|
27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
|
|
Enslaved - Below the Lights
|
07/04/2018
( 3418 letture )
|
Le luci sono dove tutto avviene, ma nasce tutto nel sottosuolo... Come un bel prato verde e i fiori - le cose che agiscono nel sottosuolo... vermi, foglie morte, insetti, animali morti, tutto ciò che cambia forma e si trasforma in qualcosa di nuovo continuamente..."
Questo è il concetto, estremamente sintetizzato, che per il mastermind degli Enslaved, Ivar Bjørnson, sta alla base di un disco complesso come Below the Lights. Uscito oramai quindici anni fa per la Osmose Production, che aveva seguito il gruppo fin dai tempi di Frost, Below the Lights rappresenta allo stesso tempo la fine di un periodo e l'inizio di una nuova Era per la band norvegese. Se da una parte, infatti, completa quella evoluzione cominciata con il mitico Eld e probabilmente ne è apice assoluto, dall'altra non risulta una vetta di qualità compositiva mai più eguagliata, ma bensì il primo di una lunga serie di dischi, che pur essendo molto diversi tra loro, seguiranno una strada ben delineata fatta di continue sperimentazioni e un graduale “ammorbidimento” del sound in favore di una vena più marcatamente progressive, senza però mai abbandonare le radici black/viking. Se una virata stilistica forte era già arrivata con Eld, tanto criticato all'epoca proprio per il sound quasi rock, e Blodhemn aveva rappresentato quasi un “passo indietro” (termine da prendere con le pinze) verso soluzioni musicali più violente pur continuando l'evoluzione musicale, Mardraum e Monumension (anche se quest'ultimo forse leggermente più sottotono) dimostravano che qualcosa stava sempre di più mutando in casa Enslaved. Il combo di Bergen non era tuttavia certo l’unico in quegli anni a cambiare più o meno lentamente pelle e ad evolversi partendo da basi black/viking. Un discorso analogo infatti può esser fatto con i Borknagar, che soprattutto a partire da The Archaic Course, ma già con The Olden Domain, avevano contaminato la loro musica con il progressive e un tocco di psichedelia, mentre gruppi ancor più sperimentali come In the Woods... e Arcturus si allontanavano quasi del tutto dal loro background estremo. Below the Lights è inoltre il primo disco degli Enslaved a contenere titoli e testi interamente in inglese: il processo di “anglofonizzazione”, già intrapreso con Monumension (contenente tuttavia ancora un brano cantato in norvegese), viene completato in questo album e rappresenta ancor più un segno di evoluzione e cambiamento.
Ad accoglierci in questo viaggio “al di sotto delle luci” troviamo l'intro etereo di As Fire Swept Clean the Earth, summa della maturità stilistica e di songwriting acquisita dal gruppo, ma in particolare da Ivar Bjørnson, principale autore di questo platter, nonché dell'intera discografia del gruppo. L'atmosfera quasi sognante viene presto interrotta dal suono ruvido ma profondo delle chitarre e dalla doppia cassa, che sarà un elemento fondamentale per tutta la durata di questa produzione. La voce di Grutle Kjellson risulta essere ancora una volta una delle migliori forgiate dalle terre del nord, passando agilmente dallo screaming più lancinante, ad un clean calmo e introspettivo, fino ad arrivare al growl più grave, che ben si sposa con la parte centrale, più lenta, di questa opener. La seguente The Dead Stare si configura come un mid tempo roccioso, con un inizio che scatenerebbe del sano headbanging in qualsiasi metallaro, e con una parte centrale in cui si può mettere in luce le ottime doti solistiche della new entry Arve Isdal (a.k.a. Ice Dale), chitarrista dotato di estro e tecnica assolutamente non trascurabili, che pur apportando poco quanto niente a livello di songwriting, si dimostrerà un vero e proprio valore aggiunto per la band. E se in The Crossing la chitarra acustica disegna melodie davvero emozionanti e malinconiche in contrasto con le parti più crude in cui