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Marillion - Live from Cadogan Hall
( 4819 letture )
Storia particolare, a suo modo unica, quella dei Marillion. Il grande successo degli anni ’80 come portavoce esemplari del cosiddetto movimento neoprog, guidati dal carisma del grande Fish. Poi l’abbandono/cacciata del singer, tentato dalla carriera solista, mentre il gruppo decide per uno slancio in avanti e sceglie di proseguire con l’arrivo del semisconosciuto Steve Hogarth. Una carriera che ricomincia in tutto e per tutto, stupendo il grande pubblico che volta loro le spalle a fronte di una netta sterzata stilistica, che conduce la band su lidi peculiari ed unici, continuamente a cavallo tra prog, pop evoluto e rock. I Marillion, in questa loro seconda incarnazione, incidono ben undici album in studio dal 1989 ad oggi, con una continua alternanza tra buone uscite (Seasons End, Holidays In Eden, Radiation), veri e propri capolavori (Brave, Afraid of Sunlight, Marbles), dischi indecifrabili e più o meno mediocri (tutti gli altri) fino all’ultimo, pessimo, Happiness is the Road. Una lunga seconda giovinezza che purtroppo non è mai stata bagnata dal successo, mentre il gruppo stabiliva con i suoi fans un rapporto che definiremo intimo, di vero culto, come testimoniano gli affollati concerti ed il curatissimo sito web, vero organo di propaganda e contatto; uno strumento che la band ha dimostrato di saper usare prima e meglio degli altri ed attraverso il quale si rivolgerà direttamente al proprio pubblico per il finanziamento delle spese di registrazione dei dischi. Una scelta che la band giustifica in nome dell’assoluta libertà artistica che l’appoggio economico dei fans gli può garantire. L'altro passo dei Marillion è quello di ottenere, attraverso la propria etichetta indipendente, la Racket Records, il pieno controllo del proprio catalogo, che viene così ristampato e venduto direttamente dalla band via internet. Nel 2009, il gruppo rilascia il live acustico Less Is More ed arriva, oggi, alla pubblicazione del doppio Live From Cadogan Hall, che propone l’intero show tenutosi la magnifica sera del 7 Dicembre 2009, l’ultima del tour.

