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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Marillion - This Strange Engine
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14/08/2021
( 1944 letture )
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Anche i grandi amori, a volte, sono destinati a finire. All’indomani dell’incisione di Afraid of Sunlight i Marillion scelgono di separarsi dal colosso discografico EMI. La decisione, presa a malincuore, è il punto di arrivo inevitabile di un rapporto incrinatosi nel tempo. Da una parte abbiamo infatti la label non appagata dai risultati commerciali ottenuti con Afraid of Sunlight, sfortunato successore commerciale di Brave, ma colpevole di non aver spinto a dovere il disco. Dall’altra invece un gruppo via via sempre più insoddisfatto del trattamento ricevuto dalla major e logorato dalla fatica di dover per forza vendere singoli a ripetizione pur essendo -per natura stessa della musica proposta- non proprio la più immediata delle band. Lo split è inevitabile. Nonostante la brutta botta subita, i Marillion hanno tuttavia modo di accasarsi presso la piccola etichetta Intact Records, che da quel momento sarà vicina agli affari del gruppo britannico, una specie di autoproduzione. La scelta avvenne naturalmente per ritrovare parte di quella libertà espressiva in parte sacrificata per via delle pressioni della precedente label. Questa nuova ventata di possibilità si riflette in una stesura di otto nuove canzoni che seguono il flusso delle idee del momento, senza subire intralci di sorta di tipo creativo da parte di agenti esterni alla band.
Il risultato di questa lavorazione è tutto concentrato in This Strange Engine, lavoro di difficile classificazione, curioso, atipico, insolito e a tratti incomprensibile, contraddittorio nonchè prevalentemente lontano dalle coordinate neoprog che avevano caratterizzato e decretato il successo della precedente produzione targata Marillion. Curioso, atipico e insolito perché gli inglesi -pur conservando una classe strumentale innegabile- sembrano prendere le distanze dalle solite fughe strumentali, dalle incantevoli melodie intrecciate di chitarra e tastiera e da brani dalle complesse strutture piene di cambi di tempo privilegiando una forma canzone più asciutta che lascia ampio spazio al pianoforte, alle chitarre acustiche e alle linee vocali di Hogarth. È musica sicuramente più orecchiabile, carezzevole e intimista che mette in luce un lato inatteso da parte del quintetto inglese, mai così agli antipodi con lo stile complesso ed intellettuale che ha caratterizzato la prima parte della carriera del gruppo. Mancano infatti i cambi di tempo e le strabilianti parentesi strumentali sempre bilanciate tra tecnica, feeling e melodia. Ciò si riflette in una serie di canzoni qualitativamente altalenanti. La prima metà di disco è interessante e contiene le canzoni migliori, come il pezzo da novanta e opener Man of a Thousand Faces e le seguenti e riuscite 80 Days ed Estonia. Si sente che qualcosa è cambiato perchè, anche se i brani hanno una struttura più pop, nella musica si riesce ad avvertire ugualmente quel senso d’impalpabile malinconia e inquietudine sfuggente che da sempre è sottopelle nella musica dei Marillion. Hogarth è sicuramente il protagonista di questa prima tranche di pezzi e indovina raffinate linee vocali: Man of a Thousand Faces è un gioiello che brilla proprio grazie all’ottima prova dietro il microfono, mentre 80 Days ed Estonia ne escono ulteriormente impreziosite perché le parole dei testi ben si sposano con l’atmosfera rarefatta tessuta dagli strumenti. Dopo la buonissima prova dei primi quattro titoli presenti nella tracklist, This Strange Engine cala qualitativamente nella seconda metà in modo piuttosto evidente. Si passa infatti dall’ anonima An Accidental Man, alla noiosa Memory of Water, rasentando il pacchiano e il kitsch con l’improbabile Hope For The Future dalle sonorità caraibiche. Infine This Strange Engine è incomprensibile e contradditorio perchè le prime sette tracce vanno a costituire un corpus a sé stante diametralmente opposto con la titletrack, vero e proprio colpo di coda prog totalmente inaspettato. Nei quindici (superbi) minuti finali del disco infatti -questa la reale durata della traccia se escludiamo il silenzio e quella nascosta- i Marillion tornano al sound originario, dimostrando di avere ancora parecchie frecce al proprio arco e molto da dire anche in ambito neoprog. C’è proprio tutto quello che è stato, immagino volutamente, messo da parte nelle altre canzoni. L’impatto è disorientante, ma i picchi raggiunti con questa suite meritano l’acquisto del disco.
