|
26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
|
|
METALLIZED CHARTS 2021 - Alternative Rock/Metal, NuMetal, Crossover, Noise, Inclassificabili
17/01/2022 (1464 letture)
|
Tornano come ogni anno le liste dei migliori dischi recensiti sulla nostra webzine e nello specifico, in campo “alternative” e derivati, le sorprese non sono mancate in questo sciagurato 2021, il quale ha regalato poche, ma valide pubblicazioni qui di seguito riportate. Se vi ritenete amanti di sonorità anti-classiche e non disdegnate le contaminazioni di ogni genere questo è l’articolo che fa per voi; se siete solo curiosi, qui avrete di che divertirvi e infine, se proprio non riuscite a sopportare questo genere di sonorità il consiglio è quello di provare a leggere le nostre brevi descrizioni dei singoli album qui riportate, andare a riprendere la recensione completa e provare a dare un ascolto; sono sicuro che qualcosa capace di stuzzicarvi lo potrete trovare anche qui tra queste righe. E se volete vivere l’esperienza in modo completo non scordatevi di ascoltare la nostra playlist con un brano estratto da ciascuno degli album qui riportati! In più, segnalateci qualche uscita meritevole se ritenete che ne abbiamo dimenticata qualcuna. Detto ciò, buona lettura e buoni ascolti; che questo 2022 possa essere ancora più florido e ricco di buoni dischi!
Ascolta qui la nostra playlist con tutto il meglio della scena alternative del 2021!
ALTERNATIVE ROCK
ÅRABROT – NORWEGIAN GOTHIC Quello che si nota fin dai primi secondi di ascolto è una pulizia sonora ineccepibile, che non nasconde le asperità sempre presenti del duo, ma ne accresce l’impatto emotivo attraverso una dinamica gestita in maniera egregia e una scelta di suoni perfettamente azzeccata. Il metal ormai non fa più parte delle sonorità adottate dagli Årabrot, i quali decidono invece di infondere alle proprie basi rock’n’roll una fortissima dose di post punk e gothic rock, nonché un inedito afflato sinfonico-orchestrale, che in più di un’occasione rende i brani struggenti e delicati, aggettivi che fino a qualche anno fa non si sarebbe mai pensato di affibbiare alla band.
DEAFHEAVEN – INFINITE GRANITE I nomi di riferimento per inquadrare l’opera sono facili da fare: su tutti l’accostamento più diretto è quello con i Ride di Going Blank Again, per via delle chitarre vicine in certi frangenti a certe soluzioni smaccatamente alternative rock, ma sono presenti anche molte sezioni al limite del dream pop, dove il comparto strumentale si dirada e si annebbia sempre di più fino a lambire territori ambient, come nella strumentale Neptune Raining Diamonds. In certi momenti le screziature distorte delle chitarre rimandano anche ai Whirr, mentre sembra più lontana l’eco dei My Bloody Valentine che aveva permeato le partiture di Sunbather.
DINOSAUR JR. - SWEEP IT INTO SPACE Sweep It Into Space è il miglior album dai tempi di Beyond? Questo ce lo dirà il tempo, ma ci sono davvero pochi dubbi sulla qualità di questo disco, che celebra tutto il rock alternativo del passato, ma si staglia con vivissima consapevolezza sulla scena musicale del presente, ribadendo ancora una volta come si possa essere diversi e indipendenti da ogni moda e corrente, con una personalità spiccata e riconoscibile e doti artistiche sviluppate in trentasette anni di onorata carriera.
