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Steve Hackett - Spectral Mornings
10/09/2016
( 4317 letture )
Ho definito più volte Hackett, anche nel corso della disamina di altri titoli, come la scintilla che i Genesis persero. Grazie alla propria defezione, la scintilla è diventata una vera e propria fiamma in grado di illuminare, con la propria brillantezza, ogni cosa attorno a sé. Voyage of the Acolyte fu sicuramente un esordio solista fenomenale, tuttavia profondamente ispirato agli stilemi del prog del periodo d'oro e al sound tipico dei Genesis. Con l'avanzare degli anni Hackett non ebbe di certo il timore di sperimentare soluzioni alternative, allontanandosi decisamente dallo stile d'origine. Senza arrivare agli esperimenti classici di Bay of Kings o blues di Blues with a Feeling, dei fortissimi cambiamenti si possono osservare già dal discreto Please Don't Touch e soprattutto dagli elaborati Spectral Mornings e Defector. Il titolo trattato nella recensione in questione si occupa di recuperare il misticismo e la spiritualità di Voyage of the Acolyte, distaccandosi tuttavia da esso in termini di sonorità. Nel calderone vi sono tanti generi, dal prog alla musica orientale, passando per distensivi orizzonti classici che ci portano a lidi oscuri e quasi tribali. Spectral Mornings, di conseguenza, apre un periodo molto lungo di sperimentazioni e continui sconvolgimenti nella discografia dell'ex-Genesis. Nel dettaglio, la sensazione che si prova nell'ascoltare il platter è che vengano gettati i semi di quella che sarà una forte innovazione, che poi vedremo sbocciare definitivamente con l'eccellente Defector.

Ad aprire il disco troviamo una canzone destinata a diventare una delle più famose dell'artista, perennemente in scaletta ad ogni suo concerto. Il ritmo veloce e le tastiere allegre di Every Day sono un marchio di fabbrica del sound di Hackett, insieme al cantato etereo e agli assoli con una veloce plettrata alternata. Il brano è dedicato a tutti coloro che non sono riusciti a salvare qualcuno di caro dall'inferno delle droghe. Per quanto il pezzo risulti abbastanza radiofonico ad una prima impressione, sotto una coltre di semplicità e leggerezza vi sono arricchimenti e dettagli degni del miglior prog. L'evoluzione che infatti prende in tutta la seconda metà ha un sapore decisamente malinconico e più oscuro: tuttavia il pennello che dipinge questo quadro è la Les Paul di Hackett che ci delizia con un assolo dotato di un gran lirismo. Il chitarrista inglese ha sempre avuto una forte propensione, in ambito letterario ed intellettuale, al mondo spirituale. Le atmosfere mistiche di The Virgin and the Gypsy vedono la voce pacata di Hicks dipanarsi sulle chitarre acustiche e sul flauto dei fratelli Hackett. Colpiscono in particolar modo l'uso dei synth e del flauto traverso, capaci di creare un contesto tipicamente naturale ed ambience, in grado di donare immagini molto nitide attraverso la musica. The Red Flowers of Tachai Blooms Everywhere presenta un titolo probabilmente più lungo dello strumentale stesso, dove Steve è alle prese con un sitar elettrico. La scelta di questo strumento porta alla scrittura di un pezzo del tutto inaspettato, che miscela tinte solenni e armonie tradizionali cinesi. La rottura con le prime due canzoni, che risultavano leggermente più nei binari canonici del chitarrista, è decisamente netta. Tuttavia la situazione è pronta ad evolversi ulteriormente, passando verso l'ossessiva Clocks - The Angel of Mons. Abbiamo di fronte a noi un altro strumentale destinato ad essere una vera perla oscura dell'artista. La sezione ritmica di Dik Cadbury e John Shearer è a dir poco fenomenale. In particolar modo il lavoro alle percussioni del batterista sulla parte finale lascia a bocca aperta, poiché conferisce al brano una tinta tribale ed ammaliante. Le atmosfere horror ed ossessive di Clocks - The Angel of Mons, vengono spazzate via dall'anomala The Ballad of Decomposing Man, che miscela calypso, bossanova e sfumature di un cantato quasi anni trenta. Il pezzo mette in risalto l'ironia del chitarrista nel comporre un brano che, con un sorriso amaro, presenta un testo ironico e un approccio orientato a sonorità caraibiche. La cosa più convincente è la ricerca che è stata svolta per scegliere i suoni dei synth e la scelta dei tempi incredibilmente azzeccata. Attraverso Lost Time in Cordoba si ha davvero l'impressione di perdersi nel tempo, in una dimensione onirica. Le immagini scorrono veloci in questo strumentale che conferisce all'ascoltatore delle immagini molto nitide. Frangenti più ariosi si alternano a sezioni più profonde e riflessive, nel quale la chitarra acustica è protagonista assoluta, con un suono leggermente ovattato e lontano. Nell'evoluzione del brano qualcosa sembra deturparsi e riportarci alla realtà: è il finale ansiogeno che ci sta traghettando verso un brano incredibile come Tigermoth. Un veloce fraseggio di chitarra elettrica si muove sul pesante e monumentale basso di Dik Cadbury, prontamente raggiunto da una batteria -quasi metal- di John Shearer. Il brano risulta altamente cinematografico e i versi di Hicks raccontano un'oscura storia di fantasmi, accomunati dall'essere tutti vittime di guerra. Per tutto il brano si percepisce quel senso di distruzione ed alienazione, tanto caro ai Pink Floyd di The Wall, che più volte ci fa venire la pelle d'oca. Trovano particolare risalto anche le mitragliatrici e i bombardamenti, fedelmente riprodotti dalle chitarre e dalle tastiere. Inserto che seppur non innovativo, si trova perfettamente a suo agio nella canzone. Sul finale si apre uno spiraglio di luce, pronto a dilatarsi del tutto sulla splendida Spectral Mornings. Aperta dal flauto del fratello John Hackett e dai synth, tutta la canzone è un autentico manifesto del sound di Steve Hackett, che fin dalla prima esplosione entra in gioco con una chitarra a dir poco meravigliosa. Il sustain della Les Paul padroneggia durante tutto il brano, con un suono carico e profondo, estremamente denso. L'omonima canzone non è soltanto la punta di diamante del disco, ma è uno dei capolavori di tutta la discografia del chitarrista inglese. La sensazione di redenzione che si ha con questo brano, non a caso posizionato alla fine del platter, è quella di una sorta di speranza dopo aver affrontato le tante difficoltà della vita: la droga (Every Day), la guerra (Clocks, Tigermoth) e le difficoltà quotidiane (The Ballad of the Decomposing Man). Il disco si spegne quindi in una supernova lucente e liquida, carica di una speranza tipica di una dimensione mistica e positiva.