I Marillion non sono, quindi, un gruppo come gli altri e Hogarth, Rothery e Trewavas sono musicisti di un livello superiore, ottimamente supportati da Ian Mosley e Mark Kelly; le loro canzoni hanno un’identità propria e superiore che si presta a continue riletture, come materia che si modella al volere di musicisti capaci di cogliere l’anima della musica e dei propri ascoltatori. La scelta dei brani in queste operazioni si rivela fondamentale nella riuscita dell’opera ed il gruppo decide di pescare praticamente in tutti i dischi composti dal 1989 in poi, con la sola esclusione di Somewhere Else. Troviamo inoltre una ballata inedita, It’s Not Your Fault, piacevole ed intensa, anche se insistita nel ritornello. Come già chiaro per Less is More, la scelta cade su brani del tutto particolari, ed anche se non mancano classici come Out of This World, The Space, Memory of Water ed Easter, numerose sono le canzoni che destano curiosità e rimpianti per quello che manca. In particolare, mancano brani dagli splendidi Brave e Marbles, presenti con una sola selezione a testa, mentre ben quattro sono le canzoni tratte da Afraid of Sunlight (considerando la Hidden Track della versione in DVD, Cannibal Surf Babe) ed oltre metà dei brani provengono dai dischi “minori” della loro carriera. Un punto che il gruppo non riesce a volgere del tutto a suo favore e che peserà sul giudizio complessivo. Applausi a scena aperta per le prestazioni individuali dei musicisti, con un Rothery sempre capace di emergere e distinguersi come chitarrista di talento infinito e gusto memorabile come dimostra ancora nel finale di Quartz o in quello di Three Minute Boy; mentre il resto della band, ormai in perfetta sintonia, si esprime al meglio, garantendo dinamica e giusto coinvolgimento, anche grazie ad una produzione semplicemente perfetta e genuina. Un discorso a parte per Steve Hogarth: voce magnetica, bellissima, capace dal vivo di strappare applausi e toccare profondamente l’ascoltatore, non si poteva immaginare scelta più diversa per sostituire Fish, oltre vent’anni fa. Oggi non resta che tessere le lodi di questo splendido interprete e musicista/autore, "vittima" di un ostracismo spesso preventivo da parte di chi non voleva nessun’altro che il gigante scozzese dietro il microfono dei Marillion. Impossibile rimanere indifferenti sin dalla prime battute alla sua vocalità calda e profonda, melodica e rotonda, che riempie l’aria, complici gli arrangiamenti scarni e minimali che il gruppo ha scelto. D’altra parte, vorrei segnalare un suo leggero appannamento nelle parti alte, specialmente nel primo cd, che conduce -orrore- anche ad una solenne stecca nell’altrimenti fantastica Out of This World, terza canzone del set. Assolutamente impeccabile, invece, l’interpretazione nel secondo cd. Un piccolo grande intoppo che non scalfisce comunque il livello estatico a cui questo concerto vi condurrà senza la minima fatica. In effetti, l’unica indicazione che si può dare è quella di accettare il gioco del gruppo, rinunciare a tutto quello che sapete di loro e delle loro canzoni ed ascoltare con orecchio il più possibile puro e vergine quello che viene proposto, senza fare troppi raffronti che, come nel caso di Hard As Love, finerebbero per essere fin troppo severi. Il lavoro di riarrangiamento produce versioni di fatto non facilmente accostabili agli originali e questo è un bene: sarebbe fin troppo facile caricare i pallettoni e sparare a morte, invece occorre ascoltare e provare ad apprezzare il lavoro della band. Concepire il disco come a se stante è, di fatto, la maniera migliore per godere di questo concerto. Fingere di ascoltare un disco di inediti ci consente di dare una valutazione più che positiva di brani come Go! ed, in particolare, Interior Lulu, probabilmente più emotivamente razionale della versione originale, mentre Wrapped Up In Time guadagna moltissimo in questa luce. Ma un lungo e sterile elenco di canzoni non aggiungerebbe poi granché a quanto già detto, tra alti e bassi, specialmente se possedete già Less is More. Resta da commentare un secondo Cd che contiene, probabilmente, il maggior numero di brani classici delle esibizioni dei Marillion. Sinceramente, se avete apprezzato la prima parte, la seconda probabilmente vi sorprenderà meno ma vi darà anche maggior soddisfazione: restano bellissime You’re Gone, Gazpacho, Estonia ed Easter, perde qualcosa No One Can, “appesantita” nell’interpretazione da Hogarth, e guadagnano dal cambio Beautiful e The Answering Machine.

Live From Cadogan Hall, di cui consiglio vivamente la versione in DVD, che consente di godere anche delle singole prestazioni dei musicisti, è un disco molto bello nel suo complesso. Emozionante ed assolutamente coinvolgente, mostra una band perfettamente a suo agio e convinta della forza della propria musica, che continua a ricercare se stessa ed il proprio piacere, senza fermarsi davanti ai rischi che simili operazioni comportano. Un coraggio ed una maestria che meriterebbero davvero e finalmente un riconoscimento condiviso. Probabilmente i Marillion hanno rinunciato alle grandi platee ed al successo di massa, scegliendo la strada della coerenza con se stessi, senza rimpianti per ciò che è stato e questo ne fa, inevitabilmente, una grandissima band, capace di produrre capolavori e di rialzarsi dopo dischi meno riusciti. Il fascino di questa musica è innegabile, anche se la band ha rinunciato ad ogni –comoda- categoria di riferimento. Personalmente, quando ho avuto per le mani il cd non ho esitato un secondo a comprarlo, a voi accettare o meno la sfida, sapendo comunque che qua c’è grande musica e che, come loro stessi dicono, Just remember that whatever your pre-conceptions are about this band, chances are they are wrong.