Mi riallaccio a quanto detto per Holidays in Eden ed in particolare al fatto che i Marillion sembrino a volte attestarsi su una linea qualitativa altalenante nel corso della loro discografia, alternando grandi lavori a prove che, giustamente, sono classificabili solamente come “buone”. Inoltre anche per This Strange Engine si nota lo scarto di valore tra i brani all’interno della scaletta, tra alcuni davvero notevoli ed altri fuori fuoco che annacquano il risultato. Ciò nonostante, a parte il calo fisiologico da metà disco in poi ampiamente superato con la titletrack conclusiva, in questo prodotto i Marillion confezionano quasi un’ora di musica più che soddisfacente. This Strange Engine merita pertanto una sana rispolverata, soprattutto se cercate una veste un po’ alternativa da parte del gruppo inglese, pur non potendo annoverarlo tra i capolavori della band, già ampiamente presenti nella discografia precedente.
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6
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Album più che discreto, a me e\' piaciuto molto. Estonia brano migliore del disco.
Non capiro\' mai perche allungare l\'ultima traccia a 30 minuti quando ne dura solo 15, con 15 di silenzio, ma va beh. |
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5
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Altro ottimo album dei Marillion. A posteriori sembrerebbe rappresentare un distacco dalla prima fase Hogarth, qui, come accennato nella recensione, è l’introspettività ad essere quasi sempre in primo piano (sebbene ci fossero stati grandi momenti intimistici anche nei precedenti album, s’intende), in generale l’atmosfera si fa sempre più rilassata, le strutture più lineari (title-track a parte). Tutti elementi che caratterizzeranno anche maggiormente almeno i successivi tre album. Ovviamente, come al solito, la classe non è acqua e questa nuova faccia risulta ancora vincente. La qualità degli arrangiamenti è da togliersi il cappello, i 5 musicisti li conosciamo già… Man Of A Thousand Faces, Estonia e la gia citata title-track sono dei pezzi da novanta, ma anche il resto funziona. Salvo in parte anche Hope For The Future: presa come divertissement, un gioco, alla fine mi risulta simpatica, spiritosa. Voto 84 |
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4
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Man of e One fine day perle, concordo su un potenziale album mastodontico ridimensionato parecchio nella seconda parte dal trittico memory/accidental/hope, prese singolamente le prime 2 le posso anche sopportare ma una dietro l'altra è davvero troppo, e poi quel finale che rimarrà storia fino a quando non riusciranno a superarsi con "Ocean Clouds" qualche anno dopo. |
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3
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Man of e One fine day perle, concordo su un potenziale album mastodontico ridimensionato parecchio nella seconda parte dal trittico memory/accidental/hope, prese singolamente le prime 2 le posso anche sopportare ma una dietro l'altra è davvero troppo, e poi quel finale che rimarrà storia fino a quando non riusciranno a superarsi con "Ocean Clouds" qualche anno dopo. |
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2
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Altro grande album di questa meravigliosa band. Al di là del voto che lascia sempre il tempo che trova (io avrei dato qualcosa in più), la recensione è molto centrata. Fino a Estonia solo grandissima musica aperta da una Canzone (volutamente scritto con la lettera maiuscola) come Man of a thousand faces. Memory of water è sostanzialmente una poesia di Hogarth, scarna e toccante. Poi due discese di tono, una innocua e una, invece, fragorosissima. Ma il colpo di coda finale con la clamorosa titletrack alza di brutto il valore definitivo del disco. Escludendo Hope for the future, album ottimo all'interno della discografia dei Marillion. All'interno di quella di tante altre band (anche più blasonate, perché no) potrebbe essere tra i top album. Secondo me questa è una considerazione alla quale è difficile sfuggire nella valutazione di un loro lavoro. Come dico sempre io quando si parla di qualità media nella carriera di un'artista, non è facile mantenerla costantemente alta, dei passi falsi sono fisiologicamente quasi inevitabili. Rush a parte, si capisce 😁 |
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1
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Come non rimanere rapiti da One fine day o Memoey of water in cui Hogarth ci regala una prestazione da brividi? Il trittico si completa con The Strange Engine: 15 min di magnificenza prog. Album molto bello (malgrado Hope for the Fortune proprio non la mando giù). 80 tondo tondo |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Man of a Thousand Faces 2. One Fine Day 3. 80 Days 4. Estonia 5. Memory of Water 6. An Accidental Man 7. Hope For The Future 8. This Strange Engine
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Line Up
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Steve Hogarth (Voce, Tastiere) Steve Rothery (Chitarra) Mark Kelly (Tastiere, Cori) Pete Trewavas (Basso, Cori) Ian Mosley (Batteria)
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RECENSIONI |
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