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27/04/24
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Magnum - Sacred Blood "Divine" Lies
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01/03/2016
( 3169 letture )
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Oltre quarant’anni di carriera, ad un solo passo dal pubblicare il loro ventesimo album, una formazione che, cresciuta attorno ai pilastri Catley/Clarkin, ha saputo sempre mettere in mostra musicisti in grado di garantire uno standard qualitativo di altissimo livello: stiamo parlando dei britannici Magnum, tornati in questi giorni agli onori delle cronache con Sacred Blood “Divine” Lies. Li avevamo lasciati due anni fa con un album che ci aveva come sempre convinti (pur con qualche riserva legata all’eccessivo quantitativo di nuovo materiale), e li ritroviamo oggi a confermarci una volta di più le loro qualità. Stiamo pur sempre parlando di una di quelle band assolutamente incapaci di sbagliare l’approccio ad un nuovo lavoro. La parola chiave, ancora una volta, è “eleganza”. L’eleganza con cui la band inglese da vita alla propria musica è un elemento piuttosto raro da riscontrare in altri gruppi tutt’oggi attivi. Certo, gli esempi per contraddire tale affermazione non mancheranno da parte degli ascoltatori più intransigenti, ma è innegabile quanto la sola presenza di un cantante come Bob Catley riesca a rendere tutto più sublime, al di là del tocco magico di Tony Clarkin sulle sue sei corde, della pomposità di Mark Stanway alle tastiere o ancora della precisione e leggerezza di una sezione ritmica di cui troppo poco si parla. Ma alla luce di ciò non sono poche le ombre che i cinque inglesi si portano dietro. Gli anni, che lo si voglia o no, passano per tutti e alla lunga una proposta come quella dei Magnum rischia di passare sempre più inosservata a causa di una mancanza di novità e di una carenza di idee che in molti potrebbero avvertire. Non sono mancate le grandi “sorprese” negli ultimi anni, con album quali The Visitation (2011) o Princess Alice and the Broken Arrow (2006) che ancora oggi continuano a lasciarci stupefatti e che rientrano meritatamente tra le migliori pubblicazioni di sempre della band inglese, ma più recentemente album come On the 13th Day (2012) ed Escape from the Shadow Garden (2014) ci hanno fatto capire che qualcosa, purtroppo, è cambiato ed anche i Magnum cominciano a risentire del tempo che passa. Sacred Blood “Divine” Lies è in questo senso la naturale prosecuzione dei suoi due predecessori, mantenendo uno standard qualitativo molto più medio che alto, orientato su un gran numero di canzoni “normali”, a dispetto di un ristrettissimo numero di brani capaci di lasciare un’impronta significativa. Per essere più precisi questa volta ci troviamo di fronte ad un solo brano definibile come capolavoro (certo, non saranno tutti d’accordo con questa affermazione, ma tant’è), due/tre ottimi pezzi e più della metà delle canzoni che rientrano semplicemente nella norma o sono al di sotto delle nostre aspettative. Vediamo allora nel dettaglio di cosa stiamo parlando.
I migliori Magnum li abbiamo nei primi minuti, con due brani esemplari come la titletrack Sacred Blood “Divine” Lies e soprattutto Crazy Old Mothers, pezzo con cui era stata anticipata la pubblicazione del nuovo album. Partiamo proprio da quest’ultimo. Ascoltandolo viene quasi da chiedersi come sia possibile che un potenziale qualitativo talmente elevato sia limitato ad un solo brano e non possa invece estendersi all’intero disco. Sì, perché un po’ di rabbia sale al pensiero di cosa sono in grado di tirare fuori dal cappello questi cinque pazzi inglesi, che piuttosto che incanalare le loro strabilianti capacità in un album capolavoro ogni quattro o cinque anni preferiscono pubblicare ogni due anni dischi di livello medio-alto, ma mai troppo eclatanti per lasciare un segno indelebile tra le tante uscite cui deve far fronte il mercato musicale odierno. Crazy Old Mothers è una canzone eccellente nella sua semplicità, dalle tastiere di Stanway, vere protagoniste, alla voce vellutata ma potente di Catley, qui autore di una prestazione incredibile. Questi sono i Magnum che vorremmo sempre sentire, capaci di emozionare anche il più ruvido degli ascoltatori con le loro melodie avvolgenti. Subito sotto a Crazy Old Mothers in graduatoria vi è proprio la titletrack, canzone che sfiora i sette minuti di durata e che gode di un buon ritmo e un buon tiro che gettano le basi per una linea vocale abbastanza movimentata e trascinante. Molto bello anche l’assolo di Clarkin, che ravviva ancor più il brano. Anche Gypsy Queen riesce nell’intento di trasmetterci qualche emozione, se non altro per la solita incredibile prova vocale di Catley, ma va ancora meglio con Your Dreams Won’t Die, ballad che riesce a trasmettere una certa carica e a mantenersi vivace soprattutto grazie ai suoi ritornelli. La prima parte dell’album presenta però anche un brano molto poco efficace, ovvero Princess in Rags (The Cult) che, a dispetto delle sue ritmiche movimentate e di alcune soluzioni interessanti alle tastiere non è in grado di convincere come potrebbe. I restanti cinque brani sono i meno apprezzabili di questo lavoro e forse riuscirebbero a trovare più fortuna solo se presi uno alla volta e non analizzati nel contesto dell’intero album. Questo perché non si tratta affatto di brutti pezzi, ma piuttosto di brani dal poco mordente e poco interessanti fin da un primo ascolto. Tra questi si salvano solo, in parte, Afraid of the Night e A Forgotten Conversation, che risultano abbastanza propositivi, ma poco aggiungono a livello generale.
