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Uriah Heep - Return to Fantasy
23/12/2023
( 1482 letture )
La vita di una band, di qualunque band, presenta sempre il conto. Semplicemente perché la velocità e la pressione con cui tutto accade, a un certo livello, sono insostenibili, per chiunque. Perché non è una vita scandita da eventi normali e routinari, anche quando presenta elementi consuetudinari, come registrare un album e andare in tour. La verità è che è difficile non farsi distruggere da certi ritmi, dal non avere una casa per mesi, dalla cattività obbligata dei tour bus, dalle diete irregolari, dalla droga e dall’alcol che troppo spesso arrivano a complicare un qualcosa di già precario e "magico", come l’alchimia tra giovani musicisti, alle prese con una carriera che fa di tutto per bruciarti più velocemente di quanto vorresti.
Un percorso questo che inevitabilmente distrusse nel giro di pochi anni anche una macchina da guerra come gli Uriah Heep. Band amatissima, capace di rilasciare album di successo e di grande spessore uno dopo l’altro e andare subito in tour, senza sosta, anche per tenere in piedi la precaria situazione finanziaria dell’etichetta Bronze. Dal 1970 in poi il gruppo rilascerà otto album in cinque anni, un ritmo da spezzare chiunque. Specie se, nel frattempo, le cose non vanno più bene come un tempo. In particolare, sono due gli ordini di problemi: il primo è di carattere esterno, il secondo e più grave, interno. Con Sweet Freedom e Wonderworld, infatti, la band ha allargato un po’ la propria tavolozza ispirativa, rinunciando alle tematiche fantasy e inserendo influenze musicali più ampie. La cosa non piacque al loro pubblico e alla critica, che dopo averli massacrati fin dall’inizio, trovò il verso con un’acrobazia degna della miglior faccia di bronzo, di rinfacciare loro di essere "cambiati"; a questo, come detto, si aggiungeva la pressione proveniente dall’esterno per continuare a buttare fuori dischi su dischi e tour su tour, incessantemente. Il secondo problema fu quello più grosso: la dipendenza da eroina del bassista Gary Thain e quella da alcolici del cantante David Byron. Il quale, peraltro, era anche impegnato in una sorta di gara di celebrità col tastierista, leader e principale compositore, Ken Hensley. Una serie di problemi che inevitabilmente, mineranno la band. Thain sarà costretto a lasciare la band, sia a causa della sua dipendenza, sia a causa di uno shock elettrico patito sul palco, che obbligò gli Heep a cancellare metà tour di Wonderworld posticipando le date. Un’intervista particolarmente critica nei confronti del proprietario dell’etichetta, Jerry Bron, sarà il preludio al licenziamento. Al suo posto, arriverà l’ex King Crimson John Wetton. Un rimpiazzo di lusso che darà nuova stabilità alla line up, da un punto di vista comportamentale e compositivo, ma che inevitabilmente aprirà il valzer dei cambi di formazione ormai anch’esso inevitabile e che andrà a toccare da lì a poco proprio David Byron.

