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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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06/02/2021
( 1828 letture )
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Blodhemn è il quarto disco dei Enslaved e può tranquillamente essere definito come un album di passaggio, una sorta di ponte tra il sound più autentico della band, marcatamente black, verso i lidi prog che di lì a breve si paleseranno nel songwriting dei norvegesi: come spesso accade per i lavori di transizione, però, anche questo presenta una sua peculiarità che lo rende un unicum nella discografia del gruppo, e cioè una durezza di fondo che disorientò non poco l'ascoltatore dell'epoca.
La prima novità appare già scorgendo i credits del disco: su Blodhemn, infatti, troviamo una seconda chitarra - quella di Richard Kronheim - che va a rafforzare il muro sonoro degli scandinavi; ma Kronheim non è l'unica new entry dato anche l'esordio dietro alle pelli di Per Husebø, il quale con il suo drumming furioso e ricco di blast beat contribuisce in maniera significativa al risultato sonoro finale. Risultato che, ovviamente, non può prescindere dalla produzione del talentuoso e iperattivo Peter Tägtgren, che qui dà l'ennesima prova di buon gusto dietro il mixer onde ottenere il miglior suono per canzoni ora tetre - Audhumla: Birth Of The Worlds e Suttungs Mjød (Suttungs Mead) - ora veloci e aggressive come ad esempio Urtical Gods e Ansuz Astral, quest'ultima con un Dirge Rep davvero sugli scudi. Le scelte stilistiche future fanno capolino qua e là ma qui siamo ancora in territori black seppure, tornando all'ipotetico metallaro che seguiva gli Enslaved fin dagli esordi, Blodhemn doveva sembrare piuttosto spiazzante data la violenza insita nei suoi solchi: forse chi non fosse stato seguace della band era in un certo senso avvantaggiato, potendosi godere senza pregiudizi e/o aspettative di sorta una Eit Auga Til Mimir (An Eye for Mimir) o la titletrack stessa. Del resto, la tradizione norrena veniva comunque rispettata sia nell'artwork che nei contenuti del durissimo platter in questione, appunto una vera "vendetta nel sangue" ad opera di questi vichinghi armati di chitarre e tamburi pronti a salpare con il loro dreki verso nuove lande musicali.
Ideale salto, come detto, tra una prima fase artistica e la seconda (quella contrassegnata dal trittico successivo) per poi sfociare in una terza da Isa in poi, Blodhemn fu per diverso tempo guardato con sospetto dal pubblico, forse stupito dall'evoluzione in atto; ma in ogni caso, come si suol dire, il tempo è galantuomo e a distanza di anni restituisce dignità a un lavoro particolare e proprio per questo affascinante, il quale pur essendo lontano dal concetto di vero masterpiece si rivela sicuramente meritevole di essere (ri)scoperto e apprezzato per il suo valore storico e non solo.
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4
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Avevo messo 80 ma rileggendo il commento sotto meglio un 90 |
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3
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L\'ultimo disco degli Enslaved che possiedo e che ascolto (praticamente tutti gli album anni 90), dopo pur rispettandoli sempre molto, non mi hanno mai più preso! Questo e il precedente \"Eld\" sono due mezzi capolavori... non dico capolavori totali perchè quelli saranno sempre l\'accoppiata del 94 (inutile nominarli!!!), ma diamine, con i due successivi comunque gli Enslaved sono rimasti con un livello di ispirazione elevatissimo. In questo \"Blodhemn\" magari c\'è più potenza (data soprattutto dalle ritmiche di Dirge Rep, quasi un novello Hellhammer) e la produzione più impattante degli Abyss Studio, ma allo stesso tempo non perde in evocatività ed epicità vichinga, grazie anche ai sempre favolosi riffs gelidi e norvegesi di Ivar (e di Kronheim), e dannatamente incisivi. Disco della madonna per quanto mi riguarda! |
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2
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Certo, arrivare dopo Frost ed Eld comportava un confronto durissimo, le aspettative erano tante. Non raggiunge a mio avviso quei vertici, ma lo reputo assolutamente un album validissimo. A parte l’ultima traccia (molto diversa dal resto del disco), in effetti anche in altri pezzi si possono intravedere alcune soluzioni che farebbero pensare alla futura evoluzione della band. Non però con così tanta evidenza da farmi considerare Blodhemn un vero album “ponte”, in quanto l’approccio generale - forse mai così violento e aggressivo nella discografia degli Enslaved - e il sound mi portano a considerare quest’album ancora parte della prima fase della band. Però brani come Suttungs Mjød, la title-track o Ansuz Astral possono essere considerati come “necessari” per ciò che verrà dopo, questo sicuramente. Come album “ponte” vedo più facilmente il successivo Mardraum. Comunque per Blodehmn 80 ci sta tutto. |
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1
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Per me uno dei migliori dischi della band, diretto e potentissimo con un suono bombastico quasi death metal, sicuramente frutto degli innesti di Roy kronheim e soprattutto di dirge rep uno dei migliori batteristi della scena black, sicuramente non inferiore ai vari hellhammer e frost. Peccato sia sottovalutato e ignorato dalla band, è un po'il Flick of the switch degli enslaved. Per me un disco da 80 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Intro. 'Audhumla: Birth of the Worlds' 2. I Lenker til Ragnarok (In Chains Until Ragnarok) 3. Urtical Gods 4. Ansuz Astral 5. Nidingaslakt 6. Eit Auga til Mimir (An Eye for Mimir) 7. Blodhemn (Vengeance in Blood) 8. Brisinghamen 9. Suttungs Mjød (Suttungs Mead) / Outro 'Perkulator'
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Line Up
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Grutle Kjellson (Voce, Basso) Richard Kronheim (Chitarra) Ivar Bjørnson (Chitarra, Tastiere) Per "Dirge Rep" Husebø (Batteria)
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