DOBBELTGJENGER - SMOOTH FAILING Il viaggio ha inizio con il funk luccicante di Elephants In the Room, un brano tutto da ballare sul quale le voci di Vegard Wikne e del batterista Sondre Veland si prodigano in armonizzazioni ficcanti, mentre il resto della band trova spazio per piccole variazioni ritmiche a cavallo tra Talking Heads e King Crimson (della trilogia anni ’80 s’intende). Si procede su livelli sempre elevati con Come On Over, dove il sostrato stoner emerge timidamente in una maniera che non sarebbe forse dispiaciuta agli Arctic Monkeys di AM, mentre a livello vocale ora siamo dalle parti dell’ultimo Steven Wilson, con un falsetto incredibilmente potente che scivola spedito sul ritmo dance a cassa dritta e sul basso liquido e martellante di Jone Kuven.
FEAR OF FALLING – TURNING POINT Ciò che viene proposto dal quartetto è una semplice, ma efficacissima, miscela di alternative rock a tinte ora hard rock, ora più heavy, ora tendenti al pop; prendete il meglio di gruppi come Alter Bridge, Shinedown, Foo Fighters, gli ultimi Rise Against e Nickelback (sì, avete capito bene) e aggiungete una sottile vena malinconica per capire di cosa stiamo parlando. I Fear of Falling hanno la rara capacità di scrivere ottime canzoni, superando di rado i quattro minuti ed infilando ritornelli killer uno dietro l’altro, riuscendo in questo a dimostrare una personalità piuttosto spiccata.
FRANK CARTER AND THE RATTLESNAKES – STICKY Al quarto tentativo i Frank Carter and the Rattlesnakes riescono forse a trovare la perfetta unione delle parti, erigendo un suono allo stesso tempo composito, ultra-immediato e inconfondibile. Se l’efficacia dei brani è innegabile, bisogna anche riconoscere che questi non si limitano al loro lato più patinato. Lungi dall’esaurirsi dopo due ascolti, le canzoni mettono invece in mostra un songwriting relativamente sofisticato, che trova ampio spazio in alcuni episodi specifici.
GARBAGE – NO GODS NO MASTERS No Gods No Masters si inserisce nel solco tracciato dal precedente Strange Little Birds approfondendone la vena ombrosa e meditabonda: non è un album di cui ci si innamora all’istante, poiché il sound poco “appariscente” e i temi di scottante attualità fanno sì che siano necessari più ascolti per riuscire a calarsi al meglio nelle vesti dei Garbage odierni, maggiormente propensi a veicolare una serie di messaggi e idee personali piuttosto che stupire con i giochi di prestigio in sede di produzione come ad inizio carriera.
POPPY – FLUX Il quarto full-length realizzato dalla cantante americana equivale a prendere la DeLorean di Ritorno al Futuro scendendo alla fermata degli anni ’90, il decennio per eccellenza della musica alternativa: Flux infatti offre una rilettura dinamica e stratificata dei sottogeneri rock più in voga di quel periodo, dal grunge, il power pop e l’alternative tout-court fino allo shoegaze e al dream pop senza escludere anche qualche spolverata di punk giusto per non farsi sfuggire nulla.
REACH – THE PROMISE OF A LIFE Dopo aver ascoltato l’intero album, è evidente che l'assenza di questi tre anni sia stato utile ai Reach, i quali sono stati in grado di rendere omaggio alle loro influenze. Tutte le tracce possiedono una storia e passare tanto tempo a dare vita a tali vicende ha impegnato il trio svedese a realizzare una colonna sonora pienamente avvincente. Con The Promise of a Life, i Reach hanno dato vita ad un disco alternative rock completo e vario, che sicuramente può attirare sia i fan accaniti del genere che gli ascoltatori occasionali.
RISE AGAINST – NOWHERE GENERATION Nowhere Generation si apre direttamente con il coro de L’Internazionale, per ribadire ulteriormente la posizione politica dei Rise Against, ma lascia ben presto spazio a The Numbers, già uno degli episodi migliori dell’album; qui il punk viene addomesticato da una scrittura più tipicamente rock, che valorizza ancora di più l’ugola di Mcllrath, uno che con la voce che si ritrova potrebbe cantare davvero di tutto con ottimi risultati. Il frontman dimostra ulteriormente la propria versatilità sulla titletrack, un brano che potrebbe essere uscito dalla penna di Laura Jane Grace, ma che si presta bene alle capacità dei quattro musicisti, che indovinano un altro ritornello dal potenziale radiofonico non indifferente.
