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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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20/11/2020
( 4182 letture )
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Utgard nella meravigliosa mitologia norrena è una parte dello Jotunheim ovvero la terra dei giganti nemici degli dei, una terra governata dal gigante UtgardLoki, permanentemente ricoperta di ghiaccio e neve, una terra in antitesi con Midgard. Proprio la stessa Midgard è ritratta nella splendida copertina del disco, assieme ai due corvi di Odino: Huginn e Munnin (il pensiero, la memoria) i quali sembrano trasportarci attraverso le parti più nascoste e oscure del nostro subconscio, un universo musicale messo in musica dagli Enslaved in questo loro nuovo, quindicesimo album in studio.
Ritengo opportuno fare una considerazione preliminare: i ragazzi di Bergen sono in attività dal 1991, Grutle e Ivan al loro primo album avevano meno di vent’anni, ora sono uomini alla soglia dei cinquant’anni con trenta di essi passati a macinare composizioni, album, live e palchi. Un’esperienza e una crescita musicale che pochissime band possono vantare oltre che, una naturale predisposizione alla ricerca perenne di una nuova via, una nuova strada, dettata dalla costante voglia di nuovi stimoli e da un amore viscerale per la Musica, quella con la emme maiuscola, quella che non ha limiti di genere o classificazioni dogmatiche. In Utgard hanno riversato tutto ciò, avvalendosi altresì della nuova linfa e vena compositiva portata dagli ultimi innesti alla line-up: Vinje alle tastiere e Sandoy dietro alle pelli, entrambi per altro sono inoltre le due nuove clean vocals nelle composizioni di questo disco, rafforzando in alcune composizioni l’aspetto marcatamente viking e dando ad altre invece un timbro “post”. Un disco quindi che intraprende per molteplici motivi un nuovo percorso, un cambio di pelle necessario agli Enslaved, come già han fatto, come quasi sicuramente torneranno a fare. Con Utgard siamo di fronte quindi ad un’opera che non può essere smembrata o categorizzata traccia per traccia, è un’opera che va vista e letta come una grande forma, poiché qui ogni tassello è stato incasellato al giusto posto nel giusto momento.
Veniamo ora alla parte sonora: in Utgard la produzione è cristallina e potente, basso e batteria sono fortemente enfatizzati sulle medie-basse frequenze, scelta che mette in luce i suoni delle chitarre e soprattutto delle voci in ogni loro declinazione, dai cleans, ai cori, alle parti più scream e “sporche”, una prova vocale di tutti i membri della band veramente da plausi. Le tastiere giocano un ruolo fondamentale, non sono mai invasive e creano un susseguo di climax e atmosfere uniche. Una scelta generale di suoni ottimamente bilanciata, considerando anche i molteplici stili e repentini cambi che vengono esplorati ed utilizzati in questo album. Parlando delle composizioni, un altro aspetto che balza alla vista è la durata media dei brani, nettamente inferiore alla media dei precedenti album, brani anche strutturalmente più “semplici” rispetto al passato, che ad un sommario ascolto possono sembrare senza troppo carattere ma, Utgard è un disco che si rivela per ciò che è dopo molteplici ascolti.
