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Alice Cooper - From the Inside
02/11/2024
( 788 letture )
Se i dischi precedenti di Alice Cooper, soprattutto Lace And Whiskey del 1977, erano indubbiamente influenzati dall’alcol, inteso come dipendenza ormai cronica da questo, il suo nuovo lavoro del 1978 è anch’esso all’insegna dell’alcol; ma, questa volta, dalla sua liberazione.
Reduce da una difficilissima ma sorprendente disintossicazione, il buon Vincent Damon Furnier si appresta a registrare il nuovo album ispirato e grintoso, ma, nello stesso tempo, pieno di dubbi ed incertezze. L’ispirazione gli è arrivata proprio grazie al recente periodo passato in ospedale, osservando pazienti, raccogliendo storie e personaggi e rileggendoli attraverso il suo stile unico ed inimitabile. Il futuro però non è così sicuro: questo è il suo primo album da sobrio dopo tanto, troppo tempo e, per rimarcare in maniera più netta la cesura dal recente passato, serve un cambio di collaboratori e un bel po’ di “aria nuova”.
Ad affiancarlo, stavolta, c’è un’altra leggenda degli anni Settanta, Bernie Taupin, ossia il paroliere e co-autore che, insieme ad Elton John, ha dato vita ad una delle più durature e meglio riuscite collaborazioni artistiche del firmamento rock. Taupin ed Alice sono amici di lunga data, entrambi sono ex alcolisti, entrambi raccontano in maniera unica il mondo attraverso i loro testi e il percorso di rinascita che tutti e due hanno attraversato è una tematica troppo sentita per non fissarla immediatamente su un disco. Cooper, con il fondamentale aiuto di Taupin, non ha paura di mostrare al mondo le debolezze e le crisi incontrate durante la degenza e di trasformarle in canzoni e confessioni intime, senza mai scivolare nell’autoindulgenza.
Le influenze del nuovo sodalizio non si limitano ai testi: anche la musica ha molti punti in comune con quanto prodotto da Elton John nel decennio che va a concludersi, a iniziare da certe tonalità tipicamente pianistiche; il tutto filtrato con la brillantezza e la capacità di stupire tipica di Alice Cooper.
Il risultato è spettacolare, grazie anche alle prestazioni superbe dell’intero gruppo di musicisti coinvolti. Se infatti a firmare la parte musicale assieme ad Alice c’è ancora il vecchio sodale Dick Wagner, l’esecuzione viene affidata anche ad una lunga lista di amici e session man, come Davey Johnston e Dee Murray (dalla band di Elton John), Steve Lukather e David Hungate dei Toto, Rick Nielsen, e tanti altri. In cabina di regia, invece, non c’è più Bob Ezrin, ma un diverso produttore, di livello comunque elevatissimo, il pluripremiato David Forster, che caratterizza l’intero album con un suono limpido, cristallino, quasi più pop-rock che hard.
Il risultato di questa miscela inedita e sorprendente è un lavoro che, pur discostandosi dal sound più “canonico” di Alice Cooper, rappresenta una delle molte gemme nascoste della discografia del nostro. Paradossalmente, se c’è un disco di Alice Cooper che pare meno invecchiato di tanti altri, è proprio questo From The Inside, proprio per la sua particolarissima cifra stilistica.
Se infatti vi sono parti più dure e graffianti (Wish I Were Born In Beverly Hills, Serious, For Veronica’s Sake), che rimandano direttamente agli storici dischi degli anni ’70, ciò che colpisce subito di tutto l’album e che ne rimane la cifra stilistica più autentica, è uno squisito gusto per le melodie, spesso teatrali, tipicamente “eltoniane”, ma senza mai –o quasi– scadere nel pacchiano o nello sdolcinato. Nota a margine: la voce di Alice, sempre magnifica, risplende in pieno e si adatta perfettamente a questo “nuovo stile”, senza alcun cedimento.
From the Inside è un album studiato e realizzato nei minimi dettagli, compresa la copertina, e quest’attenzione ai dettagli è evidente in ogni brano, partendo dal tirato funky-rock della title track, brano di apertura.
All’interno dell’album c’è un po’ di tutto, musicalmente parlando: si va dal funky al rock n’ roll, al soul, al “pop”, se così può essere definito, ma declinato con classe cristallina. Armonicamente parlando, l’album, oltre ad essere completo, è soprattutto piacevole e fresco da ascoltare.
La chiusura poi è spettacolare: prima la trascinante Jackknife Johnny, con un notevolissimo lavoro di tastiere, poi Inmates (We’re all Crazy), che si apre con un bel suono di pianoforte accompagnato da un’orchestrazione insinuante e trascinante, prima di scatenarsi in una linea vocale obliqua e indecifrabile, dove ritroviamo i toni inquietanti e stranianti, tipici del miglior Alice Cooper.

Insomma, in questo ultimo scorcio dei Seventies, il buon Cooper sembrava completamente ristabilito, a un passo dal riprendere la forma compositiva ed esecutiva dei suoi anni migliori; se avesse proseguito su questa strada virtuosa, molto probabilmente questo disco sarebbe passato alla storia come "l’album della rinascita" e sarebbe diventato una pietra miliare della sua discografia.
Purtroppo, come i suoi fan ben sanno, ciò non avvenne: da lì a poco il nostro ritornò a perdersi nei meandri dell’alcolismo e anche la sua musica perse mordente ed efficacia, per quasi tutta la prima metà degli anni ’80, sino alla nuova "resurrezione" e al nuovo ritorno, questa volta definitivo, a partire dal 1986.



