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Elvenking - The Scythe
02/02/2019
( 1811 letture )
Se guarderai a lungo nell'abisso, l'abisso guarderà dentro di te. (Friedrich Nietzsche, "Al di là del bene e del male: Preludio di una filosofia dell'avvenire")

La celebre frase di Nietzsche pare costituire un’ottima introduzione a The Scythe degli Elvenking. Dopo tre dischi concernenti principalmente tematiche legate alla natura e al paganesimo declinato anche nella sfera extra-religiosa, ma non per questo assenti di ombre (basti pensare a brani quali Neverending Nights su The Winter Wake), il gruppo approda al topos oscuro per eccellenza: la morte. L’album, tuttavia, non si snoda tra riferimenti troppo espliciti alla stessa su banali accordi pestati per ribadire la pesantezza della questione. No, l’opera è invece molto raffinata e vanta composizioni del calibro di Dominhate o Romance and Wrath, vere e proprie suite nelle quali si riversano profonde analisi di stati interiori e tentativi di comprendere la Signora con la falce e i suoi effetti. Il violino aiuta a districare il caos di emozioni marcando i vari pezzi con linee decise, mentre sporadici growl e scream danno voce allo struggimento e alla dannazione che sorgono dai tetri abissi della psiche. A livello testuale si assiste a scelte terminologiche sopraffine, forti immagini evocative e metafore di ogni sorta. Non mancano riferimenti religiosi o mitologici e continui richiami alle forze dinamiche e al contempo immote che purificano o infettano l’uomo, lo condannano o lo salvano nella sua disperazione, lo consumano con lussuria e lo redimono tra paradossi e inganni, odi e benedizioni, realtà come incubi e memorie tormentate. Le antitesi scorrono copiose nelle parole e tra le diverse sonorità: alcuni interventi di pianoforte accompagnano i crudi accordi distorti e sfociano spesso in momenti riflessivi che vedono protagoniste la voce pulita e la chitarra, per poi ripiombare nel disordine dissonante scandito dalla doppia cassa. Ogni pezzo è introdotto da versi poetici. Così, ad esempio, il brano d’apertura The Scythe fluisce dopo che la grave voce ha pronunciato le seguenti parole:

On this night of Nights, She's coming my way
Under this rain, dirty with agony and pain
Mistress of Doom, winner of all fights
My glance is reflected in the blade of the Scythe


