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23/03/21
SWANS + NORMAN WESTBERG
ALCATRAZ - MILANO
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21/02/2021
( 1218 letture )
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In questo 2021 tornano a farsi sentire gli Accept, storica band heavy tedesca, attiva dal 1968 e debuttante nel mercato discografico con l’omonimo Accept nel ‘79. Con gli anni sono cambiati parecchi aspetti, basti pensare all’arrivo di Mark Tornillo alla voce, che dal 2009 ha sostituito lo storico vocalist Udo Dirkschneider, o il più recente (2019) cambio di bassista, che vede arrivare Martin Motnik a sostituire Peter Baltes, facendo così restare il solo Wolf Hoffmann tra i superstiti della lineup originale. Lineup che con il nuovo disco diventa un sestetto visto l’arrivo di Philip Shouse alla chitarra ritmica. Nonostante questo gli Accept sono sempre la solita band heavy, capace di regalare buona musica, suonata con una maestosa solidità e la giusta cattiveria, cosa che li ha da sempre contraddistinti e resi (negli anni ‘80) una delle formazioni heavy-speed più influenti, amate e rispettate.
Too Mean to Die, la loro ultima fatica, pubblicata dalla Nuclear Blast, prosegue il loro buon momento, iniziato con la loro ultima riunione, che corrisponde proprio con l’arrivo di Tornillo e la pubblicazione di Blood of the Nations. Dai primi istanti si riesce ad assaporare il classico sound degli Accept, opportunamente portato al passo con i tempi (ovviamente se paragonato con i vecchi album Too Mean to Die risulta sotto questo aspetto più artefatto, meno sporco e “genuino”), grazie a dei suoni carichi e a una produzione curata, che cerca di non far perdere quelle sonorità e quel gusto vecchia scuola, che fa sempre piacere trovare nei lavori degli Accept, anche dopo essere giunti al loro sedicesimo disco. La partenza è tutto sommato convincente: Zombie Apocalypse e Too Mean to Die sono brani che da subito mostrano quanto detto in precedenza, sia per quanto riguarda i suoni estremamente pompati, sia per lo stile delle composizioni, abbastanza veloci e accattivanti. Si aprono un po’ i suoni con Overnight Sensation, che con i suoi riff e cori dal gusto hard rock in qualche modo risalta, lasciandosi apprezzare. Si torna in carreggiata con No Ones Master, canzone dalle ritmiche incalzanti, quasi speed, che si rivela nel complesso un brano incisivo e ben realizzato, con delle belle chitarre e con un Tornillo dalla voce bella rabbiosa. Segue The Undertaker, canzone dagli arpeggi e dai suoni/cori più cupi e “grossi” (che in seguito ritroveremo nella più rockeggiante How Do We Sleep), che cambia nuovamente lo stile del gruppo, portando (senza sorprendere particolarmente) un briciolo di varietà in un disco che supera i cinquanta minuti (dove quindi ci possono stare soluzioni del genere). Spazio al solito metal degli Accept con Sucks to Be You, Symphony of Pain e Not My Problem, dove Tornillo mostra ancora buoni doti vocali (mettendoci i giusti acuti e graffiando con la giusta cattiveria sui registri più bassi) e dove la band suona sempre impeccabilmente, tra speed ed heavy. Spazio poi a The Best Is Yet to Come, brano lento, che intreccia strofe arpeggiate a un ritornello potente, sorprendentemente credibile nel far trasparire e nel trasmettere un lato più emotivo della musica degli Accept. Il tutto si chiude con la strumentale Samson and Delilah, incalzante brano dal sapore orientale.
Too Mean to Die non è un capolavoro ma si rivela comunque un buonissimo disco, ben suonato da una band incredibilmente in forma. Inevitabilmente essendo un lavoro abbastanza prolisso a tratti può lasciar calare l’attenzione, ma alla fine nella tracklist non ci sono veri passi falsi o filler, anche grazie a una certa varietà, nei generi che contaminano le composizioni e nelle composizioni stesse, che cercano di non risultare troppo compatte tra loro, ma di far variare un po’ lo stile della band, a tratti più duro, a tratti più scanzonato, a tratti più profondo e cupo, a tratti più rapido e incalzante. Per concludere non si può che promuovere e consigliare l’ascolto del disco, che conferma ancora una volta la validità degli Accept nella loro forma “contemporanea”.
