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Osanna - Palepoli
( 5750 letture )
Per ciò che riguarda il movimento progressive italiano, il 1973 non fu un anno, fu "l'anno". Durante quei dodici mesi cruciali come i dodici che seguirono, del resto, uscirono tra gli altri: Pollution di Battiato, Inferno dei Metamorfosi, Zarathustra del Museo Rosenbach, Felona e Sorona de Le Orme, Abbiamo Tutti un Blues da Piangere del Perigeo, Parsifal dei Pooh, Photos of Ghosts della P.F.M., Arbeit Macht Frei degli Area, Io Sono Nato Libero del Banco, Contaminazione de Il Rovescio della Medaglia e Dedicato a Frazz dei Semiramis; tutti dischi importantissimi, pur con vari gradi e sfumature di valutazione. Il tutto senza considerare i lavori di Acqua Fragile, Cervello, Dedalus, De De Lind, Formula Tre, Pholas Dactylus, Aktuala, Jumbo e tantissimi ancora.
In questo marasma di uscite basilari o comunque degne di nota, non può non essere ricordato Palepoli degli Osanna. Dopo Preludio, Tema, Variazioni, Canzona (Milano Calibro 9) del 1972, il gruppo napoletano diede alle stampe un disco identificabile con quello che oggi chiamiamo concept, incentrato sul rifiuto della realtà urbana partenopea, presa a pretesto come città anti-ideale, modello della spersonalizzazione individuale provocata dall'urbanizzazione forzata e sulla ricerca di un altrettanto ideale Palepoli, intesa come "città antica", depositaria di una certa tradizione da recuperare e reinterpretare, rifugio da certe storture e scrigno di aspirazioni a misura d'uomo.

Per inquadrare correttamente Palepoli e gli stessi Osanna all'interno del contesto generale dell'epoca e decodificarli al giorno d'oggi, bisogna, come peraltro si dovrebbe sempre fare quando si ha a che fare col progressive italiano, porre l'opera non soltanto all'interno del contesto musicale del 1973, ma anche e soprattutto all'interno di quello socio-politico che lo generò, in quanto i due mondi rappresentavano un tutt'uno inscindibile. Tra il 1973 ed il 1974 il "personale" è contemporaneamente "politico" e quasi ogni manifestazione del sé, sia privata che artistica -e quindi pubblica-, deve essere vagliata nell'ottica dell'anticapitalismo militante e della riappropriazione degli spazi pubblici/privati da restituire alla fruizione del singolo/collettività. Gli agglomerati urbani sono quindi il naturale campo di battaglia all'interno del quale si muovono i rappresentanti del capitale, che attuano lo sfruttamento delle classi più deboli, e quelli del contropotere delle masse operaie e degli espropri proletari. È in questo humus sociale che gli Osanna prendono la Napoli del momento quale paradigma di conglomerato urbano sempre più lontano dall'uomo, per proporre una Palepoli città antica anti-Neapoli, sede di valori della tradizione popolare ed utile contemporaneamente per una feroce, ma anche poetica stigmatizzazione della modernità alienante. Sullo sfondo, vi è il conflitto ormai insanabile tra "movimentismo" ed "underground" valcarenghiano che, poco più tardi, innescherà tensioni delle quali viviamo ancora oggi le conseguenze. Come spesso accade per opere complesse, il piano di lettura è quantomeno duplice. Da un lato quello prettamente teatrale incentrato sulla storia evolutiva della tradizione culturale partenopea con evidenti richiami alla commedia dell'arte, palesi anche sul vinile, portata sui palchi di tutta Italia nonostante i costi molto elevati (per capirci: nove date con alterna fortuna anche in Sicilia, cosa oggi impensabile), in collaborazione con Tony Newiller, esponente di primissimo piano del teatro d'avanguardia e con Tonino Taiuti quale protagonista, durante il quale Palepoli fu portato in giro come spettacolo musical-teatrale insieme a ballerini e mimi, durante un tour che li vide al fianco di Genesis (attenzione: furono i Genesis a prendere spunto dal trucco e dalla teatralità dagli Osanna, da loro osservati già dal ‘72 e non il contrario) e Van Der Graaf Generator. Dall'altro il disco in sé, col suo messaggio articolato, con la sua fusione incredibile di stili, dal free-jazz al prog, dal blues al folk, dall'hard rock alla classica; il tutto estrinsecato in tre movimenti per una durata complessiva di poco più di quaranta minuti.
Una caldissima atmosfera popolare da "vascio" o da mercato introduce Oro Caldo. Il pezzo parte spaziando dal progressive vero e proprio delle note iniziali, ancorato al folk del sud ed al rock-hard rock, per aprire improvvisamente ad un rallentamento onirico dal sapore crimsoniano con un cantato vagamente anni '60 e poi ancora all'entrata isterica dei fiati a far da contrappunto prima e, in seguito, da sostegno e da arricchimento alla melodia vocale di Lino Vairetti:

Sfoglio il mio giornale, ma non vivo più.
La mia vita consumate mentre il tempo va...