SLOW CRUSH – HUSH Sebbene la musica degli Slow Crush rimanga perlopiù eterea ed impalpabile, con gli strumenti sepolti sotto tonnellate di layer ed effetti d’ambiente, probabilmente deve aver inciso l’ultimo tour in compagnia di pesi massimi come Pelican e Torche, difatti la caratteristica che differenzia maggiormente Hush dal precedente Aurora è la presenza di momenti altamente distorti, talvolta quasi noise rock, con il basso di Isa Holliday che sembrerebbe essere uscito da un disco sludge piuttosto che shoegaze, ma proprio per questo riesce a creare un interessantissimo contrasto.
TIMO ELLIS – DEATH IS EVERYWHERE Evolve Or Die è contraddistinta da una batteria dalle sfumature tribali, da un basso suonato con un tono maldestro e da riff di chitarra che si spezzano prima di prendere il via verso un itinerario jazzistico. Ellis cambia spesso rotta fra i due stili per il resto del viaggio con alcune voci cantate e parlate tra gli stacchi musicali. Si potrebbe anche avvertire una delicata e bizzarra venatura prog rock.
TOMAHAWK – TONIC IMMOBILITY Duane Denison e Trevor Dunn si prendono gran parte dello spazio, il primo alternando arpeggi dissonanti e riff massicci, il secondo facendo tuonare il basso con pattern di scuola post-hardcore; in tutto questo la batteria di Stanier funge da ottimo collante, capace di muoversi all’unisono con le acrobazie vocali di Patton, il quale ha terreno fertile per lasciarsi andare ad ogni sorta di esperimento. Queste caratteristiche si possono ritrovare espresse al meglio nel singolo Business Casual, giocato tutto sull’alternanza tra basso e batteria: un brano dove si vuole far rivivere tutta quella scena alternativa americana nata dalle ceneri dell’hardcore filtrata dall’esperienza crossover di Patton.
WEDNESDAY – TWIN PLAGUES Basta la titletrack per convincere i più scettici all’ascolto del disco: feedback disturbanti aprono uno scenario che va subito a parare nei dintorni di un grunge/shoegaze fortemente distorto nel riff d’apertura. Con uno schema invero prevedibile l’aggressività iniziale lascia spazio ad una strofa pacata dove emerge la voce carismatica di Karly Hartzman, dotata di un timbro caldo e al contempo fragile, a tratti quasi ancora bambinesco. Le melodie si alternano incalzanti lasciando ora la voce da sola, ora immergendola nel caos strumentale della band, mai sopra le righe grazie ad una produzione oculata e vintage quanto basta.
WEEZER – VAN WEEZER Van Weezer riesce a condensare quasi un’intera carriera – i momenti al limite dell’electro-pop di All the Good Ones chiudono il cerchio – in mezzora, utilizzando l’elemento hard rock ed heavy metal che, all’interno della discografia degli americani, suona come una novità. Esso funziona bene come collante per le pulsioni pop insite nel gruppo e riesce perciò a donare alle canzoni quella freschezza e quella vitalità che rende il disco un piccolo classico per i fan della band già da ora.
ALTERNATIVE METAL
CHEVELLE – NIRATIAS Il sound, lontano dalla foga di La Gárgola e di The North Corridor, si riavvicina a quanto sentito nel periodo Sci-Fi Crimes/Hats Off to the Bull, con una minor insistenza sulla distorsione delle chitarre in favore di composizioni più ragionate e pacate dove la parola si pone sullo stesso piano di importanza degli strumenti. NIRATIAS (Nothing Is Real and This Is a Simulation) è dunque l’ennesimo tassello positivo della discografia dei Chevelle: meno impetuoso rispetto alle precedenti uscite, questo lavoro si basa, in maniera vincente, sul fecondo interscambio tra musica e testi dipingendo uno scenario brillante e coinvolgente nonché profondamente attuale.