Con queste premesse, il tentativo compiuto dalla band di riprendere la rotta dopo due album comunque molto validi, criticati però in modo forte, arrivò con Return to Fantasy, titolo che già diceva tutto, in materia di orientamento lirico e compositivo. Almeno, nelle intenzioni sbandierate. Basta infatti l’attacco della titletrack a proiettarci lungo le coordinate più familiari degli Huriah Heep: magia, mistero e romanticismo. Ritmo sostenuto, con un ottimo Wetton a sostenere la bella linea melodica e il refrain vincente, in un brano dominato letteralmente dalle tastiere di Hensley, nel quale la chitarra è a malapena udibile, a rimarcare l’atmosfera magica. Purtroppo, la splendida prima traccia non viene seguita da altrettanto spessore compositivo: Shady Lady dopo una ottima partenza, si rivela in realtà brano piuttosto debole, con un’atmosfera più rockeggiante e vicina addirittura al glam, nella quale Byron avrebbe dovuto giganteggiare e dove invece colpisce soprattutto il grandioso Kerslake. A suo tempo, la successiva Devil’s Daughter venne letteralmente massacrata, al pari della precedente, ma la sua evidente somiglianza ad altri brani del gruppo (a partire da Easy Livin’) non deve ingannare sul risultato finale, più che dignitoso, in particolare per la bella parte solistica centrale, con finalmente Box libero di rispondere a Hensley. Certo, anche il finale così mal speso non sembra deporre a favore di una grande ispirazione e non sarà la sola conferma. Fortunatamente, da qui il disco torna su altri livelli: Beautiful Dream è un piccolo grande capolavoro di Hensley, uno di quei brani dimenticati che sarebbe ora di riscoprire, con Byron che anticipa di quasi un decennio un certo King Diamond sul finale e un’atmosfera orrorifica vincente. Prima Donna fu il singolo prescelto e riprende certe idee dei due dischi precedenti, con tanto di sezione di fiati e atmosfera rock’n’roll; buon pezzo, piacevole e ben fatto, forse con un mixaggio non proprio ottimale, che schiaccia e sgrana un po’ gli strumenti melodici a favore della sezione ritmica e dei cori, in forte evidenza nel refrain. Ancora Wetton a dettare legge nella ballata Your Turn to Remember, blues dal buon ritmo sul quale Byron conferma tutta la sua classe, sorretto da cori usati in maniera più canonica e del tutto diversa a quella a cui gli Heep ci avevano abituato in precedenza, come nel brano precedente. Showdown rialza il voltaggio e riscopre ancora l’amata slide guitar da parte di Mick Box, per un brano alla Spider Woman piuttosto classico nel repertorio della band, ma non per questo meno coinvolgente ed è sempre un piacere sentire il chitarrista così lanciato. Altra ballata, quasi con retrogusto western, Why Did You Go è un pezzo di alto livello, romantico e pieno di pathos, che finisce davvero in modo troppo brusco. In altri tempi, l’elemento prog avrebbe probabilmente preso il sopravvento e creato un pezzo epico e indimenticabile, che qua resta nella penna e nelle intenzioni. A Year and a Day è opera del solo Hensley ed è con la titletrack il brano che più si avvicina alla storia del gruppo, con ottimi risultati, a conferma di quanto certe sonorità fossero ancora in grado di uscire dalla fantasia compositiva del tastierista, seppure, anche in questo caso, con un finale aperto che lascia l’amaro in bocca per la mancanza di quell’afflato epico e magico che ne avrebbe statuito l’immortalità toccata ai suoi predecessori.

Generalmente accolto con più ampio favore dei precedenti e per questo spesso salutato come un ritorno ai livelli di loro competenza, in realtà Return to Fantasy è nel complesso senza dubbio inferiore ai due dischi predecessori. Non bastano infatti alcuni ottimi brani a tirar su un buon album portato a casa con esperienza da una band comunque di livello superiore, che stava però cominciando a perdere colpi in maniera evidente. Lo sbandierato ritorno alle atmosfere dei primi album resta in gran parte inevaso e le influenze blues e rock emerse nei due dischi precedenti continuano a imperversare per gran parte della scaletta, relegando la componente prog ed epica a qualche sporadica comparsa. Probabilmente, più tempo a disposizione avrebbe giovato alla crescita di brani sicuramente validi, ma troppo "veloci" nella scrittura e non maturati a dovere, con un grande Wetton buttato dentro a corsa e, pur ottimol, sicuramente poco "sfruttato". Il risultato, insomma, fu un disco senz’altro valido, questo resta chiaro, sicuramente superiore al successivo High and Mighty, canto del cigno di David Byron e ultimo disco con John Wetton, ma tutt’altro che imperdibile. Resta naturalmente parte dell’epoca "mitica" degli Uriah Heep e contiene qualche traccia che potrebbe comparire a buon titolo in un ipotetico "Best Of" del gruppo, ma non fu certo il disco capace di dare una svolta a una inerzia ormai irresistibile. La vita di una band presenta sempre il conto, prima o poi.