E il delirio ha inizio. Gli assoli di questo album sono tra i migliori dell’intera discografia degli Elvenking. Solitamente si discostano elegantemente dal riff principale o dai vari temi e si articolano in modo indipendente in una personalissima ricerca. Non è semplice inserire l’album in un genere, dato che spazia da un delicato symphonic death al power che più tradizionalmente contraddistingue la band, con l'aggiunta degli immancabili elementi folk. Totentanz, ad esempio, (il cui titolo è una saggia citazione), è suonato in acustico e permette al narratore di scandire i suoi versi in rima incalzando in un ritmo ancestrale, una "passeggiata archeologica" tra morte e amore, incisive considerazioni sulla vita e invocazioni alla falce. Svariate critiche ha invece ricevuto The Divided Heart, base per il primo videoclip del gruppo. La sua struttura è regolare e nel complesso può essere definito il pezzo più orecchiabile dell’album. Il suo sound però, quasi simile all’alternative metal, potrebbe non piacere agli ascoltatori che esigono musica iper-elaborata, ma solitamente live riscuote un notevole successo, diventando un must della scaletta. Un altro brano che risulta leggero all’ascolto è A Riddle of Stars, che si discosta un poco dalle oscurità telluriche che caratterizzano canzoni come Poison Tears e dà aria all’intero album svolgendosi linearmente, senza eccessi di forma, ma non in maniera scontata. Si percepisce comunque quel clima di dubbio e tensione per la ricerca e la risoluzione dell'enigma, clima che trova un momento di pausa solo nell’ultimo bridge. Se si è dipendenti dall’headbanging, invece, non si può non apprezzare Infection, dotato di una parte armonica molto potente. E a metà brano è addirittura presente una sperimentazione elettronica che live viene mantenuta come in studio. Questo elemento non stona con l’andamento generale del pezzo, per quanto esso possa suonare inaspettato, soprattutto ad un primo ascolto. Quella piccola parte è il manifesto del desiderio di sperimentare e oltrepassare, in questo disco, qualunque tipo di confine musicale che un artista può inconsciamente prefiggersi.
La copertina di The Scythe mostra la Signora con la falce, ammiccante nella sua consapevolezza di ciò che rappresenta. È il paradigma fondamentale, ciò con cui ogni azione o pensiero si confronta in ogni momento. Il senso delle cose è dato dalla stessa morte: il peccato, gli inverni più freddi dell’esistenza, l’Angst distillata nella forma più pura. Ciò viene espresso in modo irruento in Death and the Suffering, penultima traccia che illustra l’implosione/esplosione causata dal continuo specchiarsi con la morte, ossessione che dà adito a visioni orrorifiche. Il brano è molto sporco, gli accordi sono decisi e in certi punti staccati. Il violino crea una patina di angoscia e si avvertono chiaramente i singoli colpi di batteria. La già citata Dominhate costituisce l’epica conclusione di The Scythe. Gli intrecci canori, il risuonare del basso e l’alternarsi di svariate intensità e dinamiche rendono questo brano il più caleidoscopico ed eclettico dell’album, arrivando a toccare quasi le vette dell’istrionismo. Si assiste ad un dramma, dramma nel quale si finisce per riconoscersi: si sfila da j’accuse a flebili, sussurrate richieste di compassione, da demoni e innocenza perduta a dolci versi di poesia. Le immagini più pregnanti si susseguono sino ad arrivare alla fine sospesa, tenuta in bilico dalla chitarra solista che ancora non vuol far cadere la falce.

The scythe has fallen... was it for me? (Elvenking, Dominhate)

Questo l’iconico verso finale che, insieme ad un macabro piano, termina il peregrinare delle anime presenti nel disco. La conclusione è dunque un dubbio, non si atterra all'inferno o in paradiso o nel più muto e cieco nulla. I contaminati intrighi amorosi, la purezza e l’odio si mescolano in una ”lullaby of personalities” (Elvenking, "Dominhate") che rivela sempre più lati del "sé", nonostante la supplica di ”ricordarsi di chi realmente era” (Elvenking, "Dominhate").

The Scythe è un album ottimamente prodotto che crea un nuovo stadio di evoluzione nella vita dell’individuo, decisamente originale e atipico rispetto agli altri dischi degli Elvenking, e merita di essere ascoltato. Ogni strumento dà prova di grande versatilità e risalta nell’insieme, valorizzato singolarmente nel missaggio. Gli album successivi si allontaneranno dal sentiero che quest’opera ha intrapreso. In questo modo The Scythe si erge statuario sulle altre composizioni, e questo non per sottintendere che sia meglio, semplicemente spicca per diversità. Nel suo mood di sperimentazione forma un pilastro nella carriera del gruppo, concentrando l’oscurità che chiedeva di avere una voce e che costantemente fa capolino nei vari lavori degli Elvenking. Le trame buie attraversano i secoli, la configurazione rimane la medesima nel suo dinamismo. La Danse Macabre è sotto i nostri occhi.