Falso, giusto, falso, giusto...


Il crescendo interpretativo e strumentale porta poi ad una seconda parte della suite assolutamente trascinante, nel segno dell'hard rock, con Elio D'Anna a spadroneggiare col suo flauto, per poi cedere improvvisamente il passo ad un passaggio blues da manuale. Poi ancora si passa all'hard rock, ad inserti proto-industrial ed infine ad una sorta di catarsi di fiati che lasciano spazio ad un allucinato hard-prog urbano, che porta al finale in cui Vairetti invita a cercare Palepoli quando ormai le note di Oro Caldo si sono fuse con l'incalzare classico-progressivo di Stanza Città in un movimento in cui convive con alienanti suoni industrial, che portano a concludere la facciata "A" in modo schizoide.

Storia di una città che non ha senso,
ma siamo avanti ormai con il progresso.
Il Progresso siamo noi e il benessere è tra voi.
Chi produce siamo noi, ma il lavoro avete voi.


I circa ventidue minuti della facciata "B" sono occupati da Animale Senza Respiro, un lungo monito ed una constatazione di ciò che stava avvenendo. L'inizio è quasi mistico, poi c'è un'apertura jazz che ricorda molto i Napoli Centrale (Elio D'Anna era del resto proveniente dagli Showmen di James Senese e si sente, ma anche il lavoro di Danilo Rustici alla chitarra andrebbe rimarcato), per poi cambiare ancora registro emotivo mischiando sogno musicale, senso di atemporalità e realtà della vita. La musica segue una linea priva di spazio e molto disturbante, per poi arrivare, nonostante un tappeto dolcissimo, a constatazioni non certo rassicuranti:

Nessun senso ha quel Dio che dice: sono Io! Sono Io!
Sentilo in quel soffio che respiri e non sai che è lui.


Cori molto italiani introducono ad un racconto che si fa sempre più rabbioso, con il sax -ancora Elio D'Anna- a comunicare questo sentimento forse più delle stesse parole cantate in un crescendo di pathos:

Brucerai. Animale brucerai.
Le mani tenderai ma, l'odio che tu hai,
non morirà, non morirà.


Il racconto di distacco, cambiamento e riconquista della dimensione umana della città, metafora della condizione dell'uomo, prosegue fiero e coinvolgente fino alla fine, quasi senza alcuna speranza.

Visi di roccia tra fiumi di pianto
dipingono gli occhi degli astri
e sulle bocche uno sputo d'amore
s'informa di un riso di morte.


Palepoli non è un disco perfetto. A voler sottilizzare, infatti, alcune parti vocali potevano essere maggiormente curate e, soprattutto, l'incisione poteva essere migliore, specialmente se rapportata ai modelli odierni. Per ciò che attiene al cantato di Vairetti, questo va inquadrato in un ambito che lo portava al limite e che spesso, nel pieno di un processo recitativo, lo rendeva attaccabile ma assolutamente peculiare e pienamente all'interno di quello che oggi definiamo "mood" degli Osanna. La produzione, invece, va rapportata a quella mediamente disponibile nel 1973. È vero che non è troppo difficile individuare dischi incisi in maniera molto più performante sia tra quelli appartenenti al mondo della musica leggera italiana del tempo, che tra quelli considerati o considerabili come progressive, ma anche all'interno della discografia degli stessi Osanna. Tuttavia, bisogna anche mettere nel conto le condizioni estremamente precarie in cui la gran parte delle band italiane aveva occasione di incidere, ossia con tecnici totalmente a digiuno di certi suoni e tempi che spesso permettevano un solo take con mezzi di fortuna. Come dire: buona la prima e tanti saluti. Se considerato all'interno del movimento prog, dunque, Palepoli non è certo il disco inciso peggio, anche se è vero che non rappresenta un esempio di suono di alto livello.

Detto questo, l'album era e resta un grandissimo esempio di sincretismo musicale, a dispetto del fatto che il materiale scritto dal gruppo prevedeva in realtà un doppio album per estrinsecare completamente il concetto, ma l'idea fu bocciata dalla casa discografica per questioni di costi, costringendo gli Osanna a riscrivere tutto in forma più contratta. È un'unione di generi quella che qui viene analizzata, che resero il progressive italiano peculiare anche dal punto di vista musicale dopo un inizio tardivo e scimmiottante rispetto a quello originale, mentre dal punto di vista testuale costituisce sia un ottimo esempio di opera completamente calata nella realtà politica del 1973, che avrebbe portato in breve tempo ad uno scontro sociale durissimo ed allo sfaldamento di Parco Lambro del 1976, che un altrettanto valido esempio di cultura portata alle masse mediante il teatro, all'interno di un quadro rivoluzionario ispirato al diritto percepito di appropriarsi di spazi e situazioni sociali. A questo proposito, per eventuali spunti di approfondimento, si leggano la recensione de Il Libro del Prog Italiano e la seguente intervista all'autore. La tradizione campana, la riscoperta dei valori popolari vissuti come contropotere da usare contro la corruzione e l'assoluto disinteresse della società urbana nei confronti dell'individuo come tale, erano quindi "armi di istruzione di massa" da usare per il bene di tutti. Sembrano discorsi datati, relativi ad un'epoca trascorsa e lontanissima, ma se musicalmente Palepoli resta ancora un lavoro tutto da scoprire, il messaggio che conteneva rimane tutt'oggi attualissimo ed anzi quasi certamente nemmeno gli Osanna potevano immaginare nel 1973 quanto e come le cose sarebbero peggiorate e, soprattutto, quanto i "tutti" avrebbero agito al contrario delle loro aspirazioni, accecati da veline e film improvvidamente posti ad interrompere i sacri spot pubblicitari.