EVANESCENCE – THE BITTER TRUTH Sul piano musicale The Bitter Truth si pone come ideale ponte tra The Open Door e il self-titled, dividendosi tra brani più energici alternative metal guidati dal classico trio chitarra/basso/batteria e altri più inclini ad un rock infuso di elettronica riecheggiante quanto sperimentato nel periodo noto come le “Steve Lillywhite Sessions”. Finalmente libero dalle imposizioni della precedente label, il gruppo agisce come una squadra unita e ciò dà modo a Amy di esprimersi al meglio delle sue capacità tanto nei brani metal-oriented quanto in quelli più inclini al rock, senza dimenticare l’affiorare di un suo lato più ironico e sbarazzino finora inedito.
LACUNA COIL – LIVE FROM THE APOCALYPSE A settembre 2020 (nel periodo in cui l’ondata principale sembrava essersi allentata), mentre si tentava un primo - faticoso - ritorno alla vita di tutti i giorni, i Lacuna Coil hanno deciso di riconnettersi con i loro fan attraverso uno show molto speciale, un live in diretta streaming dall’Alcatraz di Milano in cui è stato suonato per intero Black Anima, l’ultimo disco in studio risalente al 2019. Live From the Apocalypse non è il primo album dal vivo del gruppo, ma è sicuramente quello più importante poiché cattura un momento storico unico e irripetibile nella carriera e nella vita dei cinque musicisti.
OZORA – ANGELICA Angelica segna il grande ritorno degli OzOra, la band italiana che nel 2017 aveva stupito il panorama dell’alternative metal nostrano con Perpendicolari. Arrangiamenti curati, melodia e passione sono gli ingredienti che risaltano maggiormente lungo le otto tracce della tracklist e l’avvicendamento dietro al microfono alla fine può dirsi avvenuto con successo, in quanto Andrea Conti si è fatto ben valere in ogni singola composizione senza far rimpiangere il grande ex Syd.
POP EVIL – VERSATILE Versatile risulta fin dal primo ascolto il migliore album della band grazie ad un equilibrio sapiente tra modernità e aggressività, le quali danno vita ad un mix brillante e perfettamente confezionato per le radio americane, ma anche per i futuri concerti live del gruppo. Accanto a ritornelli irresistibili e crescendo emozionali propri di realtà come Shinedown ed Escape The Fate i nostri non lesinano riff e strutture che rimandano al miglior crossover anni ’90 come nel brano di apertura Let the Chaos Reign, che inaugura l’album con sonorità a cavallo tra Rage Against The Machine e nu metal, nella maniera in cui è stato interpretato anche dagli ultimi Bring Me The Horizon.
RED ELEVEN – HANDLED WITH CHAOS Il piacevole rombo delle chitarre, del basso e della batteria e i riff accattivanti danno vita ad un suono vigoroso, elettrizzante ed esaltante, con quel rassicurante riconoscimento degli elementi tipici dell’hard rock degli anni '80. In conclusione Handled with Chaos è un album intrigante, in grado di coinvolgere l’ascoltatore per tutta la durata del tempo. In tale progetto è come se fossero stati raccolti tutti i pezzi migliori degli ultimi decenni e uniti in una produzione sorprendentemente invitante. Infatti esso è assolutamente consigliabile per chi adora i Faith No More, il synth-pop degli anni '80 ed il grunge degli anni '90, con voci sensuali, melodie orecchiabili e riff pesanti.
