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DONNE ROCCIOSE - # 13 - Nina Hagen
09/04/2014 (8586 letture)
Probabilmente fu il suo ambiente di provenienza a forgiare, almeno in parte, il carattere ribelle ed incline alla provocazione in quanto tale ed alla critica sociale di Nina Hagen. Quella Berlino in cui nacque nel 1955, divisa nettamente e tragicamente in due metà simboleggianti anche la frattura tra due blocchi egemoni che dominavano il mondo. Per chi nasceva ad Est, probabilmente, non c'era molto da scegliere: uniformarsi allo "splendente grigiore", oppure adottare schemi comportamentali che, inevitabilmente, procuravano dei guai.

MALEDETTA PRIMAVERA
Nata dall'unione tra uno scrittore e un'attrice-cantante, non fa in tempo a godere delle gioie di una normale famiglia, in quanto i genitori si separano quando Nina ha solo due anni. Il padre fuoriesce quasi definitivamente dalla sua vita, mentre la madre si sposa in seguito con Wolf Biermann, poeta e cantante che nel 1976 verrà espulso, o meglio non fatto rimpatriare, dalla DDR per "grave violazione dei doveri di cittadino". Praticamente: aveva criticato il governo, mentre la nostra era già "segnalata" per aver preso posizione contro l'invasione della Cecoslovacchia seguente alla primavera di Praga del 1968. Si dice che l'uomo sia prodotto del proprio ambiente. Nel caso di Nina Hagen, probabilmente, quello familiare fece il suo lavoro per metterla sulla strada dell'arte al servizio della critica. A quattro anni è già buona ballerina, a nove una promessa dell'opera. Animo irrequieto, a sedici anni lascia la scuola e si trasferisce in Polonia. Diciassettenne, è già una stellina del mondo della canzone insieme agli Automobil con Du Hast den Farbfilm Vergessen, che tradotto in italiano suona più o meno come: "Hai dimenticato di prendere il rullino a colori". Dietro un testo apparentemente stupido, si nascondeva una sottile critica del sistema comunista e del suo squallore. Il rifiuto delle autorità di far rientrare il patrigno in Germania Est fu comunque la sua fortuna, in quanto la nostra lo raggiunge in una realtà completamente diversa. Dapprima a Berlino Ovest, poi a Londra. Arrivare nella capitale del Regno Unito nel 1976 come cantante e contestatrice, porta automaticamente Nina ad inserirsi nel contesto del nuovo movimento musicale che sta già sconvolgendo l'establishment: il punk. La ragazza comincia a frequentare personaggi quali The Slits, Vivienne Westwood, stilista ed una delle maggiori responsabili dell'iconografia del punk, ed i Sex Pistols. Rientrata in Germania (ovviamente a Berlino Ovest, ed altrettanto ovviamente, quartiere Kreuzberg), incide col suo gruppo due album datati 1978 e 1979 -Nina Hagen Band e Unbehagen- che ottengono un grandissimo successo sul mercato "segreto" della Germania Est. Sui metodi con cui questi vinili arrivano su una piazza che, teoricamente, impedisce qualsiasi accesso da parte di materiale considerato sovversivo, decadente e quant'altro, si potrebbe scrivere un articolo a parte, ma non è questa la sede per farlo. Sta di fatto che l'impatto di questi due lavori è notevole, sia per la DDR che per "l'ondata di ritorno", che provoca l'accendersi dei riflettori su un nuovo ed intrigante ibrido musicale, prodotto dall'incontro del punk inglese con la new wave d'estrazione tedesca in lingua madre e, in una certa misura, col pop. Senza contare le molteplici influenze gospel, reggae, etc. A questo proposito e per semplificare al massimo, chi di voi, come me, aveva l'età per ascoltare radio e televisione, ricorderà almeno la punta dell'iceberg, ossia il singolo di Nena intitolato 99 Luftballons, pur posteriore di qualche anno, oppure gli Extrabreit.

