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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Running Wild - Rapid Foray
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14/09/2016
( 4849 letture )
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Amati e idolatrati come pochi, i Running Wild sono senza alcun dubbio uno dei gruppi più importanti della scena heavy/power metal mondiale. In attività fin dagli inizi degli anni 80 e guidati dal leader indiscusso, l’eclettico Rolf Kasparek, in arte Rock ‘n’ Rolf, il gruppo di Amburgo ha segnato l’esistenza di migliaia di metallari grazie a capolavori quali Under Jolly Roger, Blazon Stone, Pile of Skulls e Black Hand Inn, ovvero dischi in grado di tradurre in musica un immaginario piratesco avvincente e avventuroso, tanto da diventare marchio indissolubile del gruppo che, a ragion veduta, è universalmente riconosciuto come gli originali pirati del metal. I Running Wild, però, da oltre un decennio sono di fatto una one-man band completamente in balia del carismatico, ma altrettanto lunatico, Rock ‘n’ Rolf e, come purtroppo spesso capita ai più grandi, con il trascorrere degli anni hanno commesso dei passi falsi, non solo a causa di alcuni album decisamente poco convincenti, ma soprattutto per aver logorato quell’immaginario, romantico ma necessario, di band coerente e assolutamente devota all’heavy metal. Se infatti sostituire il batterista con una drum machine è stata l’operazione più lontana dal metal che si potesse fare, anche annunciare lo scioglimento definitivo con annesso un concerto di addio -immortalato nel DVD The Final Jolly Roger- per poi annunciare la reunion nel 2011 e poco dopo dare alla luce Shadowmaker, un disco imbarazzante e di cui non si salva nemmeno la copertina, è stato altrettanto incomprensibile. Colto da un moto di orgoglio, o più semplicemente da bramosie economiche, ecco nel 2013 l’ennesimo annuncio: un nuovo disco, Resilient, e show dal vivo in quel di Wacken. La nuova fatica non poteva essere peggio di Shadowmaker e infatti non fu così. Il singolo estratto, Bloody Island, fece perfino tornare la speranza a più di un fan, speranza che ben presto lasciò spazio alla delusione nell’ascoltare le restanti tracce del disco. Neppure l’unica esibizione live prevista a supporto del disco fece gioire un minimo i fan dei Running Wild. Il palco di Wacken infatti mostrò una band statica, fiacca e senza la minima energia o convinzione in quel che suonava. Se parallelamente a queste frustrazioni musicali ci aggiungiamo anche una bieca politica di merchandising di dubbio gusto (gadget vari, vino idromele, ecc.…), non stupisce che le aspettative di Rapid Foray, nuovo disco dei Running Wild fossero ai minimi storici.
Le news targate Rock ‘n’ Rolf di questi mesi promettevano un ritorno musicale fedele alle origini, nonché a quell’immaginario piratesco tanto amato e mai dimenticato, ma in pochi ci credevano realmente. Almeno fino all’uscita del primo singolo, Black Bart, che ha letteralmente mosso l’orgoglio e riacceso l’anima piratesca di tutti i fans dei Running Wild. Black Bart è semplicemente un puro e concentrato estratto dei migliori Running Wild come da alcuni lustri non si ascoltava: il pezzo veloce, immediato, diretto e farcito da epiche e piratesche liriche riporta la band su uno standard qualitativo da troppo tempo dimenticato. È accaduto quindi l’impensabile? Sì, perché nessuno si sarebbe aspettato un singolo tanto convincente né tantomeno un intero disco che, seppur non paragonabile ai capolavori degli anni 80 e 90, di certo non sfigura e anzi si annovera come migliore uscita dopo l’ottimo The Rivalry del 1998. Rapid Foray, finalmente con una cover degna dell’immaginario piratesco, presenta undici tracce ispirate e terribilmente convincenti, tanto da riaccendere la fiamma dell’heavy metal su un gruppo che pareva non essere in grado di dire più nulla. Come un inaspettato colpo di scena di un intricato romanzo, quello che maggiormente colpisce della sedicesima fatica dei Running Wild è la varietà compositiva del disco. Se infatti con Black Skies, Red Flag, Rapid Foray o Blood Moon Rising ci ritroviamo di fronte a elementi tipici del gruppo di Amburgo come le galoppanti ritmiche power metal condite da cori trascinanti, con Warmongers riscopriamo i Running Wild ancora in grado di spingere sull’acceleratore per un pezzo ancora più tirato e diretto -come da tempo non ascoltavamo- e con un Rock ‘n’ Rolf finalmente in ottima forma dietro al microfono. Into the West trascina per la sua allegria e spensieratezza e la tematica western fa tornare in mente il singolo Little Big Horn del lontano 1991. Stick to Your Guns e Hellectrified presentano, invece, dei mid tempo più di stampo hard rock in linea con gli ultimi lavori, ma, al contrario di questi, seppur forse un po’ scontate, risultano comunque gradevoli. In Rapid Foray trova spazio anche un brano strumentale, l’introspettiva The Depth of the Sea (Nautilus), piazzata proprio a metà della tracklist quasi per farci tirare un po’ il fiato e per diversificare ulteriormente lo scorrere del disco. Immancabile, inoltre, come nei dischi più riusciti della loro carriera, un epico pezzo conclusivo di oltre undici minuti: Last of the Mohicans. Il bell’arpeggio iniziale introduce l’incedere del brano che, con i consueti ipnotici riff, prelude al caratteristico cantato di Rock ‘n’ Rolf e agli immancabili e coinvolgenti cori. Molto buona la struttura melodica e gli intermezzi solisti del fido Peter Jordan, così come epici ed evocativi sono i cori etnici in lontananza.
