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27/07/24
DIVINE METAL FEST 7
ALTERNATIVE, C.DA ULIVETELLA - MONTENERO DI BISACCIA (CB)
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21/11/2023
( 3017 letture )
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Gli Angra non mollano, anzi accelerano. E’ con piacere accingersi a ripetuti ascolti di questo Cycles of Pain, uscito a distanza esatta di trent’anni dal fantastico esordio Angels Cry, album epocale che proiettò la band carioca all’apice della scena power metal mondiale e che ancora oggi rappresenta un caposaldo del metallo più sinfonico, neoclassico e celestiale, impreziosito dal talento del cristallino vocalist, pianista e tastierista Andrè Matos e da una band giovane, di grande spessore e talento, esaltata dalle chitarre di Kiko Loureiro e Rafael Bittencourt e da una sezione ritmica fantasiosa e dirompente composta da Luis Mariutti e Ricardo Confessori. Un combo straordinario capace di ripetersi con altri due grandi albums negli anni Novanta quali Holy Land e Fireworks, prima di lasciare spazio a cambi di formazione che portarono principalmente all’avvicendamento di Matos con il meno angelico Edu Falaschi e restare a livelli alti con una serie di lavori a cavallo tra power e prog negli anni Duemila, a partire dall’ottimo Rebirth. In tempi più recenti gli Angra videro nuovi cambiamenti radicali di formazione, fino all’abbandono in sequenza di Falaschi, sostituito da Fabio Lione e, più recentemente di Kiko Loureiro, che ha portato il proprio talento su lidi solisti prima e a dare ritrovata energia ai Megadeth in seguito.
Questo Cycles of Pain ci riporta la band con una formazione per una volta stabile e costante rispetto al precedente Omni, uscito oramai cinque anni fa, sfoggiando un quintetto (una sorta di mark III) in cui Rafael Bittencourt resta mente pensante, main songwriter e unico membro originario rimasto. Quello che non mancano sono idee e qualità, dal momento che gli Angra nell’ora di svolgimento dei dodici brani in questione, ottimamente prodotti dall’esperto Dennis Ward, dispensano una musica ancora ispirata e mai stantia, in un processo evolutivo e di maturazione che ha caratterizzato la lunga carriera della band. Dopo la breve e gregoriana intro Cyclus Doloris il pentagramma esplode di note elettriche e graffianti, forgiate dalle chitarre di Bittencourt e Barbosa e dalle ritmiche ora lanciate ora più intricate costruite dal basso a sei corde di Andreoli e dal bravissimo Valverde alla batteria. Lione è ispirato e in grado di alternare strofe urlate con una grinta raramente ascoltata in preferenza, prima di esplodere in un refrain in cui melodie e inserti sinfonici si rincorrono proprio in stile Angra e Kamelot, con un inserto acustico e atmosferico in cui il singer toscano si lascia apprezzare anche su registri bassi e quasi sussurrati. Un gran pezzo che mette in chiaro le intenzioni degli Angra di procedere spediti con un nuovo disco di spessore e qualità. Dead Man on Display è un altro ottimo brano di power grintoso con architetture ritmiche progressive e un Lione sicuro nelle pennellate vocali che ricordano –con maggiore maturità e rotondità- quanto ascoltato ad inizio carriera con Athena e Vision Divine, mentre Tide of Changes è un brano maggiormente variegato che si dipana in due movimenti, il primo più atmosferico e progressivo ben sostenuto dalle armonie di basso e dalla vocalità melodica di Lione, mentre i secondi sei minuti si caratterizzano per una crescente elettricità e per stacchi progressivi in cui Dream Theater e Marillion si mescolano con naturalezza al tipico Angra sound. Spazio a inserti di world music nella successiva Vida Seca, che riprende la transizione della band di innestare musica tradizionale carioca, qui amplificata dal navigato guest singer brasiliano Lenine che interpreta strofe in portoghese con un ispirato Lione molto lirico e pulito a far da contraltare in inglese, con una sezione ritmica ancora imprevedibile e arricchita da percussioni e sonorità tribali che richiamano alla mente il capolavoro Holy Land. Livello buono anche se più ordinario in brani di power sinfonico come Gods of the World e Generation Warriors, in cui emergono parallelismi con gli Edguy di Tobias Sammet, mentre varietà di atmosfere si susseguono nella title track, una power prog ballad pianistica sorretta da ottime ritmiche su cui Lione sfoggia un ampio spettro vocale, e nella articolata Faithless Sanctuary, in cui emergono nuovamente inserti di musica brasiliana alternati a sfuriate ritmiche in stile Symphony X. Non mancano, così come sperimentato nei precedenti due lavori, duetti vocali e inserti di voci femminili come nella liquida Here in the Now (con azzeccati inserti di Vanessa Moreno) o la conclusiva Tears of Blood, in cui l’esperta Amanda Somerville si destreggia su partiture sinfoniche e pianistiche (ad opera di Juliana D’Agostini) dall’influenza marcata di Savatage e Nightwish, pur non brillando per originalità né particolare dinamica.
