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27/07/24
DIVINE METAL FEST 7
ALTERNATIVE, C.DA ULIVETELLA - MONTENERO DI BISACCIA (CB)
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01/11/2021
( 1579 letture )
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I primi anni di carriera del poliedrico David Bowie hanno rappresentato un tour de force che lo ha visto realizzare, dopo il self titled d’esordio nel 1967, ben cinque dischi tra il 1969 (Space Oddity) ed il 1973 (Aladdin Sane). Tra produzione in studio e tournée a supporto del proprio lavoro, tra la fine degli anni '60 e i '70, il futuro Duca Bianco ha saputo imporsi come una delle figure culturali e popolari di maggior rilievo della sua epoca. Ma, a termine di questo ciclo compositivo estenuante, era necessario prendersi una pausa. E come un artista come David Bowie potrebbe mai riposarsi? Ovvio: realizzando un ennesimo disco.
Pin Ups è lo svago del fu Ziggy Stardust. E non a caso usiamo simile formula: il disco, stando alle parole dello stesso Bowie, è una sorta di cerimonia funebre -seppur piena di energia e vitalità- dell’iconico personaggio. La carica glam che ha caratterizzato la parabola di Ziggy viene qui a contagiare brani che appartengono al bagaglio del poliedrico artista inglese. Si tratta di una rilettura di pezzi della seconda metà degli anni Sessanta che il Nostro era solito ascoltare e scritti da band iconiche: troviamo tracce originariamente realizzate da mostri sacri del calibro di Pink Floyd, The Yardbirds e The Who. Tutto il disco è una sorta di “what if”, un incontro di universi che, dalla loro collisione, generano uno spettacolo unico e meraviglioso. Si prenda Here Comes the Night dei Them e ci si ponga la domanda: e se l’avesse composta Ziggy Stardust? Ecco che la risposta ci viene fornita dal secondo pezzo nella scaletta di Pin Ups: la faciloneria del rock ‘n’ roll energico della band irlandese subisce una metamorfosi nella versione di David Bowie. Il ricco suono di un sassofono si fonde alla forza delle chitarre, donando al pezzo una raffinatezza unica. Anche la voce calda e trasformista del Nostro contribuisce a rendere ancor più eccellente il già ottimo pezzo cantato da Van Morrison: in particolare son degni di menzione gli spericolati vibrati, come quello in apertura, che riportano alla mente i virtuosismi di Demetrio Stratos (l’iconico cantante italo-greco dei nostrani Area). Un altro esempio della capacità plasmatrice di Bowie? La follia psichedelica di See Emily Play dei Pink Floyd (traccia incipitaria nella versione americana di The Piper at the Gates of Dawn) si fonde alla spregiudicatezza degli Spiders from Mars, in un connubio tanto bizzarro quanto efficace. Ancora: la sconfinata energia della band energica per eccellenza, i The Who, viene inglobata in un muro di durezza sonora nella rilettura che David Bowie fa di Anyway, Anyhow, Anywhere. Il pezzo, forte anche di filtri e distorsioni aggiunte a deformarne a tratti l’aspetto (già di per sé sporcato dai caratteristici feedback di Pete Townshend), risulta tosto e spigoloso ma mai rozzo né grezzo. L’eleganza e la grazia del Nostro non vengono mai a mancare, nemmeno in momenti spinti e pestati come questo.
Pin Ups, pur non avendo ottenuto, specialmente al momento dell’uscita, una risposta entusiastica dalla critica, rimane un disco fondamentale all’interno della discografia di David Bowie. Specialmente per un motivo: per la sua capacità di imporre il proprio stile anche riutilizzando brani altrui. La firma dell’artista inglese non viene mai oscurata dai nomi delle band dalle quali son stati presi in prestito i pezzi. Il disco è David Bowie allo stato puro.
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3
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In effetti anche a me 89 pare un poco eccessivo, ovviamente con tutto il rispetto per l\'Artista (con la A maiuscola).
80 va più che bene. |
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2
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Uno dei pochissimi dischi di cover che apprezzo per l'originalità e l'eleganza delle rivisitazioni, es. I can't explain, Voto 80 |
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1
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Capisco tutto, mi rendo conto che i recensori sono diversi, ma...ma penso che non sia possibile vedere Pin Ups, un disco di cover, per quanto bowizzate, prendere molto più di Hunky Dory, essere valutato come Ziggy Stardust ed essere solo un filo sotto a Aladin Sane. Mi spiace, ma stavolta non sono proprio d'accordo a prescindere dal fatto che la penna/tastiera sia diversa. 75 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Rosalyn 2. Here Comes the Night 3. I Wish You Would 4. See Emily Play 5. Everything’s Alright 6. I Can’t Explain 7. Friday on My Mind 8. Sorrow 9. Don’t Bring Me Down 10. Shapes of Things 11. Anyway, Anyhow, Anywhere 12. Where Have All the Good Times Gone
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Line Up
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David Bowie (Voce, Chitarra, Sassofono, Armonica, Moog) G. A. MacCormack (Cori) Mick Ronson (Chitarra, Pianoforte) Mike Garson (Pianoforte, Organo, Clavicembalo, Tastiere) Ken Fordham (Sassofono) Trevor Bolder (Basso) Aynsley Dunbar (Batteria)
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RECENSIONI |
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