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Steve Hackett - Out Of The Tunnel's Mouth
( 9248 letture )
E’ passato un bel po’ di tempo dall’ultima volta che ci siamo occupati di Steve Hackett, l’ultima fatica in studio dell’ex chitarrista dei Genesis era infatti il CD del 2006 intitolato Wild Orchids.
I motivi di una così lunga attesa sono da identificarsi nei molti problemi incontrati da Hackett durante questo quadriennio, a partire dal divorzio dalla moglie Kim Poor e dalla Camino Records con l’appendice di una causa legale per i diritti sul proprio materiale che l’ex manager Bill Buddis e l’ex moglie avrebbero voluto sottrargli. Alla fine il musicista è riuscito a risolvere il tutto con la creazione di una casa discografica ad hoc e la distribuzione -per quel che mi risulta- affidata solo al sito ufficiale.
Il tutto ha provocato anche il posticipo dell’uscita dell’album che in realtà era pronto da mesi.

La lunga attesa sembra però aver fatto particolarmente bene ad Hackett il quale ci consegna uno dei lavori più ispirati e completi di una carriera solista che -a parere dello scrivente- è la più valida tra quelle degli ex Genesis, la più coerente con quanto fatto in precedenza e contemporaneamente la più impegnata dal punto di vista della ricerca, ancor più di quella di Peter Gabriel e ad anni luce di distanza da quella mainstream di Phil Collins.
Out of the Tunnel’s Mouth è una ripartenza fin dal titolo, una dichiarazione di vittoria e di ritrovata tranquillità accanto ad una nuova compagna (quella Jo Lehmann presente sul disco) e forte delle collaborazioni di un gruppo di amici che sembra una parata di stelle produce un lavoro che pur essendo meno difficile all’ascolto rispetto al precedente, risulta superiore in virtù sia di una maggiore fruibilità, sia di contenuti tanto rispettosi del passato quanto vari ed esplorativi di numerosissimi territori sonori che vanno dall’Ambient, al Rock , al Prog alla musica etnica.
Se poi consideriamo che il tutto è stato ottenuto registrando nel soggiorno dell’appartamento di Steve, che non è stato possibile ingaggiare un batterista a causa del fatto che i vicini non avrebbero sopportato il rumore e che l’inconveniente è stato ovviato con l’utilizzo di un software (peraltro ottimo), con sessions di registrazione surreali, bhè, allora il risultato è ancora più apprezzabile. Il tutto nella contenuta durata di circa quarantacinque minuti.
Vi dicevo di una batteria di ospiti fantastici.
Per la lista completa vi rimando alla lettura della line-up, ma voglio comunque segnalare tra gli altri Anthony Phillips, Chris Squire, Ferencs Kovacs, e Christine Townsend.

Si parte con la title-track/manifesto, un pezzo estremamente ritmico, sostenuto dal basso di Squire su una linea melodica rabbiosa in maniera latente che racconta appunto la sua uscita dal tunnel in cui era precipitato.
Nomads mostra un Hackett alle prese con la sua chitarra dapprima piuttosto triste, poi tesa verso atmosfere Gitane di gran classe.
Emerald and Ash è un atto di accusa verso l’ex moglie con l’utilizzo di linee musicali post-Genesis in concorso con Phillips (e come poteva essere diversamente?) ed in combutta -se mi passate il termine- con la voce di Amanda Lehmann, sorella di Jo.
Dopo l’elettro-divertissement di Tubehead -omaggio ai Marshall valvolari- si passa a Sleepers, la mia preferita. Una ricchezza strumentale che va dalla chitarra al sitar al servizio di un pezzo che passa da sinuose progressioni ad inquietanti armonie ricche d’angoscia e ben interpretate vocalmente ed impreziosite da una effettistica misurata.
Il pezzo è anche un ottimo esempio di come un professionista è in grado di esaltare una composizione mediante un arrangiamento di altissimo livello.
Ghost in the Glass è un breve e liquido Ambient quasi necessario a questo punto.
Il Blues ha sempre fatto parte del Background musicale di Hackett, non poteva quindi mancare un brano come Still Waters che rende omaggio al South e, subliminalmente, a J. Mayall.
Il compito di chiudere le danze è affidato a Last Train To Istanbul, brano leggermente prevedibile nel chorus, arabo nell’anima ed esaltato dalla fusione voce/violino prima e voce/sitar dopo.
Ed alla fine dell’ascolto è veramente difficile rendersi conto della assenza di un batterista in carne ed ossa, tanto che inizialmente la cosa mi era completamente sfuggita.

Un album che se non è il migliore della carriera solista di Hackett ci tira molto vicino, e che potrebbe comodamente ritagliarsi uno spazio tra gli ascolti preferiti di una fascia di pubblico estremamente ampia, a patto che sia parimenti competente.
Unica nota stonata una cover che sembra presa di peso dagli anni 80, ma si può perdonare.
Ottimo.



VOTO RECENSORE
89
VOTO LETTORI
51.62 su 29 voti [ VOTA]
Silvio
Mercoledì 13 Aprile 2011, 17.32.11
7
Arrivo tardi, ma si sa meglio tardi....Di certo l'album non delude anzi! Da qui a fare graduatorie mi pare assai complicato per esempio a me era piaciuto di + Wild Orchids. Inoltre l'accostamento a Peter Gabriel mi pare ardito forse dal vivo il nostro Steve è paragonabile a Peter? Credo proprio di no. Una cosa è certa: la bravura di Steve è tale che non s'avverte la ristrettezza dei mezzi. Molto Buono
Raven
Martedì 15 Giugno 2010, 8.20.19
6
Alessandro, a me sembra un dato incontrovertibile. Giorgioformi, la qualità di un musicista forse è opinabile, qui però....
Giorgioformi
Martedì 15 Giugno 2010, 0.35.24
5
Vera spina dorsale dei Genesis. Ho assistito alla vergognosa esecuzione di Stuermer a Roma nel 2007. Possibile che esista un chitarrista migliore e accostabile a Steve?
Alessandro
Martedì 4 Maggio 2010, 14.57.36
4
concordo ma soprattutto ci tengo a dire che qui per la prima volta ho trovato scritto quello che ho sempre pensato, e cioé che la carriera solista di Steve Hackett é l'unica veramente all'altezza dei Genesis dei tempi d'oro.
Raven
Sabato 24 Aprile 2010, 16.09.31
3
E l'unico che mantiene intatta tra gli ex genesis una certa integrità.
andrea
Sabato 24 Aprile 2010, 15.44.22
2
D'accordo con la tua recensione, gran disco da parte di un artista che continua a fare ottima musica nonostante sia già passato alla storia da più di 30 anni. Son questi i veri artisti.
cipmunk
Venerdì 23 Aprile 2010, 21.33.48
1
..Bel disco !!bei brani!! rispetto Maximo!!!!
INFORMAZIONI
2009
Wolfworks Records
Prog Rock
Tracklist
1. Fire On the Moon
2. Nomads
3. Emerald And Ash
4. Tubehead
5. Sleepers
6. Ghost In The Glass
7. Still Waters
8. Last Train To Istanbul
Line Up
Steve Hackett – guitars, vocals
Nick Beggs – bass, Chapman Stick
Dick Driver – double bass
John Hackett – flute
Roger King – keyboards, programming
Lauren King – backing vocals
Ferenc Kovaks – violin
Amanda Lehmann – vocals
Jo Lehmann – backing vocals
Anthony Philips – twelve string guitar
Chris Squire – bass
Christine Townsend – violin, viola
Rob Townsend – soprano sax
Produced by Steve Hackett and Roger King
 
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