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27/04/25
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TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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SECRET SPHERE - Intervista alla band italiana
26/02/2015 (2473 letture)
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My Refuge: Ciao ragazzi, bentornati sulle pagine di Metallized. Come vanno le cose in casa Secret Sphere? Volete partire parlandoci del recente tour in Giappone? Aldo: Ciao Mauro! Direi tutto benone, al momento siamo in studio per gli ultimi ritocchi alla nuova edizione di A Time Never Come e si prosegue con le idee per il prossimo full-length. Abbiamo scelto, per quest’anno, di ridimensionare le uscite live per dedicarci alla composizione. I concerti in Giappone... davvero un’esperienza stupenda! Avevo già vissuto il loro modo di lavorare, davvero perfetto durante un viaggio promozionale insieme a Michele, viaggio organizzato dalla Warner Music Japan in occasione dell’uscita di Portrait of a Dying Heart, ed in questo tour non si sono smentiti. Tutto perfetto e fans stupendi, c’era la classica attesa per la band che si attende da anni!
My Refuge: Voi avete girato molto, Italia, Europa, Europa dell’Est, Giappone, quali sono le differenze ed il seguito che ha la musica rock nei vari Paesi? Marco: Moltissime, soprattutto a livello culturale, naturalmente. Ogni Paese vive la musica in una determinata maniera; ad esempio, nell’est Europa c’è da sempre questa voglia sfrenata di vivere uno show totalmente, cantando, urlando, facendo “casino”, se mi passi il termine, e di avere un ricordo dell’esperienza che sia una foto oppure un plettro ecc -forse più di tanti altri Paesi-, l’Europa è forse la location dove hai più possibilità d’interagire, vuoi per la lingua, vuoi per l’abitudine delle persone e dei fan a vivere ogni band dal vivo. Il Giappone è davvero un’esperienza a parte dove l’audience è rispettosa ad un livello altissimo del lavoro di ogni band e attende mesi-anni (per i Secret Sphere in tanti amici e fan hanno aspettato oltre quindici anni, dal primo album) per poter vedere dal vivo la propria band preferita. È innegabile che questo ti porta qualcosa dentro che difficilmente puoi ottenere in una nazione dove magari suoni ogni anno sempre dieci date. I fan asiatici sanno che magari per altri anni non passerai dalla loro nazione e allora vogliono arrivare preparati per godersi quello show, forse unico.
My Refuge: Ormai sono due anni che avete cambiato il vostro storico singer Ramon Messina con Michele Luppi. Inutile lodare le capacità di Michele come cantante e frontman, ma è innegabile che la sua voce sia più orientata al rock melodico che al power metal. Che feedback avete avuto da questa scelta e quanto pensate sia stata rischiosa? Aldo: Guarda, io trovo che etichettare la musica sia una cosa davvero limitativa per qualsiasi gruppo musicale, ad esempio non ho mai considerato una band “power” i Secret Sphere; ci sono molti punti in comune con la musica etichettata in quel modo, ma abbiamo ampiamente dimostrato di distaccarci più volte e di esplorare generi lontani, basta pensare al nostro terzo disco Scent of Human Desire dove affiancavamo il rock al power metal ed era il 2003, e lo stesso nostro ultimo lavoro non è un disco power. Il contattare Michele è stato per noi un modo di avere nella band un cantante di valore, che potesse dare qualcosa di più alla band, non mi sono mai posto la domanda del background musicale (tra l’altro similissimo al mio). Alla luce di quello successo dopo devo dire che la scelta si è rivelata ottima!
My Refuge: Michele era molto attivo nel campo delle cover band, dove ci sono sicuramente numeri maggiori in termine di entrate economiche e possibilità di suonare live; come lo avete convinto ad unirsi ai Secret Sphere, dove purtroppo questi numeri sono inferiori? Aldo: Il valore artistico della musica va molto oltre i discorsi legati al denaro, Michele ha fatto il suo ingresso nella band perchè in primis la nostra musica gli ha comunicato qualcosa, il rapporto umano si è sviluppato velocemente, ma dopo. Sarebbe stato stupido ed impensabile partire da un discorso economico, i soldi non bastano più alle band straniere attorno cui ruota un introito economico di rilievo e per questo cambiano membri, figuriamoci per una band italiana. Ognuno di noi lavora per la crescita della band e, parallelamente, costruiamo carriere legate alla musica e non, inutile stare a raccontare frottole o favole, la situazione è quel che è, non manca la passione, i musicisti o le band valide, sia chiaro, ma nessuno usufruisce nella maniera corretta di questo prodotto.
