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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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L‘ARCHIVIO DELLA ‘ZINE - # 35 - Motorpsycho, Kvelertak, Neptunian Maximalism, Yaldabaoth , Grave Circles, Havukruunu, Yawning Man......
24/01/2021 (1042 letture)
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Non sono stati mesi facili, ormai ce lo diciamo da tempo. Per questo ci sembrava opportuno riprendere una vecchia e sana abitudine e andare, nei limiti del possibile, a rimpolpare un po’ il nostro amato database con qualche disco che, per un motivo o per l’altro, ci fosse sfuggito nelle normali recensioni. Al solito, abbiamo cercato di pescare ad ampio raggio i dischi da recuperare e certo di roba interessante o perfino imperdibile ne abbiamo trovata tanta. Qualcosa abbiamo recuperato, via via, tanto che adesso abbiamo abbastanza materiale da portare alla vostra benevola attenzione e siccome era un po’ che non ci prendevamo questo spazio di approfondimento, alla fine è venuto fuori che i dischi che avevamo recuperato erano anche di più di quanti ricordassimo. Ecco quindi che in questo caso, invece della consueta cadenza trimestrale che l’articolo dell’Archivio aveva abitualmente, per l’occasione avremo due uscite relativamente vicine, con questo articolo e il gemello, contenente gli altri album di questa tornata, che arriverà tra un mese. Naturalmente siamo ben consapevoli che titoli ce ne sarebbero a quintali da recuperare, ma confidiamo che qualcosa di interessante siamo riusciti a proporlo. Ben vengano i vostri consigli in merito: cercheremo di soddisfarli e magari scoprire così qualche altro grande disco che ci fosse scappato.
Intanto, buona lettura!
ALTERNATIVE METAL
Scott Stapp – The Space Between the Shadows Non è sicuramente questa la sede per delineare un quadro psicologico attorno alla persona di Scott Stapp, ma le sue vicissitudini, tra cui il tentato suicidio, e la sua instabilità interiore sono elementi chiave per capire sia il messaggio sia i toni con cui crea ed interpreta i suoi lavori. Muovendosi su direzioni differenti rispetto alle band post grunge moderne come Bush o Seether, ricordandone gli elementi comuni solo alla lontana, il cantante americano mescola adeguatamente la parte cantautorale con quella più rockeggiante delle proprie radici, alternando ad intervalli strategici l’una e l’altra, in modo da rendere più fruibile e leggero l’ascolto.
Torche – Admission In verità è proprio il sapiente mix di tutti questi ingredienti così distanti tra loro a creare un sound inequivocabilmente personale e unico nel panorama rock attuale e questo è un dato di fatto di cui si deve tenere conto nell’approcciarsi ai Torche. I ragazzi di Miami confezionano undici brani formalmente perfetti, dove l’ascoltatore non rischia di abbassare la guardia nemmeno per un attimo. Nessun calo e una durata complessiva che supera di poco la mezzora sono gli ennesimi punti a favore di un disco che segna un ipotetico apice per il gruppo stesso e per ogni artista che voglia scrivere un bel disco di rock moderno al giorno d’oggi.
HARD ROCK
Cats in Space – Day Trip to Narnia Ci sono dischi capaci di folgorare l’ascoltatore fin dalla prima nota e non scollarsi più dalle orecchie: questo è esattamente ciò che è successo al sottoscritto con Day Trip To Narnia, quarto album degli inglesi Cats In Space. Un nome buffo, ironico, si potrebbe pensare, che potrebbe essere istintivamente associabile ad una band stoner rock o psichedelica, ma in questo caso ci troviamo in ben altri lidi: i sette “gatti dello spazio” infatti portano in alto il vessillo del rock puro e genuino, ma riconducibile alla tanto amata/odiata decade degli anni ’80 (o per la precisione a quel periodo sul finire degli anni ’70 in cui il progressive rock si stava ridimensionando considerevolmente): un sound infarcito di tastiere, orchestrazioni epiche e armonizzazioni vocali, per un risultato che fa della grandezza compositiva e della pomposità melodica la propria arma più forte e d’impatto.