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
34.74 su 27 voti [ VOTA]
verginella superporcella
Mercoledì 29 Giugno 2016, 11.19.01
10
disco live emozionante. alcuni buchi (certe canzoni un po' mi annoiano), ma gruppo fantastico
d.r.i.
Mercoledì 2 Novembre 2011, 10.48.22
9
Gran gruppo che, per fortuna, si è liberato dell'ombra di Fish. Non che non mi piacessero quei Marillion (anzi ritengo l'era Fish irraggiungibile) ma riproporre alcuni dei pezzi dei primi album con una voce che non fosse quella di Fish era un suicidio. Restano sempre un gruppo monumentale, da ascoltare sempre con immenso piacere!
Lizard
Domenica 17 Luglio 2011, 22.26.12
8
Grazie a te Jimi TG, innanzitutto perché è sempre un piacere leggerti, ed a maggior ragione se posso dirti che a quel tour ho assistito anch'io, a Firenze, Auditorium Flog. In secondo luogo, perché non è facile trovare chi apprezzi ancora i Marillion e per me è davvero un peccato! In terzo luogo, per la tua gentilezza! ps. il mio nick non deriva da quell'accademia, anche se anch'essa ha sede a Firenze
Jimi The Ghost
Domenica 17 Luglio 2011, 21.34.06
7
"Ciò che caratterizza un soggetto normale, è precisamente il fatto di non prendere mai del tutto sul serio un certo numero di realtà di cui riconosce l'esistenza." [Lacan]. Ti ringrazio Saverio (Lizard) perchè hai riecheggiato la mia memoria quando a Bologna il giorno del 26 Aprile 2007 all'estragon mi sono deliziato dell'italian tour Somewere else. Il neoprogressive di altri tempi, geniale, di spicco, legato se vogliamo anche alla cultura popolare. Innegabile sottolineare che dal lontano '78 molti gruppi si sono fatti alla illucida sbiancatura inconcettuale della musica, alle trsformazioni verso all'alternative- pop e rock progressive fino alle più generose composizioni con il front concept "H" in Seasons End. Meraviglia della solitutudine. Si, perfetto, essere rimasti lontani dalle platee commerciali, credo che sia stata la scelta cerebrale più importante, soli, per essere un gruppo di nicchia. Li preferisco. preferisco vedere Ian Mosley nelle sue dissonanze, alle sintetizzazioni psichedeliche di Mark Kelly ed ancora Steve Rothery con suoni puliti ed alti sustain suoni tonali, rapidi fraseggi, assoli open chords spesso da stratocaster filtrati spesso e volentieri con un digital delays ....bè il suono di delicato di Jeff Beck, Larry Carlton, passando per il sig. Andrew Latimer fino al famoso e leggendario David Gilmour che tutti conoscono...Uff.. Basta divento...di parte per la progressive,ma Grazie Lizard.. e sopratutto bravo.(è anche un nome di una buona accademia musicale....) Jimi TG
Lizard
Martedì 12 Luglio 2011, 11.41.43
6
D'accordissimo con te Ayreon
ayreon
Martedì 12 Luglio 2011, 11.21.19
5
avranno anche fatto degli sbagli,ma dischi come "bRAVE", "Afraid of sunlight","Strange engine","Marble",gente come coldplay e radiohead li devono ancora fare. pessimi invece "Anoraknofobia" ( a parte"this is the 20th century,magnifica") "Happiness",appena discreto "Someone else".E comunque dal vivo merita sempre vederli
Electric Warrior
Domenica 10 Luglio 2011, 9.03.34
4
Un gruppo ormai morto e sepolto.
luci di ferro
Sabato 9 Luglio 2011, 1.13.10
3
Se mi è permesso esprimere un mio parere su Seasons End, che secondo me appartiene alla categoria di CAPOLAVORO ASSOLUTO DEL PROGRESSIVE.
Lizard
Giovedì 7 Luglio 2011, 15.21.24
2
grazie defsna!! Posso assicurarti che "Happiness is The Road" per me è stato una delusione enorme... Chissà... Forse tra dieci anni lo riascolterò e mi accorgerò di aver sbagliato... Ma per adesso...
defsna
Giovedì 7 Luglio 2011, 9.02.11
1
OTTIMA RECENSIONE eccetto per quel "pessimo" che proprio non si addice a "Happiness Is The Road"
INFORMAZIONI
2011
Racket Records
Rock
Tracklist
Cd 1

1. Go!
2. Interior Lulu
3. Out of This World
4. Wrapped Up in Time
5. The Space
6. Hard As Love
7. Quartz
8. If My Heart Were a Ball
9. It’s Not Your Fault
10. Memory of Water
11. This is 21th Century

Cd 2

12. No One Can
13. Beautiful
14. This Train Is My Life
15. You’re Gone
16. 80 Days
17. Gazpacho
18. The Answering Machine
19. Estonia
20. Easter
21. Three Minute Boy
Line Up
Steve Hogarth (Voce, Piano)
Steve Rothery (Chitarra Acustica ed Elettrica)
Mark Kelly (Tastiera e Piano)
Pete Trewavas (Basso)
Ian Mosley (Batteria)
 
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