esordi, contrapponendo alla loro folta schiera di fan un altrettanto numeroso stuolo di detrattori. Alcuni di questi ritengono gli Elvenking morti e sepolti dopo il primo album, per altri avrebbero dovuto sciogliersi dopo il demo, per altri ancora non sarebbero nemmeno mai dovuti esistere. Certo è che il gruppo fiulano costituisce uno degli esponenti più rappresentative del metal italiano all’estero ed è inevitabile che finiscano al centro di discussioni, tra chi li considera una band validissima e chi sopravvalutata in modo sconsiderato. Targato sempre AFM, etichetta che ormai li accompagna dagli esordi, Secrets of the Magick Grimoire già a primo impatto si presenta sulla falsariga del precedente, un disco contenente tutti gli elementi che ci si aspetta di sentire dalla band. La cover mostra quella che dovrebbe essere una strega con in mano un libro, quasi sicuramente un grimorio, tipologia di testo molto diffusa nel medioevo. I grimori racchiudevano al loro interno ogni sorta informazione in ambito magico, tra cui formule alchemiche e di evocazione, concetti astrologici, informazioni su angeli, demoni ed altri temi di carattere esoterico.
L’album non poteva quindi aprirsi se non all’insegna della magia, prima con una cantilena che ci fa sentire esattamente in mezzo ad una foresta di streghe, poi trasportando l’ascoltatore con aperture sinfoniche quasi misticheggianti, in attesa di travolgerlo con una raffica di batteria e i fraseggi folgoranti di Aydan e Rahpael. Le linee vocali che intessono il brano si incrociano tra loro con disinvoltura, i cori contibuiscono a creare un’alone di epicità evidenziando ancor di più la voce energica di Damnagoras, il tutto allo scopo di dare la carica all’ascoltatore. L’opener di sei minuti, lunga sì, ma affatto pesante, fa partire il nuovo lavoro degli elfi friulani nel migliore dei modi. In Draugen Maelstrom entrano in gioco i growl, adatti a sottolineare le tematiche oscure della traccia e allo stesso tempo fungono da perfetto contraltare alla voce alta di Damnagoras. Particolarmente riuscita è la seconda parte, dal lungo break centrale fino alla conclusione, dove l’insieme di voci disturbanti non possono far altro che richiamare i Draugr del titolo. Più folkeggiante, a tratti quasi piratesco, uno dei brani più trascinanti del concept, The One We Shall Follow, che dalla sua può vantare una ritmica avvolgente ed un ritornello catchy al punto giusto, con uno splendido finale in crescendo. Ancora meglio fa The Horned Ghost and the Sorcerer, se l’orecchiabilità era marcata nella traccia precedente in questa raggiunge livelli sconsiderati, non per questo risulta però stucchevole o ripetitiva, dal momento che dopo la prima metà travolgente la seconda assume una dimensione profondamente evocativa, accompagnata da atmosfere folk degne di un rituale del solstizio d’inverno. Bellissima anche la seguente A Grain of Truth, condita da ogni sorta d’ingredienti, dalle sfuriate growl a inserti tastieristici, fino alla voce femminile che impreziosisce il tutto aggiungendo ulteriore drammaticità al finale, e dopo due canzoni festaiole come le precedenti non è certo un male. Così, mentre i lupi ululeranno il nostro nome nel sesto brano, caratterizzato da uno scenario gotico/romantico e riff armonici fantastici, si arriva a 3 Ways of Magick dove riemerge la componente power, talmente rimarcata da poterla accostare ai Blind Guardian, sebbene il rischio per un paragone simile sia essere tacciati di blasfemia da molti. Da Straight Inside Your Winter in poi il tutto prende una piega molto più oscura, forse per il fatto di avviarci verso la conclusione dell’album e di conseguenza anche il pathos stesso aumenta, richiamando le atmosferie di The Schyte, concept sulla morte rilasciato ormai dieci anni fa. Tra tutte va segnalata particolarmente At the Court of the Wild Hunt, componimento di sette minuti e passa con struttura analoga a quella dell’opener, ma il risultato è se possibile addirittura migliore. I cambi di tempo sono ancora più numerosi e disinvolti, le linee strumentali ulteriormente stratificate, ed il finale rimane facilmente impresso sin da subito. Sarebbe la scelta perfetta per la conclusione dell’album, compito che viene affidato invece a A Cloak of Dusk, ballata acustica dove i più nostalgici potrebbero scorgere qualche reminescenza di In the Morning Dew, sebbene molto meno fiabesca. Scelta questa singolare, ma comunque azzeccata, dato che si potrebbe considerare come un breve epilogo di tutta la narrazione. Si sono viste canzoni semplici ed altre molto più complesse ed elaborate, in una tracklist che nella sua versatilità spazia attingendo da tutti gli stili, osando rischiare ma rimanendo perfettamente ancorata alle sue fondamenta. Il connubio tra power, folk ed elementi di metal estremo era già perfettamente collaudato nel precedente The Pagan Manifesto, un lavoro certamente ambizioso, che sembra già resistere allo scorrere del tempo. Ora la perfetta mescolanza tra stilistiche diverse viene definita ulteriormente, accentuando appena le fasi melodiche ed ancora più estreme le parti più aggressive, creando degli episodi autonomi tra loro, ma allo stesso tempo ugualmente legati in una stessa saga, che necessita di essere ascoltata più volte affinchè sia compresa appieno.
