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L‘ARCHIVIO DELLA ‘ZINE - # 39 - Agathodaimon, Saor, Blut Aus Nord, ZZ Top, Charlotte e tanti altri chiodi nella vostra mente...
30/03/2023 (1329 letture)
Le infinite uscite che ormai popolano incessantemente il mercato discografico e l’ormai sempre più prolifico canale delle autoproduzioni ci spingono sempre più a considerare come fondamentale l’opera di recupero degli album che, per un motivo o l’altro, erano sfuggiti in prima battuta alle nostre recensioni. D’altra parte, pur nella consapevolezza che anche così saranno tanti i nomi o i dischi meritevoli che non riusciremo a recensire, dobbiamo pur dare qualcosa in pasto ai nostri archivisti. Ormai da anni rinchiusi nelle tetre stanze della redazione, moderni scrivani pronti a qualunque sacrificio per togliere dall’oblio qualunque band sulla quale riescano a mettere le mani, i nostri non conoscono pace o riposo. Ecco a voi il frutto del loro lavoro degli ultimi mesi. Buona lettura….

BLACK E AFFINI
SAOR – ORIGINS
La musica metal ha il grandissimo pregio e possibilità di poter esprimere tutta la gamma delle emozioni umane e non solo, ma pure di riuscire a parlare di tutti gli argomenti possibili e immaginabili. Si è sempre parlato di storia e cultura, quindi perché non ritagliarsi anche uno spazio per parlare delle Scozia, fare ascoltare le sue suggestioni e parlare della storia del popolo dei Pitti, avrà pensato Andy Marshall, unica mente di questo progetto chiamato Saor, "libero" in gaelico. In questo quinto full length dal titolo Origins, il focus è quindi sulla storia dei Pitti e la copertina raffigura delle pietre erette e intagliate da questo popolo.

LORD BELIAL – RAPTURE
Rapture è un disco diretto, elettrico, ottimamente concepito ed eseguito, ricco di idee e input davvero interessanti. Alla band va dato il merito di esser riuscita nell’impresa di render ogni brano unico e riconoscibile, sia di facile assimilazione ad un ascolto superficiale che denso di sfumature ad un ascolto più approfondito.
Con un ritorno inatteso, quasi imprevedibile ma ricco di significato, i Lord Belial riprendono da dove avevano interrotto e tornano a seder sulle più alte cime del metal estremo scandinavo.


BLUT AUS NORD – UNDREAMABLE ABYSSES
Un’opera estremamente difficile, quasi indecifrabile, ecco come si deve accogliere questa nuova uscita dei transalpini. Senza dubbio il disco offre un approccio più “snello” (contestualizzato al passato della band) per chi ancora non conoscesse e si volesse affacciare al mondo dei Blut Aus Nord. D’altro canto, il disco non è annoverabile tra i capolavori o tra i momenti di massimo apice creativo dei nostri (come ampiamente dimostrato in passato) ma, come spesso succede con i Blut Aus Nord, non c'è spazio per le vie di mezzo: prendere o lasciare, discostarsi oppure lasciarsi ingoiare dal pragmatico, indecifrabile e tetro mondo di Disharmonium – Undreamable Abysses

AGATHODAIMON – THE SEVEN
Ritornano sulla scena estrema più motivati che mai i teutonici Agathodaimon, dopo che Sathonys nel 2014 ne aveva decretato lo scioglimento per motivi familiari. L’ultimo lavoro In Darkness fu abbastanza divisivo tra i fan e gli addetti ai lavori, mentre ora ci troviamo di fronte al nuovo disco The Seven, pronto a regalarci il loro sound eterogeneo composto di black/death, coronato da un massiccio comparto sinfonico.

MANEGARM - Ynglingaättens Öde
Si respira inverno scandinavo con i Månegarm, che dopo il molto buono Fornaldarsagor, tornano a sferzare sonorità nordiche con il nuovo Ynglingaättens Öde. Il gruppo svedese ripropone in questo lavoro il suo sound molto variegato intriso di black, viking e folk, certamente prendendo spunto per alcuni versi dai seminali Bathory.

CADAVERIA – EMPTINESS
Emptiness è uno di quei dischi che non stanca. Ricco di spunti, variegato, dinamico e concreto. Un ritorno davvero gratificante, fatto di idee se vogliamo oltremodo semplici ma mai banali e soprattutto funzionali. Grazie ad una produzione che ne rende a pieno merito, le vocals di Cadaveria sono sempre e da sempre un piacere. Sentire e risentire il suo veleggiare tra registri, dinamiche ed espressività di ogni sorta e soprattutto sentirla nuovamente in forma smagliante è un vero piacere.

DEATH
DARKANE – INHUMAN SPIRITS
Dopo quasi 10 anni di silenzio discografico e i riscontri più che positivi riscossi con l’ultimo album The Sinister Supremacy, i Darkane decidono di interrompere il digiuno pubblicando due singoli durante la scorsa primavera, prima di rilasciare la loro ultima fatica Inhuman Spirits per Massacre Records. La musica proposta dai nostri è un death metal melodico ispirato ai maestri casalinghi quali In Flames e Dark Tranquility, ma che incorpora molti elementi thrash metal.