Spectral Mornings è in conclusione un lungo viaggio attraverso le culture, gli stili e soprattutto all'interno della testa di Steve Hackett. Il disco, dopo numerosi ascolti, risulta estremamente sentito e personale, forse molto più di tanti altri -di altrettanto rilievo- all'interno della discografia del chitarrista. La cosa che più sconvolge è con ampia certezza la capacità di Hackett di brillare di luce propria, passando attraverso la classica, il prog, il calypso e la tribal. Da questo disco in poi, la completa e continua capacità di adattarsi a numerose correnti musicali provenienti da tutto il mondo diventerà uno dei marchi di fabbrica di questo grande artista. Ogni amante del prog non può non passare per Spectral Mornings e, a distanza di quasi quarant'anni, il titolo risulta tremendamente attuale. Se ora pensate che le sorprese sono finite del tutto, vi sbagliate: andate avanti di soli tredici mesi nel giugno del 1980... ma questa è un'altra storia.



VOTO RECENSORE
86
VOTO LETTORI
87 su 7 voti [ VOTA]
ELIO MARRACINY
Giovedì 24 Maggio 2018, 23.37.59
9
MA DELLE VOCI NASCOSTE IN TIGERMOTH NE VOGLIAMO PARLARE? DISCO STUPENDO EVERYDAY QUALCOSA DI STUPENDO ED EMOZIONANTE...QUANDO LA MUSICA SI FACEVA CON LE EMOZIONI E CON LE PALLE NON CON LA TECNICA...MA ANCHE TI LOST TIME IN CORDOBA...TIGERMOTH PAUROSA...AADCOLTATE LE VOCI MASCOSTE E I MESSAGGI DI SATANA NASCOSTI!
ELIO MARRACINY
Sabato 19 Maggio 2018, 16.10.01
8
MA DELLE VOCI NASCOSTE IN TIGERMOTH NE VOGLIAMO PARLARE? DISCO STUPENDO EVERYDAY QUALCOSA DI STUPENDO ED EMOZIONANTE...QUANDO LA MUSICA SI FACEVA CON LE EMOZIONI E CON LE PALLE NON CON LA TECNICA...MA ANCHE TI LOST TIME IN CORDOBA...TIGERMOTH PAUROSA...AADCOLTATE LE VOCI MASCOSTE E I MESSAGGI DI SATANA NASCOSTI!
omar
Domenica 29 Ottobre 2017, 8.25.06
7
disco da me comprato quando uscì...ancora lo ascolto con piacere è bellissimo e attuale sognante favoloso...spreco le parole uno se non il migliore disco fatto da steve ..almeno per me.
martellofilosofo
Martedì 13 Settembre 2016, 12.10.42
6
grande prova chitarristica di steve,un gioiello unico nella sua discografia
ayreon
Domenica 11 Settembre 2016, 11.03.38
5
anche io a volte non lo sopporto,specialmente quando canta,ma questo disco e anche in parte "defector" li consiglio.piccolo appunto ai recensori : di prog cosiddetto " moderno" non ci sono solo i marillion,perciò rispolveriamo anche cose tipo "ever" e "subterranea" degli IQ, " the jewel" dei pendragon,please
Steelminded
Domenica 11 Settembre 2016, 9.39.47
4
Della lunga discografia di Hackett, non ce n'è uno che veramente mi sia piaciuto.
therox68
Domenica 11 Settembre 2016, 0.29.52
3
Complimenti soprattutto per la capacità di scrittura ed il coinvolgimento: se uno non sapesse i tuoi dati anagrafici si direbbe che hai 'vissuto' gli anni di cui parli.
ayreon
Sabato 10 Settembre 2016, 13.47.33
2
il capolavoro di hackett,la sola title track vale tutto il disco e la dovrebbe suonare ad ogni concerto ( cosa che non sempre fa )
Maurizio
Sabato 10 Settembre 2016, 12.54.39
1
capolavoro !!!!!
INFORMAZIONI
1979
Charisma Records
Prog Rock
Tracklist
1. Every Day
2. The Virgin and the Gypsy
3. The Red Flower of Tachai Blooms Everywhere
4. Clocks - The Angel of Mons
5. The Ballad of the Decomposing Man
6. Lost Time in Cordoba
7. Tigermoth
8. Spectral Mornings
Line Up
Steve Hackett (Voce e Chitarre)

Musicisti Ospiti:
Peter Hicks (Voce)
Nick Magnus (Tastiere)
John Hackett (Flauto)
Dik Cadbury (Basso e Cori)
John Shearer (Batteria e Percussioni)
 
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