Ancora una volta ci troviamo dunque a parlare di un nuovo album dei Magnum con una certa dose di nostalgia per ciò che sono stati in grado di mostrare nei loro anni migliori. A questo proposito è però necessario far notare come la band inglese non sia oggi l’ombra di se stessa, ma piuttosto abbia ormai raggiunto una maturità tale da non permettergli di far altro che ribadire i propri punti forti pubblicando album assolutamente meritevoli di rispetto, ma che sono lontani dal poter essere annoverati tra i capolavori del genere. Sacred Blood “Divine” Lies sa farsi apprezzare in più momenti e certo non vi deluderà. Ma dai Magnum dovremmo sempre aspettarci qualcosa di più.
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8
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questo e' leggermente inferiore, ma gli ultimi tre, intendo quello che esce domani rappresentino per i REAL rockers qualcosa di unico. Forse, forse sta capitando negli anni 2.0 per questa band, quello che capito' agli Aerosmith negli '80 |
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7
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X me un ottimo album a livello delle cose migliori della loro produzione I voti sono soggettivi quindi non li discuto |
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6
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X me un ottimo album a livello delle cose migliori della loro produzione I voti sono soggettivi quindi non li discuto |
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5
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Che i loro capolavori valgono 20 punti di più lo dico io, e infatti se leggi bene c'è scritto PER ME....invece che qui siamo sopra la media chi lo dice??? Tu, quindi, come al solito, de gustibus...io sono totalmente d'accordo conil recensor, album discreto, i capolavori sono altri, ma proprio altri |
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4
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un 7 significa buon disco, come voto non è male, ma non rende assolutamente giustizia a un album di tale valore, significherebbe confonderlo con mille altri. Qui siamo sopra la media, questo è quanto il migliore AOR/Hard rock ci può offrire oggi, ci sono dei gioielli che altre band ucciderebbero per comporre. Bo, forse sono io che stravedo per questa band ma fanno un genere che è solo loro, un epic AOR che mi trega letteralmente. I loro capolavori valgono 20 punti di più? Chi lo dice? @Lux Chaos ti rivelo una cosa, per me questo, un On the 13th day, un Princess Alice o un Escape from the Shadow Garden potrebbero valere quanto un On a Sotryteller's Night o un The 11th Hour. I Magnum di oggi hanno la stessa qualità dei Magnum degli anni 80, anzi, mi piacciono anche di più perché più robusti ed epici. Ribadisco, voto 83... un saluto |
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3
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Io invece concordo al 100% con Arturo, una delle poche recensioni obiettive e che non esagera...i loro capolavori valgono almeno 20 punti in più di questo per me, quindi il voto ci sta tutto...un gruppo grandissimo, per l'amor di Dio, ma ultimamente a mio gusto sono un po noiosi e peccano di prevedibilità e dinamismo ritmico in molte canzoni...una classe infinita li salva, ma dopo un po...boh, ripeto, mi annoiano, mancano molto di tiro. Secondo me un bel 7 è più che giusto e rispettoso. |
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2
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Diciamo che qui certe band non ricevono i giusti meriti, era il caso dell'ultimo album dei Praying Mantis ed è il caso degli album dei Magnum. Questa band è unica al mondo, in 40 anni di storia non ha sbagliato una virgola. Sinceramente è dalla reunion che non ho nulla da obiettare, sfornano capolavori di continuo, questo qui è l'ennesimo grandissimo album fatto col cuore e la classe, il penultimo On The 13th day (voto 90) per me resta l'apice della seconda parte di carriera, l'ultimo Escape from the shadow garden (voto 85) era di poco sotto e questo segue la stessa scia. 72 mi sembra davvero poco e non rende giustizia all'opera e nemmeno a questi vecchietti che ancora oggi spaccano il culo a tutti gli altri. Voto 80... almeno |
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1
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Bello, sono quasi 40 anni che sono sulla breccia e riescono ancora a comporre brani stupendi, la recensione è completa e fatta bene, ma non rende bene l'idea del cd, perchè i Magnum quel "qualcosa in più" lo concedono a tutti noi da sempre. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Sacred Blood “Divine” Lies 2. Crazy Old Mothers 3. Gypsy Queen 4. Princess in Rags (The Cult) 5. Your Dreams Won’t Die 6. Afraid of the Night 7. A Forgotten Conversation 8. Quiet Rhapsody 9. Twelve Men Wise and Just 10. Don’t Cry Baby
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Line Up
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Bob Catley (Voce) Tony Clarkin (Chitarra) Mark Stanway (Tastiere) Al Barrow (Basso) Harry James (Batteria)
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