My Refuge: Tra l’altro la difficoltà di avere una line up stabile è un cruccio per voi, si sono avvicendati molti musicisti nel corso degli anni e mi sembra abbiate appena cambiato batterista. Marco: Sai, gli anni passano per tutti e ogni membro di una band va avanti con la propria vita cambiando, com’è giusto che sia, le priorità e dando precedenza ad una cosa piuttosto che un’altra. Metti su famiglia, ti trasferisci, cambi modo di vedere la musica e così via. I Secret Sphere sono sempre stati una grande famiglia e sempre sarà così; siamo tutti ottimi amici, ci frequentiamo giornalmente e non potrebbe essere altrimenti. Proprio grazie a questo poi sul palco c’è una complicità che non potrebbe fare parte di noi, se non fossimo davvero legati. Detto questo, c’è sembrato naturale chiamare con noi Marco Lazzarini alla batteria, amico di vecchia data ma giovanissimo e con molto talento, per sostituire Federico. Come ti dicevo prima, è una famiglia e la vediamo e viviamo come tale.
My Refuge: Tra poco verrà pubblicata la nuova versione di A Time Never Come, come mai questa scelta? A quando il nuovo inedito? Marco: La richiesta è partita in primis dalla nostra label giapponese, un mercato che nel corso degli anni ha avuto interesse per tutta la nostra discografia, ma soprattutto si è focalizzata proprio su A Time Never Come, che è tutt’ora considerato come uno degli album power cardine del movimento europeo. Abbiamo colto al volo l’occasione per ripresentare quei brani, ancora oggi in scaletta, in una veste nuova, vuoi un po’ al passo coi tempi per arrangiamenti, orchestrazioni che negli anni sono diventate marchio di fabbrica della band, ma anche e soprattutto l’opportunità ai nuovi membri di dare a quel lavoro nuova linfa vitale con personalizzazioni, a partire dal più grande cambiamento di sorta, la voce di Michele naturalmente. Abbiamo lavorato mesi per dare il giusto peso a questa riedizione -che, tengo a precisare, è totalmente riregistrata e riarrangiata- ma non siamo stati in ogni caso con le mani in mano, lavorando anche sui brani che faranno parte del nostro nuovo lavoro.
My Refuge: Portrait of a Dying Heart era un disco ambizioso, sia per il nuovo percorso musicale che per il tema del concept. Quali sono stati i riscontri del pubblico, quali i i rischi e quali sono i progetti per il nuovo lavoro? Aldo: Portrait è stato un disco molto importante per la band, ha segnato un nuovo inizio per noi, un disco che considero qualitativamente molto alto ed i riscontri son stati davvero molto soddisfacenti; abbiamo fatto molti concerti, sia in Italia che all’estero e si è ricreata un attenzione attorno alla band che mancava da un po’. Colpa anche nostra, poichè uscivamo da un periodo di stallo emotivo-musicale. Portrait ha riacceso tutto quanto. Il nuovo disco sarà pronto quando susciterà determinate emozioni; sono molto critico sul quel che compongo, ascolto e riascolto e, quando riesco a valutare il lavoro in maniera distaccata e ne ricevo determinate emozioni, come ascoltassi i dischi che han segnato la mia formazione musicale, allora la strada è giusta. C’è molto materiale che sta prendendo forma.
My Refuge: Power metal classico, progressive, hard rock, power metal, progressive melodico: questi sono stati sommariamente e cronologicamente i generi che avete affrontato. Troveremo altre novità nel prossimo disco? Aldo: Mi piacerebbe sfruttare maggiormente le chitarre acustiche, inoltre il prossimo lavoro sarà il primo scritto insieme a Michele dall’inizio, per cui sicuramente avremo un ulteriore sviluppo del nostro sound.
My Refuge: Quali sono state le band di maggiore ispirazione e quali oggi vi ispirano di più? Marco: Il bello dei Secret Sphere è sempre stato il fatto di saper unire, come dicevi in precedenza, molte sfaccettature così diverse del rock e del metal. Questo anche grazie agli ascolti, così diversi, che negli anni abbiamo fatto. Probabilmente, se parliamo d’influenze vere e proprie, inizialmente ti avremmo citato Helloween, Savatage, Angra e così via, ma poi le orchestrazioni alla Tim Burton, certi mid tempo vicini al gothic degli H.I.M., piuttosto che collegamenti nell’ultimo album a Dream Theater, Symphony X, ma anche agli stessi Soilwork per alcuni riff così moderni, vengono tirate in mezzo al gioco per costruire davvero qualcosa di “strano” oltre alla personalità che è sempre venuta a galla, album dopo album.