VOTO RECENSORE
77
VOTO LETTORI
85.6 su 10 voti [ VOTA]
Masterburner
Giovedì 28 Dicembre 2023, 20.33.53
10
Un disco con qualche gran pezzo e il resto comunque più che piacevole... e suonato da dio. Voto giusto
Mariner
Giovedì 28 Dicembre 2023, 15.36.58
9
La title track è un capolavoro, discrete Shady Lady, Devils daughter, Beautiful dream e You turn to remember, il resto sa un po\' di riempitivo, voto 70
Aceshigh
Martedì 26 Dicembre 2023, 10.28.03
8
Grande album questo qua!!! Onestamente non l’ho mai sentito inferiore ai due che lo precedono. Anzi, sempre secondo le mie preferenze, sul filo di lana lo preferisco anche. La title-track ovviamente sugli scudi, uno dei loro pezzi che non mi stancherei mai di ascoltare, a cui però si aggiungono almeno Beautiful Dream, A Year and a Day, ma anche Shady Lady. Per quanto fatto almeno fino a The Magician’s Birthday (5 album in 2 anni e mezzo… e che album), anche secondo me se la potevano giocare con tutti. Voto 85
Epic
Domenica 24 Dicembre 2023, 21.53.20
7
Per me invece loro sono stati superiori a tutti, Deep Purple compresi, altroché. L\'era Byron è di una perfezione mai uguagliata da nessuno. E anche negli anni successivi hanno portato avanti una carriera di tutto rispetto.
Tino
Domenica 24 Dicembre 2023, 11.51.36
6
Ma anche i grandi classici tipo Maiden Judas saxon ACDC Scorpions kiss?
LAMBRUSCORE
Domenica 24 Dicembre 2023, 11.28.14
5
So che verrò linciato nei cessi delle osterie più marce della bassa, ma in questo genere, come in molti altri rock/ metal, ecc.. ho sempre fatto fatica ad ascoltare un album intero, \"problemi\" miei, ovvio. Poi per me gli U.H. sono stati dei geni, questo disco ha almeno 4 o 5 pezzi da studiare fin dall\'asilo...
Rob Fleming
Domenica 24 Dicembre 2023, 9.15.04
4
@Diego75, ti posso assicurare che diciamo sino a Magician\'s (per me il loro capolavoro indiscusso ed uno dei dischi più belli che io abbia mai ascoltato) se la giocavano alla pari con tutti. I Deep Purple sono i miei preferiti e ovviamente sono superiori. Ma lo sono nei confronti di tutti quando hai a disposizione i più grandi solisti e cantanti dell\'epoca (dovrei scrivere \"per me\", ma non lo faccio). Ed anche i tre con John Lawton e Sea of Light sono album mostruosi, più rock and roll quelli con Lawton e prettamente hard quello che Shaw. Ora come ora (a parità di epoca) poi non c\'è partita; gli Heep sono già al traguardo a festeggiare mentre ai Purple mancano ancora tre giri per arrivare.
Diego75
Sabato 23 Dicembre 2023, 20.21.15
3
Non sono un grandissimo fans della band...li vidi moltissimi anni fa' live a Toscolano Maderno sul lago di Garda...mi fecero una buona impressione live...ma a questa band alla fine manca quel mordente tanto caro che hanno per esempio i Deep purple ...che loro non hanno...ecco di tutta la discografia salverei soltanto questo disco e abominong del 1982...comunque a return do un bel 85.
Rob Fleming
Sabato 23 Dicembre 2023, 17.52.41
2
Return to fantasy è uno dei loro brani più belli: regale, sognante con un ritornello da favola. In Beautiful Dream (epic-dark?) Byron sfida Rob Halford al suo stesso sport. Mi piace anche A Year and a Day che ci rispedisce agli esordi. Certo che sentire gli Heep a fare il verso a Ziggy Stardust è strano, ma a me Shady Lady e Primadonna piacciono. Comunque lo ritengo un album più che buono (e poi John Wetton è sempre John Wetton anche come "solo" bassista). 80
Epic
Sabato 23 Dicembre 2023, 17.18.26
1
Gli UH dell'era Byron sono stati i più grandi al mondo, solo capolavori. Voto 87
INFORMAZIONI
1975
Bronze Records
Hard Rock
Tracklist
1. Return to Fantasy
2. Shady Lady
3. Devil’s Daughter
4. Beatiful Dream
5. Prima Donna
6. Your Turn to Remember
7. Showdown
8. Why Did You Go
9. A Year or a Day
Line Up
David Byron (Voce)
Mick Box (Chitarra)
Ken Hensley (Tastiera, Chitarra, Sintetizzatore, Cori)
John Wetton (Basso, Mellotron, Cori)
Lee Kerslake (Batteria, Percussioni, Cori)
 
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