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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 9045 letture )
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A distanza di due anni esatti dall'uscita di Labyrinth, un album che aveva segnato la svolta per la band toscana, con l'allontamento del fondatore Olaf Thorsen e il netto cambiamento di sound, ritroviamo i Labyrinth impegnati in questo Freeman, un disco studiato a fondo e probabilmente la migliore produzione dai tempi di Return To Heaven Denied. Ma da allora molte cose sono cambiate: in primis il suono, sempre meno legato a stilemi power ma molto più vario ed articolato. Aggiungiamo a questo una buona dose di sperimentazione (soprattutto nelle tastiere di Andrea De Paoli) che aveva fatto la fortuna del combo toscano all'epoca del debut Piece Of Time, l'inserimento di un valido chitarrista come Pier Gonella e troviamo i Labyrinth di oggi: una band in splendida forma e finalmente con uno "stile" proprio. Uno stile molto variegato, che spazia dal thrash al progressive più melodico, dai passaggi quasi jazz di Face And Pay al power complesso e articolato di Dive in Open Waters. La pecca principale di questo Freeman è sicuramente la produzione, meno precisa e potente rispetto al disco precendente (niente a che vedere con gli orrori di Sons Of Thunder sia chiaro!). La batteria di Mattia Stancioiu ne esce dunque penalizzata ma anche le chitarre in alcune passaggi avrebbero meritato maggiore incisività. Il disco si apre con L.Y.A.F.H., una song power-progressive di grande impatto, con ottimi spunti sia nella strofa che nel ritornello. Deserter riprende le atmosfere della bellissima Just Soldier (migliore canzone di Labyrinth) sia a livello di lyrics che di sonorità in maniera davvero convincente. La seguente Dive in Open Waters è invece una delle canzoni più veloci scritte dai Labyrinth ma è con la successiva Freeman che i Nostri raggiungono l'apice per intensità e capacità di trasmettere emozioni. Ritornano i richiami di elettronici nelle tastiere di De Paoli in M3, una canzone dalle chiare attitudini progressive con un ritornello easy-listening ma non per questo meno valido e banale. La sperimentazione di Face And Pay porta a contaminazioni jazz, thrash e a spunti più catchy e riassume i Labyrinth di oggi: una perfetta armonia tra elementi completamente diversi e che rende unico il sound del sestetto toscano. Nothing New, assieme a Meanings, è la canzone più vicina a quanto fatto dalla band prima di Labyrinth. Colpiscono per intensità Infidels e Malcom Grey, dove Roberto Tiranti sfodera una delle sue migliori prove di sempre, arrivando quasi a "recitare" e a dare una impronta incredibilmente drammatica alle atmosfere di queste due canzoni. Un disco dunque che ci restituisce una band in piena forma e che ha ancora molto da dire.
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VOTO LETTORI
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83.09 su 428 voti [
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12
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Freeman è una Meraviglia sonora...bellissimo Disco..molto sottovalutato a parer Mio...voto 89 |
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11
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Nonostante la solita produzione* |
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10
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Lo stavo riascoltando qualche giorno fa. Per me è stupendo, dopo Return e l'omonimo lo piazzo sul podio dei loro migliori lavori. È fresco, nonostante la colpita produzione imperfetta, ma ogni brano è favoloso. Voto 83 |
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9
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il top per me ,della loro produzione |
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8
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Dei Labÿrinth ho comprato tutto. Mi pare, quindi, abbastanza ovvio considerarmi un estimatore della band toscana. Trovo, però, che Freeman rappresenti, nella loro nutrita discografia, l'apice compositivo in assoluto: introspezione lirica e musicale come mai vista prima, una sensibilità incredibile immersa in arrangiamenti audaci e di classe e, non da sottovalutare, una produzione in grado di non suonare vecchia o plastificata dopo qualche anno. Un disco dal quale traspare al meglio l'identità artistica dei singoli, attraverso prestazioni di un'intensità e di una compattezza che non si erano ancora apprezzate (e che neppure successivamente riusciranno a eguagliare). Prendere singole tracce ad emblema di quanto dico sarebbe un po' riduttivo, tuttavia, vale la pena menzionare L.Y.A.F.H., Dive In Open Waters, Freeman, la strepitosa Malcom Grey e la conclusiva Meanings. Metal? Rock? Prog? Power? Alternative? Niente di tutto ciò eppure, al tempo stesso, ognuna di queste influenze sono contenute in un'opera il cui spessore artistico non è stato colto a sufficienza. Sfortunatamente, aggiungo... Se è vero che il tempo è galantuomo, spero proprio che fra qualche anno si dia il giusto credito al lavoro più coraggioso e rappresentativo del potenziale di questi musicisti. |
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7
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Dov'è la passione? Dov''e la grinta ? Ne sembrano del tutto sprovvisti, band molto scadente enorme te sopravvalutata |
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6
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Canzoni banali con soli veramente senza senso che non dicono niente. Merita (e tanto) solo Tiranti. |
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5
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secondo me i labyrinth hanno fatto grandi album!....speriamo che si riconfermino grande band anke con questo nuovo album! |
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4
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Bel disco...gruppo sottovalutato |
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3
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un disco fantastico, che conosce l' unico punto debole nella title-track, ma che risulta essere talmente ricco di perle progressive da meritare l'appellativo di capolavoro |
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2
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gran disco....mi aspettavo un secondo disco viola tipo return to heaven denied part. II...ma hanno superato le mie aspettative |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. L.Y.A.F.H. 2. Deserter 3. Dive in Open Waters 4. Freeman 5. M3 6. Face And Pay 7. Malcolm Grey 8. Nothing New 9. Infidels 10. Meanings
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Line Up
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Roberto Tiranti - vocals Andrea Cantarelli - guitars Pier Gonella - guitars Andrea De Paoli - keyboards Cristiano Bertocchi - bass Mattia Stancioiu - drums
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