My Refuge: Immaginiamo di avere la classica sfera magica; pensate ad un episodio che cambiereste nel passato della band. Aldo: Per come affronto la mia vita, non cambierei nulla, nemmeno per fatalità. Gli errori sono serviti a dare consapevolezza e non sono una persona che si lagna sul “ah se avessi fatto così...”, volto pagina e riparto.
My Refuge: King Diamond, Astral Doors, Gamma Ray, Freedom Call, Almah... Avete condiviso tour con nomi importanti. Qual è stato l’artista o la band che vi ha dato maggiori soddisfazioni e quale meno, se ce n’è? Avete degli aneddoti da raccontare? Aldo: Aneddoti ne avremmo a tonnellate, la cosa che ricordo con piacere degli artisti di grosso rilievo con cui abbiamo passato intere settimane è il rapporto umano, a dispetto di situazioni piccole dove manca assolutamente il rispetto e tutti si aspettano che qualsiasi cosa sia dovuta. Ci sono state occasioni dove il confrontarsi con artisti come Kai Hansen o lo stesso King Diamond è stato molto semplice, ho ricevuto consigli e passato ore a discutere piacevolmente sul mondo musicale.
My Refuge: Si parla tanto della Germania o della Scandinavia come della terra promessa del metal, eppure se così fosse tante band italiane intraprenderebbero tour in questi Paesi; come stanno veramente le cose? Marco: Obiettivamente Germania e Scandinavia, a cui aggiungerei anche l’accoppiata Olanda e Belgio, hanno saputo tenere in piedi un mercato -quello metal appunto- che in altri Paesi è venuto meno o ha comunque avuto meno interesse da parte di addetti ai lavori e fan del genere. La forza di questi Paesi è sempre stata, in partenza, la voglia di supportare in determinate condizioni le proprie band, non tanto per patriottismo o altro, ma per il fatto che questi sono degli Stati che hanno dato i natali ad alcune delle band più grosse attualmente nella scena, vedi Nightwish, Sabaton, Blind Guardian etc. La “visione” che però queste band hanno avuto va poi oltre ai Paesi di provenienza. Basta guardare i Rhapsody, se vogliamo parlare dell’Italia; quante band al mondo hanno seguito la loro scia? O gli stessi Lacuna Coil. Non è mai facile andare via ed essere chiamati da ogni dove per poter portare in scena il proprio show, ma credo che lavorando bene con la giusta concezione, si possano davvero avere i mezzi per fare qualcosa di buono.
My Refuge: Si parla di crisi del power, immobilismo stilistico, eppure le “nuove” band che riescono ad ottenere un discreto successo come Sabaton o Powerwolf non propongono nulla di sostanzialmente nuovo; dove sta il trucco? Marco: Parlavamo proprio prima dei Sabaton, band che personalmente non mi fa gridare al miracolo, ma che è riuscita a catturare, soprattutto in veste live, la giusta attenzione ai dettagli proponendo sì qualcosa di “old” ma dando la giusta freschezza a questi 90-100 minuti di concerto. All’estero questa cosa si nota ed è ben percepita; con uno spettacolo come il loro o quello dei Powerwolf, appunto, i fan del genere attendono con ansia ogni loro ritorno.
My Refuge: C’è qualche band, italiana ed estera, che negli ultimi anni meriterebbe davvero visibilità? Marco: Tantissime, ti direi. Ora abbiamo davvero una serie di gruppi con dischi notevoli, grazie ad un sound e una produzione media nettamente migliorata, songwriting e dettagli di ogni disco (a partire da artwork etc.) curatissimi rispetto a pochi anni fa. Il prossimo passo penso stia solo nella testa di ogni band e nel fatto di poter fare tutto in quella maniera professionale che, ahimé, all’estero ancora oggi ci fa perdere colpi in confronto a band non italiane. Sta tutto nella testa delle persone e nella volontà di saper andare avanti a testa bassa, conoscendo i propri punti deboli e valorizzando saggiamente quelle che sono poi le carte giuste di ogni gruppo.
My Refuge: Facciamo un passo indietro. Nel 2001 A Time Never Come fu giustamente considerato un capolavoro del metal italiano, poi il passaggio al colosso Nuclear Blast e la pubblicazione di Scent of Human Desire, che personalmente ritengo un disco eccezionale, ma sperimentale. Se foste usciti con un disco più simile a A Time Never Come, pensate che le cose sarebbero state differenti? Aldo: Probabilmente ci sarebbero state differenze, è innegabile, ma considero Scent un album che, in anticipo su altre band che poi hanno avuto più successo, ha affiancato un forte lato rock al metal melodico.