Fires In The Dark apre le danze, dopo una lunga introduzione i ritmi si fanno subito sostenuti, a caratterizzare questo pezzo ci sono cambi di tempo e di atmosfera e passaggi vocali tra scream e clean che si succedono ripetutamente, ottimi i cori davvero evocativi e onirici. Jettegryta trasporta la mente senza nessuna interposizione ai tempi d’oro del viking-black anni novanta, aggressiva ed evocativa come i migliori Bathory insegnarono al mondo, si contraddistingue per un repentino ed inaspettato cambio di clima in una lunga seconda parte quasi prog sperimentale. Sequence invece è caratterizzata da un andamento black’n’roll che sfocia in una parte centrale sognante ed atmosferica, le tastiere e le voci la fanno da padrone con linee melodiche molto evocative e di rilievo, per poi tornare ai ritmi iniziali in chiusura. Sulla falsa riga segue Homebound, la quale parte in maniera serrata con ritmiche ai limiti del black metal per poi gettarsi in un ottimo break melodico e ritornare ad accelerare in una parte finale caratterizzata da un pregevole lavoro melodico delle chitarre. Con Utgard, brano omonimo, troviamo un break d’ascolto, un particolare ponte musicale con un piglio elettronico e una profonda voce, ci traghetta alla seconda parte del disco e, alla vera sorpresa: Urjotun un brano elettro-rock con suoni che ricordano i vecchi synth degli anni ottanta a cui i nostri incastrano linee vocali e timbriche tipicamente metal, un’esperienza musicale senza dubbio che merita da sé molti e molti ascolti. A riportarci in territori marcatamente viking ci pensano Flight Of Thought And Memory e Storms Of Utgard , piacevolissimi richiami a Quorthon & Co. permeano questi brani, con atmosfere, cori e ritmiche fluide e piacevoli. Ad attenderci in chiusura ci aspetta infine Distant Seasons, altro brano inaspettato e sorprendente, con atmosfere sognanti e oniriche, qui le voci creano bellissime melodie, una canzone in se davvero delicata e pregevole.
Catalogare Utgard in un genere è limitativo e impossibile, i richiami e la voglia di ricercare nuove soluzioni non lo permettono, dopo molteplici ascolti si può dire sia sostanzialmente un album (quasi)avantgarde, nel termine più veritiero: in quanto trasversale, basato sulla sperimentazione e sulla voglia di aprirsi nuove strade. In questa direzione gli Enslaved si sono sempre mossi in fondo, navigando tra tutte le loro influenze e esperienze hanno realizzato un album che immediatamente annichilisce, ridimensionando tutte le certezze di chi è si aspetta un album di metal estremo e che, ascolto dopo ascolto si rivela per ciò che in realtà è: un’opera musicale estremamente stratificata e di una caratura grandissima.
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18
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Gli Enslaved post Blodhemn, cioè più \"prog\" non riesco ad assimilarli. Hanno momenti validi, ma un disco intero non lo digerisco. Fino a Blodhemn compreso invece li amavo tantissimo. |
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17
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Album elegante.. Forse \"troppo\" progressivo per i miei gusti, però c\'è classe. |
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16
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Grande disco che ho scoperto durante queste fredde giornate di febbraio, sono loro fan dagli inizi e hanno avuto una progressione artistica inarrestabile. Consiglio a grutle di sfruttare al massimo la voce pulita del batterista, in homebound i suoi passaggi sono da pelle d\'oca |
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15
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Passione e amore viscerale per quello che fanno e per i temi trattati li posizionano davanti a tutti sulla scalinata che porta tutte le bands norvegesi verso il picco più alto della Jötunnheimen. Enormi. |
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13
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gruppo sulla scena da 30 anni, hanno mantenuto, nel corso della loro carriera , livelli sempre piuttosto alti nelle loro varie releases via via pubblicate. quest'ultimo Utgard l'ho trovato particolarmente piacevole ed avvincente. Alcuni momenti sono addirittura esaltanti. Disco più conciso e meno 'stucchevole' rispetto agli albums degli ultimi anni, qui si riesce ad apprezzare in pieno il connubio tra Viking (Black) Metal ed il Progressive (Metal) proposto dai cinque norvegesi. Disco che cresce ascolto dopo ascolto (e che spero non cresca ulteriormente sennò dopo il cd sono costretto a comprarmi anche il vinile, con quello che costano!!). voto 8+ 81\100 |
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12
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Gruppo che conosco poco, anche se li ho visti dal vivo. Questo album dopo 5 giri sta iniziando a salire. Continuerò ad approfondirlo perché lo merita, ma per il momento mi astengo dal dare un voto. Vediamo dove arriva  |
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11