THE VELVET SUPERSLOTHS – THE VELVET SUPERSLOTHS Introdotto da un titolo omonimo, il debutto dei The Velvet SuperSloths è un’opera densissima e degna di interesse, che pesca a piene mani dalla tradizione alternative metal anni ’90 trasportando il tutto in una dimensione sì moderna, ma decisamente old school per certi aspetti. La lezione di colossi come Down, Korn e Corrosion Of Conformity viene filtrata da un atteggiamento che prima di tutto risulta estremamente goliardico all’ascolto – si percepisce in modo chiarissimo quanto i cinque musicisti si divertano mentre suonano – e in secondo luogo si modernizza nei suoni e nelle tecniche di registrazione, senza perdere mai la sua appartenenza di fondo.
NU METAL
HACKTIVIST – HYPERDIALECT Hyperdialect si dimostra un disco molto aggressivo e pesante, incentrato sui riff di una otto corde in piena tradizione djent e su una sezione ritmica poderosa che rinfocola l’assalto sonoro complice anche un basso a sei corde accordato, al pari della chitarra, in drop E. Non è da meno il comparto vocale, affidato alla formidabile coppia di MC composta da J Hurley e dalla new entry Jot Maxi, non dei semplici cantanti che rappano ma degli autentici rapper sprigionanti un flow incendiario fatto di barre taglienti e ultra-veloci.
LOVE AND DEATH – PERFECTLY PRESERVED Il secondo album dei Love and Death si è fatto aspettare ma, ora che è arrivato, si può dire che l’attesa non è stata vana. Head e i suoi compagni hanno infatti confezionato un lavoro molto soddisfacente dove le influenze dei due gruppi principali (Korn e Breaking Benjamin) sono palesi ma convogliate in brani freschi, godibili e altamente melodici.
TETRARCH – UNSTABLE I Tetrarch riportano in auge il nu metal muovendosi su due binari differenti ma complementari: da un lato fedeltà ai dettami archetipici della fase storica, dall’altro propensione al rinnovamento della materia tramite l’ibridazione con la ferocia in your face del metalcore. Un’altra novità fondamentale riguarda la presenza degli assoli, notoriamente assenti in questa branca del metal: inserite in diverse tracce, le parti solistiche di Diamond Rowe si dimostrano efficaci e corredate da un valido bagaglio tecnico che in futuro potrà diventare il vero trademark della band.
CROSSOVER
SUMO CYCO – INITIATION La band, calatasi nelle vesti di un talentuoso bartender, shakera con vivacità stilemi musicali anche molto distanti l’uno dall’altro facendo convivere fianco a fianco punk, alternative metal, rock, ska, rap e massicce dosi di elettronica da party: quello che ne deriva è un crossover stroboscopico e irriverente, una linguaccia indirizzata ai metallari più gretti che ragionano solo per compartimenti stagni e, di contro, un appuntamento imperdibile per chi ha amato le recenti contaminazioni di artisti come Poppy, i Bring Me The Horizon di Amo o le Nova Twins di Who Are The Girls?.
TURNSTILE – GLOW ON Le tastiere e l’elettronica giocano in Glow On un ruolo fondamentale e la sapiente mano del produttore Mike Elizondo ha saputo valorizzare al meglio questo aspetto inedito nella musica dei Turnstile, andando a definire quello che è il sound attuale della band, ovvero un crossover a tutto tondo che parte sì dall’hardcore punk, ma che si lascia andare verso le influenze più disparate: dal fastcore al pop passando per alternative metal, ritmi latini (!) e post punk. Glow On è senza dubbio alcuno il miglior disco dei Turnstile e merita di essere considerato con attenzione tra i migliori album dell’anno o quantomeno tra i più entusiasmanti e cazzuti in campo rock.
NOISE
STREBLA – CEMENTO Tra le distorsioni esaltanti di Houdini, che si permette anche escursioni maggiormente melodiche di matrice post-hardcore e un bell’assolo sul finale, e i riff industrial/noise di Tra Le Dita – che fanno venire in mente Bologna Violenta e i mai dimenticati Rifiuti Solidi Urbani – si arriva poi al vero capolavoro dell’album, che si situa a metà scaletta: Decapito è la summa stilistica di tutto il disco e riassume in sé le inflessioni de Il Teatro Degli Orrori e di certo melodic hardcore anni ’90 nel suo primo minuto. La variazione che segue subito dopo invece parla un’altra lingua e si arricchisce di spunti emocore dal forte impatto emozionale, esaltati ancora una volta da un testo profondo e crudo, che esplode sul finale in tutta la sua potenza.