Lucifer – Lucifer III Il richiamo del passato nel caso dei Lucifer diventa un ottimo punto di partenza per creare appunto delle belle canzoni, composte e suonate con garbo e qualità e interpretate da musicisti di valore ed esperienza. Sicuramente il fulcro dell’attenzione restano la voce e l’interpretazione di Johanna Sadonis, capace di attirare su di sé i fari del palcoscenico, giovandosi di un gruppo compatto alle spalle. L’immaginario tipico dell’occult rock viene preso e sviscerato in modo competente, senza per questo indulgere troppo sul Grand Guignol o su tematiche sataniche.
BLACK METAL
Yaldabaoth - That Which Whets the Saccharine Palate That Which Whets the Saccharine Palate non è assolutamente tra i dischi più semplici che possiate ascoltare e difficilmente soddisferà il gusto di chi dal black metal si aspetta immediatezza e schiettezza: nulla è immediato o schietto, qui. Anzi, dopo numerosi ascolti comincia a far breccia l’idea che il disco sia minuziosamente studiato a tavolino: sta a voi decidere se questo valga come pecca, come pregio o se sia indifferente.
Grave Circles - Tome II Il primo ascolto di Tome II si delinea nella mente e nelle orecchie l’ombra di quella che può esser considerata, senza timore di smentita, una delle realtà più importanti ed influenti (se non addirittura LA più importante ed influente) del black metal contemporaneo, i polacchi Mgła, dai quali ereditano una certa delicatezza che si fonde perfettamente con la decadenza e la ferocia del genere.
Esoctrilihum - Eternity of Shaog Non aspettatevi brani quadrati, con un andamento prestabilito, ma lasciatevi invece trascinare dal susseguirsi di momenti e cambi di ritmo frequenti; c’è ovviamente la furia tipica del black metal fatta di riff serrati, scream e con un’adeguata sezione ritmica, ma nulla che si fermi ad essere solo quello. Si viene subito colpiti da un utilizzo molto riuscito di tastiere, synth e svariati strumenti che fanno da sfondo e diventano protagonisti in determinati passaggi, con chitarre acustiche che arpeggiano e si mischiano a soliste melodiche.
Verikyyneleet - Ilman kuolemaa il misterioso musicista finlandese non ha mai reso nota la sua identità o altro, salvo foto che però dicono molto poco. Si sa che è un pittore e alcune sue opere possono essere ammirate nel libretto del disco, e sappiamo che con l’altro progetto, gli altrettanto singolari E, ha pubblicato tre album ed un EP. Verikyyneleet esordisce con una copertina che per qualche motivo suscita interesse, forse i colori, forse la percettibile vena naïf. Fatto sta che una volta che il disco prende il via, si entra in contatto con qualcosa di piuttosto particolare pur presentendo elementi ben noti; il black metal del finlandese fa dell’atmosfera un enorme punto di forza, ma non aspettatevi il classico black atmosferico, anzi.
Havukruunu - Uinuos syömein sota Il modo in cui parte il disco aiuta a dare una dimensione ben precisa di cosa si ascolterà per i prossimi quarantasei minuti; i bellissimi cori in gruppo vanno a dare epicità e maestosità ad un pezzo che qualche secondo dopo parte in tutta la sua furia su riff di scuola black melodico. In poco tempo si viene quindi gettati in mano a riff in grado di evocare gelide tempeste glaciali, e uno scenario che oltre a rispecchiare quanto si vede in copertina (perfetta) sembra quasi raccontarne dei retroscena.
THRASH METAL
Grinpad – Violence Da Violence non vi aspettate qualcosa che non sia il "solito" thrash di matrice americana, infarcito -nella sostanza- di stereotipi cari alla tradizione di Slayer su tutti, ma anche di Sodom, Pantera ed Anthrax. Sarà un demerito? Non so davvero, ma coloro che, tra i nostri lettori, siano da annoverarsi tra i ricercatori di novità ad ogni costo sono avvertiti.
PSYCHEDELIC ROCK E STONER
Yawning Man – Macedonian Lines Peculiarità dei nostri è quella di essere stati tra i primi a comporre veri e propri trip lisergici prevalentemente strumentali, capaci di astrarre fisicamente e mentalmente l’ascoltatore, come narrato dal già citato Brant Bjork. Nessun bisogno di fuzz spinti all’eccesso o ritmi estremamente dilatati, bensì sapiente uso di vuoti e pieni e grande ricercatezza melodica che talvolta rende stretto l’epiteto di “desert rock band” ai tre californiani.