I Running Wild sono tornati? No. Non torneranno mai i tempi di Pile of Skull, in primo luogo per ovvie ragioni anagrafiche, ma anche e soprattutto per la convinzione dello stesso Rock ‘n’ Rolf che il progetto Running Wild non preveda nulla al di fuori dello studio di registrazione e questo, soprattutto per una band che suona heavy metal, equivale alla morte. Nonostante una produzione finalmente buona e che valorizza, almeno in parte, il contributo di Michael Wolpers dietro le pelli e di Ole Hempelmann al basso, l’alchimia di una vera e coesa band alle spalle è un’altra cosa e questo dobbiamo ammettere che si sente. In considerazione, però, di quanto abbiamo ascoltato e visto negli ultimi anni, non possiamo che rallegrarci e gioire per questo nuovo album, inaspettato e sicuramente il più ispirato dai tempi di The Rivalry e finalmente allineato a quello che il pesante moniker Running Wild rappresenta per migliaia di metallari. Possiamo quindi, ancora una volta, fieri e mai domi sbandierare alto il Jolly Roger, forse un po’ sbiadito, ma sempre efficace per prepararci ad un arrembaggio.
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13
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Riascoltato oggi dopo parecchio tempo, le impressioni sono le stesse di due anni fa. Meglio dei due album precedenti, ma comunque niente di esaltante. Senza infamia e senza lode, siamo ben lontani dai livelli dei loro migliori album. La seconda metà la trovo abbastanza noiosa, per quanto invece nella prima parte ci sono 3/4 brani veramente ispirati. Voto 72 ... di fiducia. |
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12
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a mio parere un buon ritorno ai stilemi del passato.sicuramente un passo avanti rispetto al predecessore e sopratutto rispetto al piu' che deludente Shadowmaker... |
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11
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Adoro gli amburghesi, quindi R n R, da troppo tempo però come si diceva ha mancato il bersaglio e di molto. Questo ultimo non è davvero male, tutte belle a mio giudizio, tranne la title track che secondo me è la peggiore. La migliore in assoluto Black bart |
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10
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Prova decente. Da 61. Però la batteria mi sembra finta anche in questo caso. Per quanto mi riguarda è l'ultimo CD originale della band per il quale ho sborsato dei soldi (ho l'intera discografia) a meno che non torni una band di veri musicisti. |
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9
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Quando mi appresto ad ascoltare uno dei tanti gruppi che hanno contribuito a rendere grande musica come i running wild (i loro primi 5/6 album sono veramente validi (imho) , cerco di rapportarmi ai giorni nostri. Non è sempre facile e mi riferisco ai suoni e alla produzione. La produzione è quella dei nostri giorni e a me sinceramente non piace molto, ma almeno c'è un ritorno a quello che è il loro monicher della loro musica. Il passato non ritornerà più ma siamo (imho) contenti di questo prodotto. |
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8
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Da loro grande estimatore dico solo che nel singolo Black Bart la linea vocale è identica a Jenning's revenge (su Pile of skulls) ed il ritornello uguale anche nelle parole a Black Gold (su Rogues en Vogue).... ascolterò il disco sperando sia solo un caso isolato |
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7
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vale 70 ma nulla di più, e lo dico da fans |
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6
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Recensione ottima che dice tutto. E' un buon disco, visto gli ultimi fatti, con un ritorno a tematiche del passato. Anche a me continua a non convincere la batteria, che sembra sempre artificiale, e la produzione forse un pò troppo moderna, Comunque i bei tempi non torneranno più, ma un buon colpo di coda di Rolf c'è stato. |
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5
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Meglio, molto meglio di quanto mi aspettassi, pur concordando ovviamente con Daniele sul fatto che i tempi d'oro non torneranno... La buona riuscita complessiva è certificata dal fatto che risultano convincenti anche nei passaggi più scontati, tipo Hellectrified, discretamente banale nell'impianto ma cosa non diventa, dopo l'incastonatura del riffone ?  |
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4
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The King hai già detto tutto! Ottima recensione! |
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3
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Ní. Non mi sento di bocciare il disco ma nemmeno posso promuoverlo. Per me, operazione nostalgia e niente più. S.V. |
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2
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quello che volevamo sentire da anni finalmente è nelle nostre mani. l'unica nota negativa per me e' la solita batteria ... non se se c'è una ( o piu' ) persone diero lo strumento ma il suono mi risulta troppo " plasticoso ". comunque bentornato rock'n'rolf ! |
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1
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Concordo in pieno con la recensione, sia nel voto che nel commento. Buon disco che richiama i fasti del passato, anche se non li raggiunge. Si ascolta molto bene e tutte le tracce sono di buon livello. Bentornati pirati! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Black Skies, Red Flag 2. Warmongers 3. Stick to Your Guns 4. Rapid Foray 5. By the Blood in Your Heart 6. The Depth of the Sea (Nautilus) 7. Black Bart 8. Hellectrified 9. Blood Moon Rising 10. Into the West 11. Last of the Mohicans
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Line Up
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Rock ‘n’ Rolf (Voce, Chitarra, Basso) Peter Jordan (Chitarra)
Musicisti Ospiti: Ole Hempelmann (Basso) Michael Wolpers (Batteria)
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