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
89.62 su 8 voti [ VOTA]
Legalisedrugsandmurder
Giovedì 7 Novembre 2024, 19.15.50
12
@Lucio77 personalmente preferisco The Last Temptation, un album anche troppo sottovalutato, non andato bene commercialmente probabilmente perchè uscito nel periodo sbagliato. Comunque From the Inside rimane l\'unico lavoro buono uscito dopo Welcome to my Nightmare e Constrictor (l\'inizio della rinascita). Goes to Hell per me si regge solo sulla title track mentre Lace and Whisky è abbastanza spento.
Mariner
Giovedì 7 Novembre 2024, 16.54.28
11
Condivido recensione e relativo voto, ma ho qualche dubbio sul genere hard rock, per me si tratta di pop rock o al limite rock
Mariner
Giovedì 7 Novembre 2024, 16.54.26
10
Condivido recensione e relativo voto, ma ho qualche dubbio sul genere hard rock, per me si tratta di pop rock o al limite rock
Fabio
Lunedì 4 Novembre 2024, 12.45.29
9
Disco molto buono a dispetto di un periodo difficile per Alice, contestato da molti all\'epoca perché si stava allontanando dalla sua immagine originaria e anche il suo coinvolgimento nel mondo cinematografico ( ha una piccola parte nel film Roadie ) non sembra funzionare. Amo questi suoni dell\'America kitsch dei seventies
LUCIO 77
Domenica 3 Novembre 2024, 21.09.42
8
Confrontavo i Voti poco fa.. Che questo Album abbia \"a freddo\" una Votazione più bassa di The Last Temptation, mi lascia perplesso..
Epic
Domenica 3 Novembre 2024, 12.14.06
7
Uno dei migliori e uno dei miei preferiti
Aceshigh
Domenica 3 Novembre 2024, 11.10.35
6
Assolutamente uno dei picchi della sua sconfinata discografia. Album, come dice sotto Galilee, molto vario. Pezzi influenzati dal cosiddetto piano-rock (sarà per la presenza non solo di Taupin, ma anche di Johnstone e Murray) : emblematico in tal senso l’inizio della magnifica title-track. Altri pezzi più hard (Serious, con tra i credits anche Lukather), poi ballads, poi duetti, infine pezzi più teatrali, come la conclusiva Inmates, il cui coro finale dei pazienti dell’ospedale mi fa sempre venire la pelle d’oca. In tanta varietà la costante è l’alto livello del songwriting. Tanti ospiti illustri, cito a caso Jay Graydon che insieme al produttore/tastierista David Foster ci regalerà due anni più tardi quel gioiello di nome Airplay. Menzione speciale anche per il geniale artwork originale, con la cover che si apriva a doppia finestra e tante altre finestrelle che rivelavano particolari dell’osoedale, più qualche dedica (a Keith Moon). Ultimo grande album prima del periodo buio (di cui, se proprio devo dirla tutta, il criticatissimo Da-da mi sembra il meno peggio), poi a metà anni ottanta la rinascita: è un altro Alice Cooper, che però ci regalerà ancora tanti altri grandi album. From the Inside è l’ultimo (grande album) dei suoianni settanta. Da avere. Voto 90
Testamatta ride
Domenica 3 Novembre 2024, 9.28.48
5
Nella sua discografia questo è tra gli album dove emerge tutta la sua classe nella sua forma più pura e che solo i fuoriclasse hanno (scusate il gioco di parole)
Rain aka Area
Sabato 2 Novembre 2024, 18.18.19
4
Comunque si questo é stato il suo ultimo bello (secondo me) fino al 1986. Ho certamente apprezzato il fatto che abbia cercato di stare al passo buttandosi sulla New Wave ma quella roba non funzionava (sempre secondo me) e non mi piaceva come si conciava in quel periodo soprattutto nel periodo di Da Da … poi per fortuna il Glam Metal comincia ad andare forte e lui si mise legittimamente a farlo! Lui che con i Kiss quella musica l’aveva ispirata.
Rain aka Area
Sabato 2 Novembre 2024, 18.00.35
3
Preferisco l’Alice del periodo 86-92 a quello dei 70 ma concordo con chi ha commentato prima di me! É molto bella tutta la storia incentrata sul disco.
LUCIO 77
Sabato 2 Novembre 2024, 14.49.17
2
Album emozionante che racconta il Periodo dell\' Alcolismo ed il tentativo che sembrava riuscito di uscirne dalla dipendenza.. Non so se sia il più bello, de gustibus, ma forse il più rappresentativo della Vita di questo grande Artista.
Galilee
Sabato 2 Novembre 2024, 14.17.42
1
Disco bellissimo dalle mille sfaccettature. Uno dei migliori di Alice Cooper. E si ,pareva una rinascita ,invece c\'è voluto un po\' di più.
INFORMAZIONI
1978
Warner Bros. Records
Hard Rock
Tracklist
1. From the Inside
2. Wish I Were Born in Beverly Hills
3. The Quiet Room
4. Nurse Rozetta
5. Millie and Billie
6. Serious
7. How You Gonna See Me Now
8. For Veronica's Sake
9. Jackknife Johnny
10. Inmates (We’re All Crazy)
Line Up
Alice Cooper (Voce)
Dick Wagner (Chitarra)
Rick Nielsen (Chitarra su traccia 6)
Steve Lukather (Chitarra)
Davey Johnstone (Chitarra)
Jay Graydon (Chitarra)
David Foster (Tastiera)
Dee Murray (Basso)
David Hungate (Basso)
Rick Shlosser (Batteria)
Michael Ricciardella (Batteria)
 
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