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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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30/03/2024
( 1252 letture )
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Abominog incarna il quattordicesimo capitolo da studio della celeberrima e longeva band britannica. Gli Uriah Heep diffondono l’album nel marzo 1982, in Europa, e il 12 luglio negli Stati Uniti. Dopo il precedente disco titolato Conquest, il leader Mick Box decide di rifondare totalmente il gruppo, con quattro nuovi ingressi in formazione, rivoluzionando interamente lo status quo. Quando la line-up precedente si disintegra, Box considera per alcuni momenti la creazione di un ensemble completamente nuovo di zecca, ma alla fine sceglie di continuare con il monicker che tante soddisfazioni aveva raccolto fino a quel momento. Questo 33 giri è il primo di tre album a presentare sia il cantante Peter Goalby, che il tastierista John Sinclair, segnando anche il ritorno del batterista Lee Kerslake nella band; il suo precedente abbandono era stata provocato da forti dissapori con il management della band. Questo nuovo lavoro fa sì che la sezione ritmica venga formata da un duo già ampiamente rodato: Kerslake e il bassista Bob Daisley, infatti, facevano coppia fissa nella band di Ozzy, nell'era Blizzard of Ozz, prima che la moglie-manager del Madman li licenziasse. Il vinile viene registrato tra l’ottobre e il dicembre 1981 presso gli studi Roundhouse di Londra, e vede alla produzione Ashley Howe: quasi 42 minuti di musica suddivisa in 10 brani, per la metà originali e per il restante 50 % rifacimenti di pezzi altrui.
Copertina totalmente folle che presenta un’opera capace di includere ben 5 brani cover: On the Rebound di Russ Ballard, Hot Night in a Cold Town di John Mellencamp, Running All Night dei Lion (di Gary Farr), That's the Way That It Is di Paul Bliss e infine Prisoner dei Sue Saad and the Next. Insomma, una scelta della scaletta davvero molto strana e peculiare, mentre i brani originali vengono scritti dall’intera nuova formazione, che appone la propria firma sulle restanti cinque song. Too Scared to Run apre la via con i sapori british classici e tipici della NWOBHM, le chitarre circuiscono, la voce va alla grande, il ritmo è spedito e il chorus fa centro, ottimo inizio anche grazie all’arroventato solo incrociato tra guitar e hammond, subito seguito da Chasing Shadows che ammicca a qualche afflato pop, con le key onnipresenti e un ritornello strizzante l’occhietto alle classifiche. Ne esce fuori un brano molto carino, con cori incrociati non sempre chiarissimi per colpa di un mixing non integerrimo, mentre squisito è il solo delle tastiere che lancia un bel solismo di Mick Box. On the Rebound del grande Russ Ballard, artista coverizzato spessissimo, rappresenta un salto nell’America che si dibatte tra ispirazioni elettroniche, striate rock/AOR e rinascite di matrici hard; un pezzo reso molto bene dalla band che eccelle nei cori. Hot Night in a Cold Town, altra cover, è una canzone sofisticata con il pianoforte in grande evidenza, resa pregevole di un AOR con un certificato di chiara matrice a stelle e strisce, arricchita da un grande lavoro dei tasti d’avorio e del singer, coadiuvato da buone coralità assortite. Running All Night parte da un riff che ha germi seminali che si specchiano nel super classicissimo Smoke On The Water, e si sviluppa come una buona hard song di maniera; That's the Way That It Is si configura come il singolo della band con i risultati commerciali più elevati degli anni '80, avendo raggiunto il numero 25 nelle classifiche rock, e si connota come un brano (cover) brillante e di astutissimo feeling d’oltreoceano, condito da coralità pompose, incontrando i gusti dei fan allocati negli States. Prisoner, ennesima cover, funziona bene anche nelle mani britanniche dell’ensemble che ormai ha virato verso un sound più pop, mentre Hot Persuasion è una bella sventola hard che nasce da una iniziale profusione organistica inquietante, poi scocca un 4/4 secco come una frusta pronta a saccheggiare, grazie a chitarre sagaci, punteggiature gelide delle tastiere e uno spirito settantiano che sale in cattedra, con tanto di assolo della sei corde caotico e irrefrenabile. Si va verso il termine del disco, Sell Your Soul con i suoi 5 minuti e mezzo si abbiglia da suite furiosa, sospesa tra intenzioni metalliche, distillando note taglienti e flavour imbevuti nel whisky e nel blues, mentre la finale Think It Over è un auto rifacimento di un pezzo uscito sotto il monicker del gruppo quando era titolare un’altra line-up, infatti le firme sono a nome di Sloman-Bolder, rispettivamente cantante e bassista: intrigante la resa quasi lunare e l’inciso melodico e gustoso, senza rinunciare a chitarre appuntite e al richiamo settantiano.
Abominog si svela come un album importante nella storia della band: dal punto di vista artistico rappresenta un reale e concreto punto di svolta, mantenendo in se coordinate hard e prestando ascolto alle origini metal britanniche in piena esplosione, assimilando, senza nessun pudore o remora, le coordinate poppettare di band immense che hanno scritto la storia AORistica degli USA e non solo. Il sound appare modernissimo, chiaramente per quell’epoca, e viene incentrato su riff rocciosi di chiara ispirazione NWOBHM, inserendo sorgenti melodiche che creano un coacervo interessante e particolare, ancora piacevolissimo da riscoprire dopo oltre 40 anni. Non certo un capolavoro, ma questo disco degli Uriah Heep risulta fresco e piacevolissimo ancora a distanza di tante decadi; magari un po’ indeciso sulla strada definitiva da scegliere, ma decisamente invitante, nonostante mezza scaletta sia composta da song altrui. In ogni caso, la bravura della band si estrinseca nel rendere tutte le cover parte integrante della vena compositiva della band, in quei tempi, cosa non da poco. Disco sicuramente da riprendere in mano, per degustare le tante gradazioni musicali intrecciate e rapprese tra questi solchi.