My Refuge: Domine, White Skull, Eldritch, Extrema, Sadist... Verso la fine degli anni 90 sembrava che il metal italiano fosse destinato a spopolare, la scena era piuttosto viva, ma alla fine solo Lacuna Coil e Rhapsody hanno ottenuto davvero popolarità e successo. Cosa pensate non abbia funzionato, e come vedete la scena attuale? Aldo: Più fattori. Parlando in prima persona, ti dico che gestire una band è una cosa molto difficile, al pari di un’azienda. In Italia non c’è mai stata un’eredità culturale lasciata in quel campo, per cui tutte le band han fatto errori pur avendo proposte musicali eccellenti, errori che ci han lasciato indietro rispetto a Paesi dove c’erano strutture e figure che sapevano come far crescere una band seguendola al meglio. Tutt’ora, a mio parere, in Italia non ci sono molte figure che possono far quello ed i pochi che ci sono sono musicisti con esperienza, che han fatto passi giusti e sbagliati e sono in grado di trasmettere qualcosa. D’altro lato, il supporto alle bands in patria non è mai stato totale, da noi si fa al contrario, quando una band all’estero spopola allora comincia ad essere degna di nota, ma anche lì c’è l’inghippo, perché se diventa troppo grossa sta sulle balle ugualmente. E fuori confine chi da credibilità ad una band se prima la stessa non lo ha in patria? Ci sono eccezioni, certo, ma si contano sulle dita di una mano. Fa strano che in un lasso di tempo vicino ai quindici anni in Europa ci siano state decine e decine di band di successo e da noi pochi esempi. La musica non c’entra nulla, abbiamo band di grande qualità!
My Refuge: Domanda di rito: internet è un mezzo che ha migliorato o peggiorato le cose? Aldo: La verità sta nel mezzo. La visibilità di Internet è innegabile, quanto è innegabile che sia aumentata in modo smisurato la concorrenza nel settore. Personalmente non vedo più la pirateria come un nemico; oggi tutti abbiamo la possibilità grazie a Spotify ed Itunes di ascoltare un lavoro il giorno stesso dell’uscita, se non prima grazie alle anteprime su YouTube, Soundcloud ecc. Cambiano i tempi e cambia il modo in cui le persone vivono la musica; ora per le nuove generazioni il tutto è solo un piccolo brano da avere scaricato sul cellulare, mentre per altri si è trasformato in un feticcio vero e proprio grazie alle edizioni limitate di un box piuttosto che di un vinile. Chiudendo, credo che Internet abbia cambiato il modo di vivere la vita per ognuno di noi, ma non mi fermo solo alla musica, tutto è cambiato, nel bene e nel male.
My Refuge: L’intervista è conclusa, grazie per la disponibilità. Aggiungete pure quello che volete! Marco: Grazie mille a voi, alla redazione di Metallized e ai ragazzi che seguono tutti i vostri aggiornamenti. Un abbraccio e speriamo di vederci quanto prima sotto un palco!
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Li ho visti una volta sola ed e' stato stupendo, gran bel gruppo, condivido anche la risposta sulle etichette e le risposte date , Luppi ha una voce stupenda e dal vivo ti gasa a mille.Bravi. |
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@Dostoevskjj purtroppo ormai la maggior parte dei metalloni utilizza la logica da te citata: se una band è nata negli anni '80 "oh, negli '80 era tutto perfetto, grande band, non mi deluderà" se è nata dopo il 2000 "che schifo il nuovo corso, le nuove band fanno cagare a prescindere". Così muore il genere, però. |
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"La cosa che ricordo con piacere degli artisti di grosso rilievo con cui abbiamo passato intere settimane è il rapporto umano, a dispetto di situazioni piccole dove manca assolutamente il rispetto e tutti si aspettano che qualsiasi cosa sia dovuta". Direi che sta quasi tutto qui il problema,questa affermazione è azzeccatissima e fotografa appieno la totale mancanza di umiltà di tanti troppi "artisti"che l'unica cosa che sanno dire è..."noi suoniamo metal dall'88(data a caso) ci dovete rispetto!" quasi che l'anzianità anagrafica di un gruppo ne determini chissà quale valore aggiunto! E di amenità simili se ne potrebbero raccontare a centinaia...poi li senti e ti accorgi che nel '88 il disco lo hanno registrato con il fisher price e le chitarre mezze scordate e lo hanno comprato in 35. |
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