VOTO RECENSORE
92
VOTO LETTORI
91.37 su 35 voti [ VOTA]
simo
Mercoledì 4 Maggio 2016, 21.11.25
9
Anche io intendo ascoltarlo al più presto, é la seconda recensione che leggo e le lodi sono sempre presenti. Poi torno qui a scrivere qualcosa anch io
Raven
Domenica 5 Luglio 2015, 21.56.00
8
Fammi sapere
galilee
Domenica 5 Luglio 2015, 20.59.41
7
Mi mancano, interessante li recupererò.
therox68
Sabato 4 Luglio 2015, 16.06.30
6
Per quanto riguarda suoni e produzione devo dire che i suoni di chitarra, soprattutto quelli distorti, a me non dispiacciono affatto. Certo si poteva fare di meglio ma quei suoni "slabbrati" ci stanno benissimo.
Raven
Sabato 4 Luglio 2015, 16.02.38
5
Merci Marchese. @Giuseppe: se la recensione non ti piace e/o se sapevi già tutto va bene, il copia incolla non lo accetto. Io scrivo sempre e solo di mio pugno, senza copiare nessuno. E ci tengo.
Giuseppe
Sabato 4 Luglio 2015, 13.20.29
4
Molto Complesso e gustoso. Recensione del copia e incolla. Niente di nuovo.
Le Marquis de Fremont
Sabato 4 Luglio 2015, 12.55.47
3
Jackson, Eiio D'Anna e Raven, of course.... Errori di battitura, sorry...
Le Marquis de Fremont
Sabato 4 Luglio 2015, 12.53.07
2
Recensione a dir poco spettacolare, fatta benissimo e che coglie esattamente tutti i punti focali di un capolavoro come Palepoli. All'epoca non ero in Italia ma sono presente in Campania spesso, per curare le nostre produzioni di Falanghina, Greco di Tufo e Lacrima Christi. Ed è evidente, ascoltando questa musica e questi testi, come ci fosse, all'epoca e mi meraviglio che il fenomeno non sia stato più vasto, una ribellione a come Achille Lauro e la DC napoletana avevano ridotto uno dei più bei posti del mondo. Bene ha fatto Monsieur Raven a sottolineare come poi tutto sia stato trangugiato dal conformismo del "biscione che ti aspetta" e la sua sottocultura di basso livello. Questo rimane comunque, un album intensissimo che ascolti e ascolti continuamente, senza stancarti. Voglio segnalare che è stato riregistrato recentemente come CD2 di Palepolitana, ultimo lavoro degli Osanna di Varietti, con presente anche David Jackson dei Van der Graaf Generator che prende il posto di Elio D'Anno (e si sente...). Il tutto, per suonare con arrangiamenti più attuali (e tecnologia, as well) e per rimediare ad un errore fatto dai fonici sulla versione CD di Stanza Città. Merci Monsieur Rave, per questa recensione. Au revoir.
Metal4ever
Sabato 4 Luglio 2015, 11.40.52
1
Il 1973 è stato veramente l'Anno del progressive italiano, e ci tengo a citare anche quel capolavoro omonimo degli Alphataurus. Nel complesso si è verificata un'uscita copiosa di grandi album che l'estero ci invidiava e che ha permesso al nostro Paese di guardare dall'alto in basso i maestri inglesi. Il disco in questione è uno dei lavori più ambiziosi e riusciti di quell'era d'oro, e ha fatto sì che gli Osanna meritassero un posto d'onore tra le band più influenti del movimento; poi che altro aggiungere, ancora adesso non so se preferire "Oro Caldo" o "Animale Senza Respiro", che sono tra i più bei esempi del progressive rock nostrano. Recensione da dieci, bravo Francesco!!
INFORMAZIONI
1973
Fonit Cetra
Prog Rock
Tracklist
1. Oro Caldo
2. Stanza Città
3. Animale Senza Respiro
Line Up
Lino Vairetti (Voce solista, chitarra a dodici corde, mellotron, sintetizzatore ARP)
Danilo Rustici (Chitarre elettriche, acustiche, dodici corde e steel, organo, cori)
Lello Brandi (Basso, pedaliera, chitarra)
Elio D'Anna (Sassofoni soprano e baritono, sassofono elettrico tenore e contralto, flauto, ottavino, cori)
Massimo Guarino (Batteria, percussioni, vibrafono, campana, cori)
 
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