UNA TRASMISSIONE.. STIMOLANTE
Nina Hagen ci mette del suo nell'imporre lo stile, poi si trasferisce negli USA (di fatto ci si era già spostata prima di Unbehagen) per diventare vera e propria solista, lì sfonda con una cover di Lucky Number di Lene Lovich -un altro nome del quale potremmo occuparci più avanti- contenuta nell'album appena citato. Il tutto dopo che le due avevano recitato assieme nella pellicola cult Cha Cha di Herbert Curiel. Il rapporto tra le due rimarrà molto saldo e, nel 1986, canteranno Don't Kill the Animals, singolo di impegno animalista. La cifa stilistica della Hagen è molto peculiare e si estrinseca in abiti eccentrici per l'epoca, anche se oggi vediamo fare ben di più da parte di innocue canzonettiste pop prive di qualsivoglia spessore artistico e/o culturale, oltre che in comportamenti pubblici oltre il limite, sempre per quegli anni. A questo proposito va assolutamente notato come, al contrario delle cosidette "eccentriche" totalmente prive di background dei nostri giorni tipo Miley Cyrus, che adottano certi comportamenti pubblici dietro precisi "consigli" di un management interessato solo ad imporre il fenomeno di turno con ogni mezzo per produrre hype e, di conseguenza, vendite di dischi e concerti sold out, Nina Hagen, come moltissime artiste degli anni 60 e 70, aveva qualcosa da dire. Dietro quelle provocazioni, si nascondevano testi di ispirazione femminista (potrei fare il paragone con la cantante prima richiamata, ma sarebbe come sparare sulla Croce Rossa) e di critica politica nei confronti del regime comunista e del blocco sovietico in generale. Ancora una volta, l'uomo è prodotto del suo ambiente. Ieri gente che lottava per sopravvivere, che doveva fuggire per esprimersi, che maturava una propria coscienza ed una propria visione del mondo e mezzi di comunicazione che, in parte, davano loro spazio ed oggi... lasciamo perdere. Sempre per restare in tema di provocazioni a sfondo sessuale, va rilevato come quelle di Nina siano sempre state finalizzate all'ottenimento di uno scopo preciso, che andava oltre lo stupire fine a sé stesso pur essendo questa una componente presente. Niente video hollywoodiani con pop star appollaiate su una palla da demolizione senza vestiti e nemmeno altri pieni di ragazze nere, occupate a far ondeggiare chiappe oversize tra tonnellate di monili d'oro e cappelletti con la visiera al contrario. Quando la Hagen decideva di provocare, lo faceva davvero e per ottenere uno scopo, spesso femminista. Ciò sia quando traduceva una canzone di Rita Pavone in tedesco, modificando l'innocua frase "Se fossi un ragazzo tutto sarebbe più facile" in "Se fossi un ragazzo avrei più rapporti", laddove per "rapporti" non si intendeva quelli col fisco o, più ancora, quando dimostrò al pubblico femminile e non, i più vari ed appaganti modi di darsi piacere durante un dibattito in diretta sulla tv pubblica austriaca (trovate i video sul tubo), con conseguente scandalo, titoloni su tutti i giornali e chiusura d'imperio della trasmissione. Dal 1983, periodo Angstlos, comincia a manifestare chiaramente tutto l'interesse verso le tematiche principali che caratterizzeranno la sua vita: UFO, spiritualità, animalismo, diritti umani, antimilitarismo. Nell'84 produce un'opera su ciò che rimane della scena punk degli anni '70. Nel 1986 diventa anche stilista di intimo, conquista alcune copertine di magazines e trova poi il tempo di sposare un ragazzo punk di sedici anni. A ciò si riferisce l'album Punk Wedding dell'anno seguente. Dell'88 le sue memorie e, nell'89, un figlio dal francese Frank Chevallier.

TRA GLI OOMPH! E DIO
Come accade a molti artisti -in Italia è facile citare Giovanni Lindo Ferretti e, prima ancora, Claudio Canali- la cui storia è segnata da posizioni ferocemente antireligiose e per ragioni che francamente mi sfuggono, ma che rispetto, ad un certo punto, a partire dagli anni '90, la svolta spirituale. Comincia ad interessarsi ad esoterismo e religioni orientali. Nel 1990 si trasferisce a Parigi, nel '91 fa uscire Street e nel '92 diventa ospite fissa di uno show su RTL Plus, distinguendosi sempre per le sue posizioni "estreme". A titolo di curiosità, nel 1993, durante una puntata di Heino Die Show, spettacolo dedicato proprio ad un tipo peculiare di musica popolare tedesca, improvvisa il canto di Hi-Lili, Hi-Lo, la stessa canzone utilizzata dagli Accept per l'intro di Fast As a Shark; esce Revolution Ballroom, dalla cover sado-maso. Nel 1995 collabora con Dee Dee Ramone per l'album I Hate Freaks Like You e canta in tedesco Freud Euch, poi si cimenta con Brecht. Nel 1996 è protagonista di Hannusen, Hitler's Jewish Clarvoyant. Nel 1996 si sposa ancora con un ragazzo molto giovane e nel 1997 collabora col musicista hip hop Thomas D. Nel 1998 è in tour, incide l'inno del FC Union Berlin ed è ospite fissa di una show sci-fi, nel 1999 fa uscire l'album mistico Om Namah Shivay. Gli anni 2000 si aprono con la scelta di Schön ist die Wel come inno ufficiale di Expo 2000. Nel 2001 incide The Return of the Mother, poi partecipa al doppiaggio di The Nightmare Before Christmas. Lavora con gli Apocalyptica ad una cover dei Rammstein e con gli Oomph!, poi è la volta di una pubblicazione swing e nel 2004 recita in 7 Zwerge insieme alla figlia Cosma Shiva, a testimoniare la poliedricità (o l'incostanza, se volete) del personaggio. Nel 2005 prende posizioni radicali contro la guerra in Iraq. Degli ultimi anni un avvicinamento al Cristianesimo con tanto di battesimo ed intervista a "L'Osservatore Romano", tanto per ricollegarsi a quanto scritto all'inizio di questo paragrafo. I suoi ultimi album sono Personal Jesus del 2010 e Volksbeat del 2011 che, oltre a riproporre tematiche antimilitariste ed antinucleari, presenta tra gli altri un testo di Brecht reso in chiave punk, roba di Dylan ed un pezzo del patrigno Wolf Biermann. Forse, per spiegare tante cose su di lei, possono essere utili le sue stesse parole: "Mi Sento una combattente della libertà che prega Dio per creare il paradiso in terra".