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gli Accept ormai sono una garanzia di heavy potente e con tiro. questo lavoro non puo' essere tra i loro top, ma oggi, in. questo momento storico per tutti, e' tanta roba.. |
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Questo disco mi ha un po' deluso . La band è in gran forma e l'album scorre bene, a mio parere pero' non ci sono pezzi che spiccano e restano veramente impressi . Comunque l'ho comprato... sono pur sempre gli Accept !!! |
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Onore agli Accept. Buon album di puro Heavy Metal.
Zombie apocalypse molto Priest. Acquisto sicuro! Dajeeee |
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Un acquisto sicuro....non ci sono ne ma ne perche'...ma cosa si puo' pretendere dopo 40 anni da queste band ...come accept e saxon...il solito lp di heavy classico...per gli amanti del genere....comunque sia voto 77. |
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Buon album ma dell'era Tornillo, che ha rigenerato la band, su 5 album prodotti metto agli ultimi due posti proprio gli ultimi due. Il migliore resta il secondo, Stalingrad, magnifico.
Comunque anche questo Too Mean to Die rimane un bel lavoro, ma un po troppo simile a se stesso, secondo m devono ricercare maggiormente una composizione musicale melodica più varia anche se di stampo classico Accept. |
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Amo la chitarra di Hoffmann e amo la voce di Tornillo che ha dato nuova vita alla band. Non il migliore da quando c'è lui dietro il microfono ma un ottimo album di puro heavy metal. 82 |
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Heavy Metal ce n'è, non ai livelli di blood of e blind rage, ma il mestiere c'è. Bravi come sempre, 75 |
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I singoli mi avevano fatto pena, il resto del disco non è che sia migliore. 3 o 4 buoni pezzi, poi tanto mesterie e poca ispirazione, come era stato per i precedenti album. Questo però è il più debole. 63 |
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Dei grandi "vecchi" sono gli unici che mi piacciono ancora come negli anni 80, e poi adoro il modo di suonare di Wolf Hoffmann, per me il chitarrista metal per eccellenza. |
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Leggermente meglio dell’ultimo per me, ma niente di trascendentale. Sempre bello potente e grintoso, da questo punto di vista nulla da dire, ma trovo che i pezzi veramente degni di nota siano 3/4, il resto normale amministrazione. Si fa ascoltare, ma siamo lontani dai livelli di Stalingrad e (soprattutto) Blood of the Nations. Voto 72 |
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7
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Intanto quando parte No ones master parte anche l' headbanging. |
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Ormai i dischi per essere considerati buoni non devono scassare il cazzo. Assurdo! |
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5
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Ad una band come gli Accept oramai non si può chiedere e pretendere più di tanto, hanno già detto tutto in passato, resta comunque sempre un'ottima band che fa del puro e sano heavy metal senza troppi cazzi.. Un buon album che si lascia ascoltare, con qualche calo e con i soliti filler, ma è chiaro che dal loro ritorno con Blood of the Nation (gran disco) siano leggermente calati ad ogni album successivo, questo nonostante sia buono, per me è il più debole. |
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solita..solitissima..minestra riscaldata...fa specie... |
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Mi ha fatto compagnia nel tragitto casa-lavoro per un mesetto dall'uscita, questo per dire quanto fosse fluido e difficilmente stancasse.
Gli Accept sono, tutt'oggi, sinonimo di qualità per chi cerca un heavy metal diretto e senza troppi fronzoli. |
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2
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Sì in effetti non sarà un capolavoro ma un'album così scorrevole onestamente non me lo aspettavo. Senza filler e una più bella dell'altra. Voto 80. |
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Un buon disco, valutazione da me condivisa. I pezzi migliori a mio avviso sono No One's Master (per me la più bella), The Best is Yet to Come e How Do We Sleep?. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Zombie Apocalypse 2. Too Mean to Die 3. Overnight Sensation 4. No Ones Master 5. The Undertaker 6. Sucks to Be You 7. Symphony of Pain 8. The Best Is Yet to Come 9. How Do We Sleep 10. Not My Problem 11. Samson and Delilah
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Line Up
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Mark Tornillo (Voce) Wolf Hoffmann (Chitarra) Uwe Lulis (Chitarra) Philip Shouse (Chitarra) Martin Motnik (Basso) Christopher Williams (Batteria)
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