esce il lato più estremo del gruppo, all'inizio della successiva Queen of the Night questo strumento, abbinato addirittura ad un flauto, crea un effetto sonoro dal sapore progressive e quasi jazz (può ricordare i lavori più sperimentali di Herbie Hancock) prima di lasciare spazio ad un'altra bellissima cavalcata black su tempi medi. Anche qui sono da incorniciare i clean vocals che si sposano alla perfezione con il tappeto sonoro. In Havenless tornano addirittura a farsi sentire quei cori dal sapore viking e dalla forte carica epica tanto cari alla formazione soprattutto nei primi lavori. L'apporto appena percettibile delle tastiere è fondamentale per creare un contrasto perfetto con i riff sempre solidi e quadrati delle due asce. L'apertura di Ridicule Swarm fa presagire invece un pezzo più rilassato e dalle tinte ambient, ma l'illusione dura poco: ci troviamo, infatti, davanti ad uno dei pezzi più violenti del lotto, in cui Dirge Rep si scatena con raffiche di doppia cassa e blast beat velocissimi, mentre nel finale, quando i tempi si sono calmati un po', emerge il recitato di Kjellson a dare un tocco di riflessività in più al pezzo. Il finale di A Darker Place è uno degli highlight assoluti dell’album, un passaggio aperto dal tocco delicato della chitarra acustica su cui si erge poi un lungo ed appassionato assolo in cui compaiono i fantasmi dei mostri sacri del rock progressivo, Pink Floyd su tutti, tanto nella tecnica scelta quanto nell'atmosfera malinconica creata.
Below the Lights era e rimane il manifesto di una band che non solo aveva già trovato da tempo la strada da seguire (e che ha seguito praticamente senza nessun sbandamento e soprattutto senza mai fossilizzarsi, né banalizzarsi), ma che rimane una colonna portante all'interno dell'eccezionale discografia degli Enslaved, che si ripeteranno appena un anno dopo con un altro capolavoro intitolato Isa. Ma questa è un'altra storia...
… This dream will haunt you From a darker place Behind the walls Below the lights...
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
5
|
Riascoltato stasera. Album molto bello, migliore di Monumension anche se non al livello di Isa, con cui inaugureranno una serie di releases strepitose. Qui specialmente la prima metà del disco è comunque stupenda. Voto 83 |
|
|
|
|
|
|
4
|
Disco strepitoso, che riascolto a fasi alterne. Insieme a Vertebrae e Axioma sono i tre dischi della "nuova era" che amo di più. Voto 90 |
|
|
|
|
|
|
3
|
Dei for ifra nord Mot ei anna tid Bak låg brende ord Framfor dei ei ny strid
Dei såg såg stormar i det fjerne Men haldt fram og beint Inn mot jordas kjerne Frå tidleg mot seint...ricordo che ascoltai questi versi per la prima volta in uno speciale di Metal Kult dedicato al black metal, in quel momento entrai in contatto per la prima volta con gli Enslaved. |
|
|
|
|
|
|
2
|
Lo sto riascoltando in macchina in questi giorni, ottimo come tutti i loro lavori, l’etichetta black è abbastanza fuorviante perché le atmosfere prog sono belle evidenti e arricchiscono il lavoro. Il gruppo, come al solito, sa dosare bene gli ingredienti che risultano amalgamati alla perfezione, non cercano mai di strafare e raggiungono il risultato prefissato, cioè buona musica con quella ruvidezza aspra nordica di fondo che viene esaltata dalle grida di grutle e dalla voce pulita sempre efficace e evocativa. Voto 80 |
|
|
|
|
|
|
1
|
Uno dei migliori della seconda fase. Voto 88 |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. As Fire Swept Clean the Earth 2. The Dead Stare 3. The Crossing 4. Queen of the Night 5. Havenless 6. Ridicule Swarm 7. A Darker Place
|
|
Line Up
|
Grutle Kjellson (Voce, Basso) Arve Isdal (Chitarra) Ivar P. (Chitarra, Tastiera) Dennis Reksten (Tastiera) Dirge Rep (Batteria)
Musicisti Ospiti Bjørgvin Tungrock Kor (Cori su traccia 5) Gina Torgnes (Flauto su traccia 4) Inge Rypdal (Chitarra su traccia 7)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|