IN ESTASI PER SMACK JACK
Dotata da madre natura di una grandissima voce che non ha affatto lesinato al suo pubblico, tanto da doversi operare per lo sforzo eccessivo cui l'ha sottoposta e che oggi è in naturale calo, Nina Hagen, costituisce un'icona dell'essere artista nel senso profondo del termine. Schiava di un istinto che porta ad un nomadismo intellettuale che l'ha resa incostante e curiosa verso una lunga serie di espressioni, che della mancanza di concretezza che potrebbe fornire ampia materia di analisi a qualche dotto psicanalista di turno. Punk, rock, swing, jazz, gospel, metal, pop, new wave ed altro. Non c'è praticamente settore della musica che la nostra non abbia toccato, con alterna fortuna. Personaggio per alcuni versi più pittorico che musicale, in un certo modo prodotto dell'espressionismo tedesco figlio del Blaue Reiter, narcisista ed insicura, Nina Hagen è un personaggio imprescindibile per l'analisi di molti dei movimenti musicali nati nella seconda metà degli anni '80, molto spesso dai confini sfumati tra loro. Dovendo condensare le sue qualità migliori all'interno di due sole opere, e perciò in maniera non esaustiva, i dischi che probabilmente vanno considerati in questa ottica sono NunSexMonkRock, primo lavoro solista del 1982 prodotto da Mike Thorne (Soft Machine, Deep Purple), al quale partecipano anche Paul Schaffer (sì, quello del David Lettermann Show), Chris Spedding, Allan Schwartzberg (Mountain, Alice Cooper, Kiss, Peter Gabriel, Roger Daltrey) e Paul Roessler, personaggio chiave della scena punk, e poi In Ekstase (In Ekstasy nella versione inglese) album del 1985 generalmente non considerato tra i migliori, ma utile per trasmettere il suo essere eclettica. Il primo, dalla cover che è un omaggio espressionista-pop alla grande tradizione della "madonne con bambino" cinquecentesche, presenta una Nina Hagen al top della carica energetica. In particolare questa è ravvisabile in Antiworld, Smack Jack (grande canzone contro la devastazione dell'eroina con vocals esaltate da indovinati overdubs, della quale si ricorda anche il video) e il punk di Born in Xixax, veri cult della sua produzione e non solo, anche a causa dell'ottimo supporto offerto dalla band. E' comunque la vocalità incredibile della cantate a fornire la nota dominante ad un album all'interno del quale spiccano anche la psichedelia di Taitschi-Tarot e Dr. Art, il gran rock di Dread Love e Future is Now, l'omaggio alla figlia di Cosma Shiva e la citazione dei B 52's di Iki Maska. Nel secondo, dalla cover stile telefilm anni 60/70 di serie B, spiccano le presenza di Afrika Bambaataa & Soulsonic Force e del tastierista Roger Scott Craig. Il lavoro è caratterizzato dallo spostamento verso il pop-reggae, ed in ciò si sente la mano del produttore Adam Kidron, ma non è esente da passaggi molto più decisi che hanno portato alcuni a parlare di pop-metal, in un'epoca in cui questa definizione, semplicemente, non esisteva e, a dirla tutta, avrebbe provocato un colpo ad ogni onesto metallaro europeo. Aperto dal funky beat di Universal Radio, sporcato dall'interpretazione sopra le righe di Nina, kitsch come la copertina, proseguiva poi Gods of Aquarius, sospeso tra le radici punk ed un intro lento. Indi Russian Reggae, che mostra un'altra peculiarità della cantante, ossia quella di forzare oltre il limite l'accento marcato nel canto, ma restando ugualmente nel personaggio e veicolando lo stesso il messaggio di pace del pezzo. Imperdibile la versione di My Way di Sinatra, o di Paul Anka se preferite, scaraventata a piè pari nella Berlino anni '80, così come la cover di Spirit in the Sky. Soprattutto importante, almeno dal nostro punto di vista, è 1985 Ekstasy Drive, forse il pezzo più metal mai inserito su un lavoro essenzialmente pop che gli anni '80 e non solo abbiano prodotto (pessimo il video); poi tutti gli altri brani, ognuno con le sue peculiarità. Con alcune cadute di tono, ma sempre in grado di mostrare il canto personalissimo della Hagen.

