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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
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Alice Cooper - Goes to Hell
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20/05/2023
( 1411 letture )
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A metà degli anni ‘70 Alice Cooper è in un periodo della sua carriera, e della sua vita, a dir poco convulso. Per certi versi, è all’apice: non più tardi di un anno prima, nel 1975, ha prodotto l’album che, per molti, è il suo capolavoro assoluto: Welcome To My Nightmare. Un articolato concept album denso di significati dal punto di vista lirico, che narra la lenta e progressiva discesa nella follia attraverso le esperienze personali, gli incubi ed i deliri di un giovane chiamato Steven. Il disco è stato apprezzato da pubblico e critica, sia per le ambiziose liriche ma anche per la composizione musicale, potente e teatrale al tempo stesso. Tuttavia non sono state tutte rose e fiori: per la prima volta dagli esordi, Mr. Vincent Furnier (il vero nome di Alice) è stato costretto a separarsi dalla storica band che lo aveva accompagnato sin dagli inizi della carriera, e a produrre il suo primo vero e proprio disco solista. Certo, ha avuto il merito e la capacità di farsi affiancare da musicisti e produttori di primissimo livello (Bob Ezrin su tutti), ma lo stress e la fatica che ne è derivata lo ha profondamente segnato.
Il successo sorprendente di Welcome To My Nightmare pone il nostro di fronte ad un nuovo tremendo bivio: e ora? Squadra che vince non si cambia, e quindi abbandonando definitivamente il supporto della sua vecchia band e lanciandosi così come era stato capace di fare l’anno prima Alice Cooper Goes To Hell prosegue sulla strada tracciata dal precedente lavoro: oltre all’irrinunciabile Bob Ezrin in cabina di regia e nel ruolo di co-autore e arrangiatore, ecco nuovamente la coppia d’oro Steve Hunter/Dick Wagner alle chitarre e una sezione ritmica di turnisti di altissimo livello formata da Allan Schwartzberg alla batteria e Tony Levin al basso, che aveva già prestato le sue mani in alcuni episodi di Welcome To My Nightmare. Se, però, la storia narrata nel primo disco solista di Alice è un gioiellino fatto di melodie sinistre e cupe, il concept Alice Cooper Goes To Hell porta in scena un taglio diverso, più stravagante e variegato: abbandonati in parte gli stili del classico disco hard rock l'artista dà vita ad una sorta di musical, nel quale trovano spazio i generi più disparati. A conferma di ciò, questo surreale musical finisce per culminare in una canzone, I’m Always Chasing Rainbow, composta nel 1917 e diventata celebre in una versione di Judy Garland del 1941. In parallelo con la musica, la trama incentrata sulla vita di Steven diventa sempre più iperbolica, con il protagonista che finisce all’inferno e si trova coinvolto in una specie di sfida con il Diavolo in persona.
Musicalmente l’album è variopinto e quasi eccessivo, alternando momenti altissimi ad altri talmente particolari da lasciare completamente spiazzati (la cover di cui sopra, ad esempio): così, se da una parte abbiamo gioielli assoluti, come la potente e marziale prima traccia Go To Hell, la graffiante Guilty e, soprattutto, la delicata e fragile I Never Cry, una ballad che apre uno squarcio sulla lenta ma inesorabile discesa di Alice Cooper nell’inferno dell’alcolismo, dall’altra, invece, troviamo un caleidoscopio di generi, che vanno dalla proto-disco di You Gotta Dance, al funk di Wish You Were Here, passando per il rock n’roll anni cinquanta di Give the Kid a Break o al quasi jazz di I'm the Coolest, senza contare la già citata I’m Always Chasing Rainbow. Proprio per questa varietà continua di stili Alice Cooper Goes To Hell è un album intrigante come pochi: sfuggente, difficilissimo da inquadrare anche in una carriera variegata come quella di Alice Cooper, complessivamente non delude, ma nel contempo finisce per essere schiacciato dal suo maestoso predecessore, più compatto e coerente nello stile, e complessivamente più ispirato. Per certi versi, il problema sembra quasi consistere più in un eccesso di estro che non nella qualità delle canzoni, che sono convincenti, sebbene costantemente sopra le righe, se prese a sé stante, ma difficilmente assimilabili nel loro complesso.
Di questo se ne accorsero già i contemporanei: a livello di vendite l’album non riuscì a bissare il successo di Welcome To My Nightmare, e anche il conseguente tour vide una richiesta di biglietti molto più contenuta. La crisi personale di Alice Cooper, già ai prodromi, iniziò a deflagrare in maniera violenta e implacabile, e l’artista cominciò la serie di disintossicazioni da alcool che lo accompagneranno fino alla metà degli anni ’80, in parallelo con il periodo più particolare, e complessivamente meno brillante, della sua lunga discografia. Per rivedere Alice Cooper ai suoi massimi livelli si dovrà aspettare la seconda metà degli anni ’80, quando saprà risorgere dalle sue ceneri e cimentarsi in svariati generi e stili del movimento hard rock, mantenendo sempre il suo stile inimitabile e la sua classe cristallina sino ai giorni nostri.
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8
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per me è un buonissimo almo,molto variegato e pieno di sfumature,anche se non tutto è riuscito. |
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7
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bell\'album. E....Form the inside è in cima alla piramide qualitativa di Alice |
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6
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Tony Levin al basso? Ogni giorno se ne scoprono di nuove... pazzesco!!! |
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5
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A me piace! Era difficie eguagliare un masterpiece come WTMN e qua siamo verso la fine della prima grande era dello zio.... e si manca la recensione di From the Inside... |
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4
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Fra i tanti Album qua recensiti, vedo che manca From the Inside.. Secondo Me, uno dei più rappresentativi, anche perché Alice Cooper mette su Disco, il suo periodo passato in Ospedale a curare la Dipendenza dall\'alcool. |
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3
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Per me un buon album, anche se un po’ altalenante. Go To Hell e I Never Cry i due apici che già da soli valgono moltissimo; poi altri bei pezzi come per esempio Guilty, Going Home e Wish You Were Here, ma anche episodi poco efficaci. Chiaramente, venendo dopo Welcome To My Nightmare, il confronto non regge, ma anche perché è quell’album ad essere un capolavoro. Complessivamente Goes To Hell si difende abbastanza bene, ma i due successivi li trovo migliori (soprattutto From the Inside, per me un album stupendo), malgrado il periodo difficile per via dell’alcool. Poi effettivamente i primi anni ottanta sono stati un periodo di crisi anche artistica. Voto 79 |
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2
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Album minore, ma comunque sempre piacevole. Certo, dopo un WTMN ci si aspettava un pò di più. |
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1
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È vero quanto detto in recensione, album diciamo discontinuo. Ma i pezzi forti son forti davvero. E tra questi includerei anche Wish you were here. Pezzo molto figo, come direbbero i giovani di oggi. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Go to Hell 2. You Gotta Dance 3. I'm the Coolest 4. Didn't We Meet 5. I Never Cry 6. Give the Kid a Break 7. Guilty 8. Wake Me Gently 9. Wish You Were Here 10. I'm Always Chasing Rainbows 11. Going Home
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Line Up
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Alice Cooper (Voce) Dick Wagner (Chitarra, Voce) Steve Hunter (Chitarra) John Tropea (Vhitarra) Tony Levin (Basso) Babbit (Basso) Allan Schwartzberg (Batteria) Jim Gordon (Batteria)
Musicisti Ospiti Bob Ezrin (Tastiera, Voce)
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