Nebula – Holy Shit Eddie Glass ce l’ha fatta. Dopo dieci anni, come nulla fosse, ha riportato i Nebula al disco e lo ha fatto tirando fuori dal cappello un album destinato ad entrare di diritto tra le uscite più importanti del 2019 e di tutta la propria discografia. Un bel risultato, non scontato, ma assolutamente alla portata di un musicista che senza ricercare le luci della ribalta, non ha mai pubblicato niente che non fosse almeno ottimo.
INCLASSIFICABILE
Kvelertak – Splid Tornando invece alla storia dei sei saggi e dell’elefante, se prendessimo sei esperti appassionati di metal e a ciascuno di loro facessimo ascoltare un pezzo tratto da Splid, ciascuno potrebbe dire che gli Kvelertak suonano un determinato genere, tutti e sei diversi. Avrebbero tutti ragione presi singolarmente, ma nessuno saprebbe cosa suonano davvero i norvegesi. La loro musica è un concentrato di punk, hardcore, rock’n’roll, heavy metal, metalcore, con punte di black metal, volendo di prog metal e perché no, anche post punk in qualche passaggio, che celebra un gigantesco ibrido musicale.
Neptunian Maximalism – Éons I Neptunian Maximalism donano al mondo un’opera destinata a smuovere la dimensione interiore di molti ascoltatori e la speranza è quella che Éons possa godere di buona fama tra coloro che sono sospinti in alto da questo genere di proposta, unica nel suo genere soprattutto alla luce del 2020. Non parliamo di metal, nemmeno di rock, qualcuno ha avanzato il termine zeuhl, di magmiana memoria, ma non è forse corretto, in quanto anche i Magma hanno coniato a loro tempo qualcosa di unico e inimitabile. Guillaume Cazalet suona un genere che non è definibile se non attraverso i termini dell’avanguardia, definizione anch’essa ormai superata e appartenente al defunto ‘900, che risulta tuttavia non del tutto esplicativa.
DEATH METAL
VoidCeremony - Entropic Reflections Continuum: Dimensional Unravel Il coinvolgimento al basso di un mostro come Damon Good dovrebbe poi dare una dimensione molto chiara e definitiva del tipo di tech death con cui si ha a che fare. Parliamo di vecchia scuola, e quindi sotto con influenze che arrivano da Death, Atheist, Pestilence (quelli del favoloso Testimony of the Ancients, sicuramente il loro maggior punto di riferimento) passando per delle sezioni che ricordano i Morbid Angel; ma attenzione perché tali influenze non si riscontrano tanto nei riff ma più che altro nel concetto, nel modo di proporre e costruire i pezzi. In aiuto di quanto detto c’è lo strumento che più di tutti si farà notare per tutta la durata del disco, il basso.
Venomous Skeleton - Drowning in Circles Possiamo dire che se avete a mente e a cuore le splendide uscite dei Sonne Adam, è molto probabile che con Drowning in Circles entrerete in un tunnel oscuro in cui vi sentire al sicuro. Non si parla di una copia dell’ex-gruppo, quanto più di un rimescolare le carte cercando di distanziarsi e di dare la percezione che si tratti di un progetto totalmente nuovo. No, i tre non abbandonato quel death metal sulfureo, nero come la pece, arricchito di soluzioni doom e, cosa fondamentale, costruito sul legame tra i riff, ma hanno certamente dato più spazio al lato maggiormente violento del genere.
Ulthar – Providence Il trio non è cambiato poi tanto da quanto ascoltato due anni fa, proponendo ancora una volta un death metal dalle tinte psichedeliche, con alcuni momenti vecchia scuola e un riffing molto curato. Ed è l’attenzione per il riff ad essere il vero punto di forza del disco, che nei suoi trentasei minuti regala picchi di qualità e intensità; un’intensità data anche da un moderato utilizzo di sample, tastiere ed altri effetti sparsi in giro per i brani
PROG ROCK
Motorpsycho – The Crucible The Crucible è un album bellissimo, uno dei loro (dei Motorpsycho, NdA) migliori senza alcun dubbio, che prosegue la strada aperta con The Tower e lo fa pescando tanto dalla tradizione psichedelica quanto da quella prog e jazz, per un risultato ricchissimo ed emozionante. Band infinita e album che merita un posto tra le migliori uscite del 2019 e non solo. Non da intendere come regalo solo per nostalgici dell’epopea prog dei primi anni Settanta: questo è un disco da avere per tutti coloro che amano la bella musica.
A risentirci tra un mese!!!
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