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19
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E\' uno dei quei casi di band anni 70 di cui preferisco la produzione successiva a quel periodo. Gli UH storici, quelli che hanno fatto la storia onestamente non mi prendono un granché, mentre questo é Il loro unico album che conosco bene, anche per via di una line up pazzesca!
In questo disco direi che viene proprio sottolineato il fatto che siano stati una band molto influente per le correnti che sarebbero proiprio partite dagli anni 80.
La copertina non la definirei orrenda ma efficace perché fa presagire un indurimento del tutto e infatti così fu... qui direi che c\'é un buona combinazione di AOR Americano con un po di Heavy Metal del loro paese quindi riuscirono ad essere attuali. Se avessero fatto New Wave allora li si che si sarebbero snaturati.
Un album interessante! |
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18
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...buon disco....ma ho sempre preferito i primi album......un altro livello.... |
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Bel disco....la copertina da WC |
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Miglior album degli Uriah Heep negli anni ‘80, direi anche abbastanza nettamente (sebbene a me piaccia anche il successivo Head First). Per me migliore anche degli album con Lawton, che sono comunque belli. Magari qui qualche cover di troppo, cover che rappresentano secondo me il lato meno interessante del disco, mentre i pezzi composti dalla band sono spettacolari, Too Scared to Run, Sell Your Soul e Think it Over in particolar modo. Per superare la qualità di Abominog poi bisognerà aspettare più di dieci anni, fino all’uscita del meraviglioso Sea of Light. Voto 83 |
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15
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Comprato all epoca anche per la cover, oltre che per aver letto la relativa review. Se andiamo a vedere le cover pubblicate in ambito thrash, death, black, doom della decade per antonomasia dell hard&heavy, era perfettamente coerente con quanto pubblicato dalla stragrande maggioranza degli acts. Solitamente erano mostriciattoli, streghe e ambiti da rogue street a farla da padroni. Doveva essere proprio così per creare attrattiva per il pubblico giovane e metallaro. Per me, cover art. 🤟🎸 |
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Mai apprezzato, anche se loro li adoro. La copertina poi... urgh. |
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Ma certo, il più gran regista di tutti i tempi assieme a Fragasso e Andrea Bianchi. Gli altri possono accompagnare solo. |
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12
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Bruno Mattei era un genio |
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Ah volevo anche dire che il riff rama può ricordare i Praying Mantis del grande Time Tells No Lies, ovvero la parte più melodica della nwobhm |
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10
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Esatto, copertina talmente oscena da essere stupenda. |
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Ovviamente @Epic ha ragione. Ma Abominog, Sea of Light e Living the dream sono dischi autenticamente belli e come hanno scritto in tanti Abominog probabilmente ha salvato la loro carriera. Copertina talmente oscena da essere stupenda |
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8
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La copertina è orrenda senza se e senza e l album non è male ma onestamente io sento la mancanza dei vecchi uriah heep e del loro periodo più hard rock |
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7
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Il miglior album degli UH negli anni 80. Comunque a me loro piacciono sempre, in qualsiasi veste e in qualsiasi album. certo, la genialità dell\'era Byron è lontanissima, ma pazienza. Voto 78 |
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6
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Cosa hai tirato fuori Galilee...quel film è assurdo,in compenso di Mattei adoro Robowar,una via di mezzo tra Robocop e Predator...cmq questo disco non è tra i miei preferiti ma la qualità non manca come tutta la discografia degli UH. |
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5
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La copertina, molto carina secondo me, fu riutilizzata da quel bischero di Bruno Mattei per il suo abominevole film , Altro inferno. |
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4
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La prima volta che l\'avevo ascoltato ero rimasto un po\' con le chiappe basite Poi mi è piaciuto, soprattutto le prime 3. C\'è da dire che loro hanno variato molto la proposta, anche a seconda dei cantanti cambiati. Ancora oggi alcuni loro album fanno il culo a band più famose, per me. Voto rece giusto. Alcuni pezzi mi prendono un po\' meno. Comunque da avere. |
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3
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Ho ancora la review originale di rockerilla di questo album. Diciamo che la cover è un po fuorviante, ti rimanda quasi a \'very heavy, very...\' il loro debutto. Il contenuto è più al passo con la nuova decade. Un dinamico power pop/aor. Certo molto distante dal loro trademark. Ma a me piace. E come dice @Fabio, se gli uriah heep non realizzavano un disco come questo, probabilmente sarebbero più esistiti. |
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2
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Concordo con Rob, aggiungo solo che senza questo disco probabilmente gli UH non sarebbero più esistiti, letteralmente risorti. |
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1
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Album bellissimo che gioca con l\'AOR in modo convincente. In più punti ricordano i Foreigner (Hot persuasion). Ma se dietro al microfono c\'è un eccellente Goalby - cioè uno che si è permesso di sostituire nei Trapeze Glenn Hughes e senza sfigurare - tutto è più facile. Too scared to run, Think it over sono calibri grossissimi. In mezzo tanta tantissima bella musica (Sell your soul, Chasing Shadows, Hot persuasion, Prisoner...). 80 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Too Scared to Run 2. Chasing Shadows 3. On the Rebound 4. Hot Night in a Cold Town 5. Running All Night 6. That's the Way That It Is 7. Prisoner 8. Hot Persuasion 9. Sell Your Soul 10. Think It Over
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Line Up
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Peter Goalby (Voce) Mick Box (Chitarra) John Sinclair (Tastiera) Bob Daisley (Basso) Lee Kerslake (Batteria)
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RECENSIONI |
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