HARD ROCK E AFFINI
ANN WILSON – FIERCE BLISS
Inizialmente avevo intenzione di entrare in un qualsiasi vecchio studio, registrare alcune canzoni e vedere cosa avevo, ma Fierce Bliss ha rapidamente preso una vita propria. Siamo entrati nel famoso Muscle Shoals’ Fame Recording Studio e all'improvviso, dove prima non c'era nessun disco, ho magicamente avuto undici canzoni fantastiche che mi sono piaciute molto.

Con queste parole Ann Wilson ha presentato il suo terzo album in studio. Un disco coraggioso, dato che è il primo da solista contenente anche brani inediti, dopo gli album di cover Hope & Glory e Immortal. L’ex cantante degli Heart ha deciso di fare questo passo audace con Fierce Bliss, a 71 anni!


CHARLOTTE – CHARLOTTE
D’altronde, i Charlotte sanno utilizzare assai bene le care vecchie sette note e non hanno bisogno di trucchetti da studio per sfornare 17 tracce poderose dal sapore hard rock “vecchia maniera” (di quello che quasi non si sente più, almeno con questa genuinità), con una bella spolverata di blues esattamente come si usava negli anni ’70 e ‘80. Questi due ingredienti semplici ma genuini sono ciò che rende questo disco interessante ed avvincente: vero, le influenze sono palesi (variano dai Led Zeppelin ai Deep Purple, dai The Doors agli Who fino ad arrivare all’hair metal americano degli ’80) ma le emozioni che questi brani sanno suscitare sono autentiche.

ZZ TOP – RAW
Si dice che il gruppo si sia ritrovato alla storica Gruene Hall per scattare foto promozionali in vista del documentario; una volta posizionati gli strumenti sul palco, però, i nostri hanno deciso di collegarli, di mettersi a suonare, quasi come fossero in sala prove, e di registrarsi nel mentre. La band viene così catturata “al naturale” (da qui, il titolo Raw) e il carattere intimo – quasi da sala prove – di questa performance viene esaltato dalle scelte di produzione e mixaggio finale: i suoni sono minimali e nitidi, ma caldi e densi, e le tre voci strumentali sono perfettamente equilibrate, ognuna con il suo spazio e la sua possibilità di mettersi in mostra e amalgamarsi alle altre due.

RONNI LE TEKRO - BIGFOOT TV
Ci si può sforzare quanto si vuole ma chi intende incasellare a tutti costi un disco, troverà svariati problemi con questo Bigfoot TV. La nuova produzione del grande Ronni Le Tekrø appare semplicemente un album costruito su spiriti affastellati, espressioni musicali, pensieri correnti e stati d'animo in cammino; un viaggio compositivo che rifiuta di essere classificato ed etichettato, una mente creativa, una vena compositiva aperta, rende l’artista tale. Una raccolta di canzoni che sondano le radici del rock da diverse direzionalità, rendendo il prodotto multiforme ma legato alla scrittura qualitativa, poliforme e sempre sorprendente, di un grande chitarrista e strumentista.

DOOM E AFFINI
ORTHODOX – PROCEED
Gli Orthodox danno alle stampe un disco visionario, atmosferico senza mai necessariamente sforare nell’onirico, ma anche carico di qualche moto di rabbia e di drammaticità. Se difatti si deve sottolineare il lavoro svolto dal riffing chitarristico, e anche l’ottima performance di Serrato al basso, è però l’aspetto evocativo l’elemento chiave del loro lavoro, o quantomeno che la band ha voluto mettere in primo piano, affinchè avesse il maggior peso sul piatto della bilancia. Non so voi, ma durante tutto l’ascolto ho avuto l’impressione prima di essere sballottato dentro la centrifuga e, da metà album in poi, di trovarmi catapultato a vagare in mezzo al deserto. Quando si riescono a trasmettere suggestioni così vivide ed efficaci è sempre un buon segno.

TEMPLE OF VOID – SUMMONING THE SLAYER
Al traguardo dei dieci anni di carriera e dopo un trittico bello pimpante, attorno ai Temple of Void si iniziano a nutrire aspettative abbastanza alte. Perchè se con Of Terror and the Supernatural hanno fatto il loro ingresso nella scena, Lords of Death e The World That Was hanno cementato la loro credibilità, spalancando le porte verso i vertici del genere, fino ad arrivare sotto l’egida della Relapse. Tutto questo anche cambiando leggermente la formula da un album all’altro. Perchè se inizialmente il canovaccio della band poteva essere ascrivibile tranquillamente al gothic doom, già dal secondo album si inizia ad orientarsi più verso il death, e con il terzo virano ulteriormente le loro coordinate alzando il tiro, giusto per far vedere che sia l’etichetta doom sia quella death stanno molto strette.

CAVE IN – HEAVY PENDOLUM
È davvero difficile trovare dei difetti in questo disco, con un metal duro, robusto, quasi sludge, che richiama i Mastodon o forse i Kyuss, ma con una vena anni '90 e prese singolarmente le tracce appaiono impeccabili; anche nel loro susseguirsi risultano coerenti e potenti grazie al tappeto sonoro sostenuto da un ottimo Conners, alle idee vocali di Brodsky, alla cattiveria portata da Newton e anche alle simbologie di incubi e premonizioni catastrofiche.



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