In definitiva, un ritorno riuscito e che conferma gli Angra come una realtà ancora in ottima forma e in grado di proseguire una carriera ricchissima di alti e cosparsa da pochi bassi. Un disco di qualità e solidità invidiabile a moltissime bands attuali, non il miglior episodio della discografia dei nostri ma certamente non inferiore ai precedenti due lavori con Lione e senza dubbio una delle uscite di punta in ambito power-prog di questo 2023.
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19
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disco 100% Angra, sicuramente tra i primi 3 migliori album |
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Priester sui dischi di Falaschi e\' mostruoso...soprattutto su Vera Cruz. |
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Invece secondo me gli Angra hanno personalità e classe, Falaschi e’ una cover del periodo Rebirth. |
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16
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concordo al 100% con MetalRokkio, il disco di Falaschi è bellissimo e molto più Angra di questo. E\' ovviamente soggettivo ma Lione era perfetto nei Rhapsody, negli Angra no... |
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15
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Ascoltato vari e varie volte (sono gli Angra...) ma rimango sull'opinione che avevo per ØMNI e meglio, diciamo da Aurora Consurgens in poi. Non condivido l'entusiasmo di Monsieur "DJ". Non mi piace nel contesto la vocalità di Lione e a mio parere non ci siamo in fase di songwriting. Nel senso che (come detto in altre occasioni) sono professionisti degli strumenti e hanno senz'altro dietro apparati e budget ma le canzoni non sono belle. Non ti restano in testa. Non ti coinvolgono. Un difetto che ho trovato anche su altre uscite Power del 2023, con l'eccezione dei Sacred Outcry. Questo Mark III è qualcosa di diverso dai primi album e dovrebbero chiamarsi diversamente. Inconsistente. Au revoir. |
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14
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Un buon album (preferivo comunque “Omnia”) ma il buon Falaschi ha appena rilasciato lo straordinario “El Dorado” e sapete una cosa? Sento più lo lo spirito degli Angra che qui.
Comunque un bel 84/100 se lo prende.
Falaschi? 100🔝 |
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13
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Il disco è bello, suonato da dio, e cantato da uno dei più grandi esponenti del genere, in qualche traccia anche incazzato come mai prima d’ora, insomma tutto gira a meraviglia.
Però qualcosa non va e le prossime righe, giuste o sbagliate, sono solo le mie impressioni, dettate da anni di amore verso la nostra musica.
Con Lione faccio grande fatica a riconoscere gli Angra, il logo in copertina mi risulta fuori posto non solo per “colpa” sua e mi chiedo, perché non abbandonare una volta per tutte questo nome??? Ormai è tardi, siamo al Mark III.
A parte questo il disco è potente, melodico quanto basta, sorretto da strumentisti fantastici, ma non mi resta molto in testa e soprattutto nelle emozioni.
Finito il periodo degli ascolti dedicati ad un nuovo disco cosa andrò ad ascoltare dalla discografia di questi Angra?
Nulla, riprenderò i dischi da Temple of Shadows in giù fino al loro folgorante debutto.
Voto 82 |
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12
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Con Matos erano semplicemente un’altra band. Già con Falaschi l’unico che mi piaciucchia è rebirth. Poi ci ho provato, ma non riesco ad apprezzarli più. Ho trovato Omni a buon prezzo e l’ho preso, ma è da sbadigli musicalmente parlando, per me suonano come tante altre bands ormai. Sigh. |
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11
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@Victory: \"spazzatura senza un briciolo di personalità\"....era riferito a \"Rush\" dei Maneskin spero |
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10
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Album che si pone più o meno sullo stesso livello dei due precedenti (da me sicuramente graditi). Forse in alcuni frangenti meno immediato che in altre occasioni. Devo dire che non mi ha particolarmente colpito l’opener (o quantomeno… ne hanno avute di migliori imho), ma dalla bellissima Tides of Chaos - per me la migliore del lotto insieme a Generation Warriors - trovo che i pezzi siano tutti convincenti. Voto 79 |
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9
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E’ il miglior disco degli Angra degli ultimi anni. Il commento sulla spazzatura andrebbe fatto ad altre band, please! |
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8
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Spazzatura senza un briciolo di personalita. Produzione e tecnica impeccabile sia mai...ma mancano le canzoni...roba tritta e ritritta
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7
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Disco atteso ma che, alla prova dei fatti, mi ha un pò deluso. A fronte di un paio di brani interessanti, ce ne sono altri dal songwriting meno avvincente. Difficilmente sarà un disco che metterò in loop. Dico 72. |
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6
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Sto provando da giorni ad ascoltare il nuovo disco per intero ma faccio fatica per i problemi che tanti fan come me elencano spesso, però sento che molti di questi brani sono tra i migliori degli ultimi 15 anni.