Al termine di questa lunga disamina, cosa si può dire della condizione della band in questo 2017? Sicuramente che gli Elvenking possono guardare verso il futuro con serenità, dal momento che questa uscita si candida sicuramente tra i migliori episodi della discografia, se non il migliore in assoluto. Recuperato lo spirito di Heatenreel, da molti considerato l’apice che non potrà mai più essere ripetuto, il nuovo album risulta forse meno spontaneo, ma allo stesso tempo più ragionato e consapevole dei propri mezzi, sancendo ancora una volta la completa maurità della band di Sacile. Secrets of the Magick Grimoire non è altro che una conferma del ritorno in via definitiva degli Elvenking. Anche se in realtà, salvo un breve periodo di maggior sperimentazione (e innovazione, ritornata poi utile) del proprio sound, non erano mai andati via.
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10
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bellissimo disco, mixato benissimo e con canzoni a livelli stratosferici. un capolavoro ha un ruolo difficile: eguagliare the pagan manifesto, di cui manca la recensione tra l'altro, e che forse è stato il picco più alto della loro carriera. bellissimo disco, bellissime canzoni e testi (si veda cloack of dusk) |
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9
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Facendola breve: concordo con la rece. Un bel mix di folk e power, disco trascinante e ben composto. Niente da aggiungere. Voto 80. |
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8
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Concordo pienamente sul fatto che straight inside your Winter sia uno dei brani migliori |
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7
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Vero, meno spontaneo e più ragionato ma ci sta da ragazzi che ormai sono cresciuti.
Damna qui si supera e nell'opener (splendida) canta su tonalità allucinanti. Lavoro enorme di tutti negli arrangiamenti e nelle parti strumentali, disco che non annoia mai ed è vario (pur rimanendo nello stile tipico degli Elvenking). Per me però la top track è Straight Inside Your Winter, assolutamente strepitosa nella melodia portante, cupa, triste..memorabile oserei dire. Altro disco ottimo di una band che non sbagli praticamente mai. |
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6
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Lo trovo un po' plasticoso e meno brillante del precedente, ma un 70 ci sta. Alcune canzoni sono molto belle. |
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5
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Preferivo il disco precedente, ma questo non è male dai... |
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4
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questo disco è veramente bello. Complimenti agli Elvenking che stanno rimanendo longevi e di ottima fattura, riconoscibilissimi |
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3
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Voilà, finalmente un album degli Italiani Elvenking che ha una bellissima copertina e allo stesso tempo, una sequenza di (quasi tutte) belle canzoni. Di solito o avevi l'una (si vedano i primi album) o avevi l'altra (gli ultimi due). Qui, il songwriting è vario e fresco, ricco di idee e li pezzi si ascoltano volentieri. The Wolves will be Howling your Name, Draugen's Maelstrom e At the Court of the Wild Hunt, i brani che mi sono piaciuti di più. Recensione tardivetta, rispetto all'uscita dell'album ma fatta benissimo. Complimenti. Au revoir. |
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2
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di meglio da loro non ci si poteva aspettare a questo giro. Questo album è obbligatorio per chi ama il power metal |
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1
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Disco bellissimo e recensione perfetta. Da avere senza indugi. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Invoking the Woodland Spirit 2. Draugen's Maelstrom 3. The One We Shall Follow 4. The Horned Ghost and the Sorcerer 5. A Grain of Truth 6. The Wolves Will Be Howling Your Name 7. 3 Ways of Magic 8. Straight Inside Your Winter 9. The Voynich Manuscript 10. Summon the Dawn Light 11. At the Court of the Wild Hunt 12. A Cloak of Dusk
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Line Up
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Damnagoras (Voce) Aydan (Chitarra) Raphael (Chitarra) Lethien (Violino) Jakob (Basso) Lancs (Batteria)
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