VOTO RECENSORE
80
VOTO LETTORI
43.94 su 38 voti [ VOTA]
MartonMetal
Martedì 5 Febbraio 2019, 13.58.11
7
Per me è da 75 ma Divided Heart è da 90...
AL
Martedì 5 Febbraio 2019, 9.32.44
6
album piacevole. Il loro primo album che ho ascoltato. non mi va giù molto la voce. Dal vivo buona energia però non mi fanno impazzire e non ho più approfondito la discografia. per me qui siamo sul 75.
ObscureSolstice
Domenica 3 Febbraio 2019, 18.59.15
5
The Scythe una svolta appena più pesante con risvolti nella ricercatezza più dark in diverse parti nel loro Elvenking sound. Un disco a quanto ricordo che regge negli anni e si piazza a miei gusti con più che buone canzoni. Righteous the act to kill !!! (cit.) Voto un 84 al presente
enrico86
Domenica 3 Febbraio 2019, 16.19.46
4
Li ritengo uno dei migliori gruppi power metal, e il motivo risiede principalmente in questo album. Quando uscì nel 2007 fece scandalo, perchè dal power, che già da parte loro era proposto in maniera piuttosto insolita, si spostarono sul melodeath. A Quei tempi non ricordo di gruppi dello stesso genere fare una svolta simile. Il risultato è questo capolavoro di melodia, atmosfere che vanno dal folk al gotico, pezzi cazzuti come la title track o death and the suffering, grandi arranfgiamenti... come se suonassero questo genere da 10 anni. Nel loro settore sono i migliori e lo sono tutt' oggi, perchè hanno mantenuto viva quella voglia di aggiornarsi sempre, di cambiare approccio e punti di vista, cosa che il 95% dei gruppi power semplicememnte non ha, mantenendosi su grandi livelli tutt'oggi
Beta
Domenica 3 Febbraio 2019, 12.00.30
3
Mi ha fatto molto piacere leggere la recensione di questo bellissimo lavoro. Io li ho conosciuti con Magick Grimoire, poi ho recuperato in ordine sparso altri album (alcuni ancora mi mancano) e questo mi ha impressionato subito per la diversità dei temi trattati (oltretutto, trattando della morte mi ha incuriosito subito ). Concordo praticamente con tutto quello che è scritto nella recensione. So che a molti non piace The Divided Heart, io invece la trovo molto bella nella sua semplicità (il video oltretutto è meraviglioso, ho passato settimane a guardarlo a ripetizione) e qui prendo spunto per sottolineare quanto dice Lateralus sulla varietà del disco: ci sono sia pezzi più difficili (Dominhate), che pezzi più aggressivi (Death and the Suffering), che pezzi più melodici e "catchy" (The Divided Heart) e sono tutti fatti bene. Chapeau agli Elvenking. PS: The Pagan Manifesto bellissimo **
Alex Cavani
Domenica 3 Febbraio 2019, 11.06.07
2
Urge la rece di The Pagan Manifesto il disco con cui mi sono innamorato degli Elvenking. Dirò un'eresia, ma la prima volta che ho visto la band dal vivo, al primo Gods Of Folk di Casalromano, dove suonarono molti pezzi da The Scythe (se non ricordo male), li schifai completamente definendoli i Guns 'n' Roses del folk metal - io ero lì principalmente per i miei amati Furor Gallico, che suonarono pure per primi al pomeriggio - e quindi non li ascoltai mai più. Fino appunto all'uscita di The Pagan Manifesto, disco che amai dal primo ascolto e che sento ancora oggi con piacere. A questo The Scythe non do un voto, proprio perché simboleggia il periodo in cui non mi piacevano e non riesco a scollarmi di dosso questa sensazione.
Halo
Domenica 3 Febbraio 2019, 2.44.21
1
Gran bella rispolverata! Disco con cui li Ho scoperti e che me li ha fatti apprezzare. Sollecito anche per la recensione dello splendido “the pagan manifesto”
INFORMAZIONI
2007
AFM Records
Power
Tracklist
1. The Scythe
2. Lost Hill of Memories
3. Infection
4. Poison Tears
5. A Riddle of Stars
6. Romance and Wrath
7. The Divided Heart
8. Totentanz
9. Death and the Suffering
10. Dominhate 
Line Up
Damnagoras (Voce)
Aydan (Chitarra e voce)
Elyghen (Violino e tastiere)
Gorlan (Basso)
Zender (Batteria)

Musicisti Ospiti:
Laura De Luca (Voce nelle tracce 6 e 10)
Isabella Tuni (Voce nella traccia 6)
Jared Shackleford (Voce narrante - Poetry Of Death)
Mike Wead (Chitarra nelle tracce 1 e 5)
Mauro Bortolani (Pianoforte)
Eleonora Steffan (Violino)
Valentina Mosca (Violino)
Elyghen (Viola)
Marco Balbinot (Violoncello)
 
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