Fosse un album strumentale probabilmente lo apprezzerei parecchio, pur sottolineando come Lione canti benissimo con una versatilità rara.
Ma non sono gli Angra questi, sono stati bravi ad inserire parti del loro sound folk brasiliano ed almeno si avvicinano più dei due dischi precedenti.
Peccato però, mi dispiace veramente non apprezzarli perchè sento che c\'è tanta qualità e tanti dettagli interessanti ma il timbro di Lione non riesco proprio a digerirlo con il loro sound, e ormai sono anni che lo dico. Gli Angra sono stati la mia band preferita per anni, durante il periodo Falaschi, ma ora sono un pò distanti da quello che cerco ed avessero fatto altre scelte a livello vocale (un Alirio Netto, un Thiago Bianchi per rimanere in Brasile) avremmo avuto una band che forse avrebbe osato meno ma che avrebbe accontenato molti più fan. Menzione speciale comunque per Barbosa, chitarrista fenomenale e Valverde, uno dei più talentuosi batterista nel metal odierno. |
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5
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Mahh!! Sarà che sto invecchiando male, ma a me questo questo disco ha lasciato totalmente l\'amaro in bocca. A parte qualche sprazzo di classe nei brani finali ci trovo veramente poco anzi pochissimo da salvare.
Sopratutto la prima metà di album direi soporifera!!!! |
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4
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Bel disco,scorre via molto bene.Tra gli ottimi episodi come Ride Into The Storm,Tides Of Changes (1e2) e Vida Seca voglio segnalare Faithless Sanctuary...pezzo top.voto 82. |
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3
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Buon disco e recensione centrata, da due settimane fisso nella mia playlist. Vida Seca e l’opener sono grandi pezzi. |
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2
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Amo gli Angra dagli esordi, tra le mie top 5 band da una vita, ma questo album (nel quale riponevo grandi aspettative) è forse il primo che non mi ha particolarmente \"preso\"... Nulla da dire sulla immensa qualità musicale, musicisti top, produzione top, grande Fabio orgoglio nazionale, ma è il primo album dove non c\'è un vero e proprio anthem memorabile, non c\'è una linea compositiva coerente, ogni pezzo va per i fatti suoi rispetto agli altri, e quello cantato con voce lirica è quasi grottesco.
Altra cosa che non comprendo è perchè in una band con due chitarristi fantastici come Bittencourt e Barbosa, la metà delle chitarre ritmiche del disco siano suonate dal bassista Andreoli, tra l\'altro protagonista assoluto dell\'album con addirittura un pezzo per solo basso e voce. Buon disco, ma paragonato ad un Angels Cry, un Rebirth per non citare il capolavoro Holy Land, o anche solo l\'ottimo Fireworks, diciamo che è trascurabile. Un 70, che abbassa la media ad una band da 99 fisso!! |
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1
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Inizialmente ero molto scettico nell\'acquisto ( ho tutto della band ) perchè i precedenti \"Secret Garden\" e \"Ømni\" mi erano piaciuti, ma non avevano retto alla prova del tempo ed invece mi sono dovuto ricredere, un buon disco che pesca a piene mani dalla tradizione brasiliana e dalla storia dei Nostri e che coinvolge dall\'inizio alla fine. Bravi ! PS. Ora fate rientrare Kiko Loureiro per favore ( senza cacciare il bravo Marcelo Barbosa ) |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Cyclus Doloris 2. Ride Into the Storm 3. Dead Man On Display 4. Tide of Changes – Part I 5. Tide of Changes – Part II 6. Vida Seca 7. Gods of the World 8. Cycles of Pain 9. Faithless Sanctuary 10. Here In the Now 11. Generation Warriors 12. Tears of Blood
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Line Up
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Fabio Lione (Voce) Rafael Bittencourt (Chitarra) Marcelo Barbosa (Chitarra) Felipe Andreoli (Basso) Bruno Valverde (Batteria)
Musicisti Ospiti: Vanessa Moreno (Voce su tracce 5, 10) Lenine (Voce su traccia 6) Amanda Somerville (Voce su traccia 12) Juliana D’Agostini (Piano su traccia 12) Antonio Teoli (Tastiera)
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RECENSIONI |
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