INCLASSIFICABILE
ASK THE SLAVE – GOOD THINGS BAD PEOPLE La musica proposta dal gruppo si risolve in un bel mix di influenze che hanno più di un richiamo in comune, spaziando da una base alternative metal sempre ben radicata verso soluzioni smaccatamente pop, trovando modo di inserire momenti puramente rock ed altri quasi avanguardistici, inseriti in strutture complesse di matrice prog. Numi tutelari di una miscela simile sono sicuramente artisti come Mike Patton, Idiot Flesh (la band che ha fatto nascere poi gli Sleepytime Gorilla Museum) e i connazionali Solefald ed Agent Fresco. Indubbiamente però la ricerca di un perfetto mix tra progressive rock e pop rimanda a un nome su tutti, quello dei sempre troppo poco lodati Mew.
DANNY ELFMAN – BIG MESS Senza alcun dubbio siamo di fronte ad una dimostrazione d’amore smisurato per la musica a tutto tondo: Big Mess potrebbe essere rappresentato come un polpo dotato di lunghissimi tentacoli e laddove il corpo simboleggia la mente del compositore, i tentacoli invece sono tutte le influenze stilistiche che vanno a comporre l’opera finale: un vaso di Pandora che dà accesso a un mondo sonoro imprevedibile e inafferrabile, sebbene sia legato a stilemi talvolta molto riconoscibili.
KING GIZZARD & THE LIZARD WIZARD - L.W. (EXPLORATIONS INTO MICROTONAL TUNING, VOLUME 3) Certamente per l’ascoltatore che non ha mai avuto contatti con questo tipo di sonorità il primo impatto con un’opera simile può risultare spiazzante, ma è qui che Stu Mackenzie, Cook Craig e Joey Walker – gli addetti agli strumenti microtonali – dimostrano le loro eccellenti capacità di compositori, riuscendo a rendere quelle armonie e melodie che all’orecchio occidentale sembrano sgradevoli e addirittura “sbagliate” estremamente accattivanti e per nulla anomale. Gli intervalli microtonali vengono impiegati con sapienza all’interno di strutture ora pop, ora invece garage rock, senza tralasciare parentesi più dure e altre invece più cadenzate, per un risultato che è al contempo catchy e intrigante.
TEKE::TEKE - SHIRUSHI La solida base su cui poggia la musica del collettivo è la tradizione folkloristica giapponese, rappresentata dall’uso di strumenti come il koto e lo shamisen, ma soprattutto lo shinobue, il vero protagonista del disco, che non è altro che un flauto di bambù dal suono decisamente caratteristico. Se gli strumenti tradizionali intessono le melodie dei singoli brani il resto dei musicisti contribuisce al risultato finale con una sezione ritmica incendiaria che passa dal garage punk al surf rock mantenendo un’aura psichedelica ben percepibile anche nei momenti che tendono paradossalmente al noise più estremo.