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...un buon disco...negli anni si sono evoluti….alla ricerca di nuovi soluzioni...tra i migliori gruppi usciti dalla Norvegia…. |
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10
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Concordo con gran parte dei commenti e anche con la bella recensione, ma se il precedente "E" lo ascolto ancora con piacere, questo nuovo album - pur riconoscendone l'obiettiva riuscita e bellezza - non mi cattura minimamente; il motivo lo ritrovo soprattutto nei suoni, che mi paiono fintissimi e la compressione che sento sulle chitarre e sulla batteria mi da veramente sui nervi in un contesto come quello degli Enslaved. E io con queste cose mi incarto di brutto, perché poi non riesco a fruire della musica se i suoni non mi piacciono o convincono; questo è il caso. |
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9
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Disco a parer mio enorme che dimostra, ancora una volta, la grandezza di questa band che non si pone limiti di genere per creare musica. L'intensità e le emozioni crescono a pari passo con gli ascolti. Bravissimi |
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8
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Anche per me uno dei top album del 2020. Premesso che per me gli Enslaved non sbagliano un album da secoli (almeno da Isa), negli ultimi album (da Riitiir in avanti) forse si poteva riscontrare una certa prolissità che li rendeva pesanti. In particolare il penultimo E lo trovavo un po’ ampolloso. Pertanto ho apprezzato moltissimo la concisione di questo nuovo lavoro, soprattutto alla luce del fatto che l’aver composto brani meno dilatati NON HA implicato assolutamente la perdita di alcuna sfaccettatura del loro stile peculiare e allo stesso tempo si è mantenuto un livello di songwriting sempre alto. Grande ritorno! Voto 87 |
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7
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Il loro miglior disco degli ultimi anni. Voto 90 |
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6
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Per un'altra band sarebbe stato il capolavoro della carriera, per loro è un'uscita come un'altra. Comunque è un disco veramente valido che si lascia ascoltare piacevolmente e che ha dei riff molto belli e trascinanti. Incredibili, gli Enslaved, anche quando non si sforzano sono sempre bravissimi. |
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5
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Gli Enslaved sono come il pane, che sia una biga, un filone, una mantovana, una ciabattina, una rosetta, pan focaccia, pane alle olive, pane di segale e chi più ne ha ne metta son sempre buoni.... |
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4
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Come detto in recensione, qui e altrove, sembra un disco semplice rispetto ai loro standard, ma va ascoltato a fondo e più volte. Sicuramente di breve durata, ma riassume, come la copertina, le loro diverse sfaccettature degli ultimi 20 anni. Promossi come al solito a pieni voti. |
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3
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Mi riservo di ascoltarlo meglio, ma la prima impressione è stata ottima. "Distant Seasons" è una perla... |
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2
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Ho ancora il cd sigillato, in attesa del moemnto giusto. Però l'ottima rece e il commento du Marquis mi obbligano all'ascolto una di queste sere uggiose... |
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1
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Dopo E che aveva alternato pezzi notevoli ad altri meno brillanti, questo Utgard mi è invece piaciuto molto. Fuori discussione che si tratta di un gruppo di altissimo livello e che ha sempre prodotto ottime cose. Qui, come accennato nella recensione, si ha l'impressione che i brani siano a volte semplici nella forma canzone ma il songwriting è sempre coinvolgente e nel complesso mai banale. Ho particolarmente apprezzato le parti più prog e atmosferiche. Tra le migliori uscite di questo poco entusiasmante 2020. Au revoir. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Fires In The Dark 2. Jettegryta 3. Sequence 4. Homebound 5. Utgaror 6. Urjoton 7. Flight Of Thought And Memory 8. Storms Of Utgard 9. Distant Seasons
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Line Up
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Grutle Kjellson (Voce, Basso) Ivan Bjornson (Chitarra, Voci) Arve Isdal (Chitarra) Hakon Vinje (Tastiere, Voci) Iver Sandoy (Batteria, Voci)
Musicisti ospiti: Inger Sunneva Peersen (Voce sulla traccia 9) Sonja Elisabeth Peerson (Voce sulla traccia 9) Martin Horntveth (Percussioni, Glockenspiel, Rototoms, Chimes, Tastiere su traccia 3)
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RECENSIONI |
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ARTICOLI |
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