OLTRE L'ICONICITA'
Istrionica, isterica, grande cantante ed interprete, sempre così fuori schema da diventare essa stessa uno schema, esteticamente in anticipo su tutte le mode poi saccheggiate da una lunga serie di artiste pop di successo (Madonna per esempio, ma anche Cindy Lauper precedentemente, in una certa misura), Nina Hagen ha attraversato quasi trent'anni di musica ed espressività artistica su vari piani. Esempio di donna creativa, talvolta vicino al genio, talaltra vittima delle necessità di esserlo. Schiava di una tensione emotiva che, quando al massimo, ha prodotto lavori notevoli, ma che, quando non al massimo l'ha ingabbiata nel suo stesso personaggio e nella necessità di stupire per rendersi credibile prima a sé stessa e poi agli altri, l'artista berlinese è ancora attiva, pur non mostrando più la vocalità di un tempo. Del resto, alle soglie dei sessant'anni, è comprensibile. Quel che conta, però, è che Nina, tra evoluzioni e cambiamenti, rimane un'icona punk al di là del punk e, inoltre, ha influenzato innumerevoli stili musicali e modaioli, diventati tali dopo essere stati inglobati dall'industria (della moda, della musica, etc.) e sviliti nella loro creatività, ma concepiti in un momento in cui dietro c'era un vero istinto di ribellione e la voglia di fare senza necessariamente abbinarci poi linee di articoli scolastici, figurine, telefilm, giocattoli, dvd e chi più ne ha, più ne metta. Ancora una volta, per chiudere questo pezzo non c'è modo migliore che citare ancora le parole del suo soggetto:

Il rock al femminile secondo me sarà sempre più nel segno della pace, della verità e della bellezza.

Speriamo non solo quello.

DISCOGRAFIA ESSENZIALE
Nina Hagen Band (1978)
Unbehagen (1979)
NunSexMonkRock (1982)
Angstlos/Fearless (1984)
In Ekstase/In Ecstasy (1985)
Nina Hagen (1989)
Street (1991)
Revolution Ballroom (1993)
FreuD euch/BeeHappy (1995)
Om Namah Shivay (1999)
Return of the Mother (2000)
Big Band Explosion (2003)
Irgendwo auf der Welt (2006)
Personal Jesus (2010)
Volksbeat (2011)



utente0
Domenica 13 Agosto 2017, 13.30.45
4
Non sapevo fosse stata operata alle corde vocali, stesso destino di Siouxie quindi, l'ho vista in concerto nel 2009 e in effetti pur avendo una bella voce il timbro e l'ampiezza vocale erano diversi da quelli che sentivamo nei dischi. La Lauper mi sembrava la versione "innocua" della Hagen all'inizio, poi vedendo in vhs il concerto di Parigi del 1987 capii che aveva voce da vendere, su Madonna stenderei un velo pietoso, quasi un sudario....
Raven
Giovedì 10 Aprile 2014, 22.02.56
3
Ora non è più performante come una volta, ma la voce della Hagen è veramente notevole, specialmente perchè fortemente interpretativa e dadaista.
matteo38
Giovedì 10 Aprile 2014, 12.34.42
2
insieme a siouxsie ,lydia lunch e kim gordon è una delle mie "madri musicali". non è di facile ascolto! anzi al primo impatto sembra che più che cantare faccia la scema. in realtà, approfondendo ci si rende conto che vocalmente è dotatissima con un intervallo enorme fra i bassi e gli alti che riesce a raggiungere (ascoltare new york per credere). artista (donna) di spessore inimmaginabile qui in italia.
Galilee
Giovedì 10 Aprile 2014, 0.08.28
1
Personaggio spettacolo. Purtroppo non ho nulla di suo. Prima o poi rimedierò.
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