MENZIONI ONOREVOLI
ATREYU – BAPTIZE
EVERLUST – DIARY OF EXISTENCE
GEMINI SYNDROME – 3RD DEGREE - THE RAISING
HELMET – LIVE AND RARE
LANTLÔS – WILDHUND
SERJ TANKIAN – ELASTICITY
THE HYENA KILL – A DISCONNECT
ZAHN – ZAHN
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
10
|
@DEEP BLUE Capisco molto bene quello che intendi, credimi. Ed anche io, da ascoltatore, vado sempre alla ricerca della novità, cercando quella più "sconvolgente" possibile, è proprio un istinto naturale. Posso consigliarti in questa lista i dischi più fuori dagli schemi, che io ho apprezzato molto: sicuramente "Shirushi" dei TEKE::TEKE (già il fatto che vengano dal Giappone è una garanzia di stramberie), poi "Big Mess" di Danny Elfman, un caleidoscopio di sonorità che purtroppo non è stato a mio parere giustamente considerato. Poi mi farai sapere, se vorrai!  |
|
|
|
|
|
|
9
|
@Black Me Out i Chevelle in effetti non sono semplici heavy metal (li stavo giusto riascoltando) purtroppo sono io che quando leggo "alternative" vorrei sempre una bomba come fu all'epoca il primo disco dei King Crimson. Qualcosa di veramente travolgente, intendo a livello di novità. Però vabbè ... è stato uno sfogo momentaneo ... poi passa. |
|
|
|
|
|
|
8
|
Potrei rigirarti la domanda @DEEP BLUE e chiederti come si può definire il sound del disco dei Chevelle come "semplicemente" heavy metal. Per rispondere alle tue domande c'è apposta il link alla recensione dell'album che spiega bene i motivi per i quali l'etichetta è stata adottata. Per i Tomahawk io non mi ritengo deluso però è esattamente il sound che loro, in questo momento, mi aspettavo proponessero e lo reputo ancora godibile. E i Deafheaven vengono giustamente lodati, ma a me il disco - tranne un paio di brano veramente strepitosi - continua a mancare di quella scintilla che avrebbe potuto renderlo grandioso. |
|
|
|
|
|
|
7
|
Sono d'accordo con El Faffo sui Tomahawk, deludenti assai |
|
|
|
|
|
|
6
|
I Tomahawk mi hanno deluso non poco con questo mritorno. |
|
|
|
|
|
|
5
|
quello dei CHEVELLE "NIRATIAS" come si fa a definire alternative metal? Alternativi a cosa? A me sembra un tranquillo disco heavy metal. Le etichette dovrebbero avere un senso oppure è meglio non inserirle. Scriviamo heavy metal e buonanotte. |
|
|
|
|
|
|
4
|
Bello quello dei DEFHEAVEN, come al solito, ma i precedenti li preferivo di gran lunga. |
|
|
|
|
|
|
3
|
Per quanto mi riguarda i DEAFHEAVEN hanno fatto qualcosa di irraggiungibile per tutti. Anche per me che non riesco a trovarlo nel formato fisico essendo andato esaurito subito. Peccato, così mi accontento del PC e tablet, ma non vedo l'ora di poter fluttuare ascoltandolo dalle casse |
|
|
|
|
|
|
2
|
Ottimo lavoro @Alex, una lista davvero ricca e variegata con tante belle uscite. Allora, tra i miei preferiti senza dubbio i Tetrarch, gli Evanescence e i Lacuna Coil. Poi metto come sorprese gli Hacktivist, i Chevelle e perché no, i simpaticissimi Sumo Cyco. Buona prova quella dei Love and Death e Poppy, invece il disco dei Pop Evil mi ha convinto solo in parte. Riguardo ai dischi solo menzionati bene i Gemini Syndrome e gli Everlust, autori di un bel disco alternative/gothic.
Peccato non aver potuto inserire i Limp Bizkit tornati dopo dieci anni, ma è già tanto che gli abbiamo dato una sufficienza |
|
|
|
|
|
|
1
|
Ottimi gli CheVelle con quello che considero il loro album che preferisco, NIRATIAS. Mi mancano Elfman, Fear of Falling e Helmet, che recupererò appena possibile. A me è piaciuto molto anche l'album di debutto di Des Rocs, A Real Good Person in a Real Bad Place: lo considero Alt Rock, anche se sono evidenti alcune influenze pop ed elettroniche, specialmente nell'uso della voce. Insomma, al di là del genere so che è uno dei dischi che più ho ascoltato sul finire del 2021. |
|
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|