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DIO - Angry Machines
12/03/2016
( 4748 letture )
Ronald James Padavona, meglio conosciuto come Ronnie James Dio, è uno di quegli artisti che non hanno bisogno di presentazione. Basta semplicemente nominarlo o nominare una delle sue band, per richiamare alla mente immagini di dragoni fiammeggianti su palchi enormi, mentre al di sotto folle immense di persone si scatenano, alzando al cielo quelle corna che ancora oggi sono il simbolo stesso dell’heavy metal, ma la cui nascita si deve proprio al buon vecchio Ronnie James. Divenuto noto per la sua militanza prima ancora che nei Dio, nei Rainbow di Blackmore e nei Black Sabbath, il cantante italo americano si è da sempre distinto, oltre che per le canzoni (alcune delle quali rimangono tutt’ora leggendarie) anche per le performance incredibili, che, nonostante il passare del tempo, poco o nulla risentivano del peso degli anni. Angry Machines, il settimo album dei Dio, ed il secondo dopo la reunion post Sabbath, è tristemente ricordato da molti per alcune scelte stilistiche differenti rispetto al passato e per questo considerato dalla maggior parte dei fan come uno dei capitoli meno riusciti nella storia della band.

Infatti, fin dalla opener Institutional Man, con il suo ritmo cadenzato ed i pesanti riff, ci si accorge come l’album si discosti fortemente dai lavori “Pre Sabbath”, per continuare invece nella direzione intrapresa dal predecessore Strange Highways, ovvero verso sonorità che richiamano alla mente per l’appunto Dehumanizer, l’ultimo album che Ronnie James incise con i Black Sabbath. Tolte alcune rare eccezioni, come la movimentata Don’t Tell the Kids, quasi un omaggio al passato, tutto il disco è caratterizzato da un incedere gravoso ed oscuro, condito dallo stile grezzo e rabbioso (causa di aspre critiche da parte dei fan) del chitarrista Tracy G, e da testi che abbandonano le tematiche fantasy tanto care alla band, in favore di tematiche più attuali ed incentrate sul sociale. Persino il cantato di Dio si fa più duro ed aggressivo, ma sempre magistralmente interpretato e dotato di quella carica emotiva che hanno reso il nostro una delle migliori ugole del metal che siano mai esistite. Dalle dure sfuriate di Double Monday e Black, si passa poi alle tenebrose Hunters of the Heart e Dying In America, entrambe introdotte dal basso molto d’atmosfera di Jeff Pilson (anche se nell’intro della seconda qualcuno potrebbe trovare delle assonanze con Enter Sandman dei Metallica). Il songwriting oscuro raggiunge poi il suo apice con Stay Out of My Mind, brano lento, che in alcuni frangenti richiama alla mente i Black Sabbath, con un Appice dietro le pelli in grado di trascinare avanti la canzone con un incedere funebre, mentre il cantato di Dio pare un grido d’agonia e le tastiere di Scott Warren sono protagoniste di un lungo ed inquietante intermezzo che sfocia in un crescendo angosciante.
In netto contrasto con il resto del plattern è la conclusiva This Is Your Life, uno dei brani più riusciti dell’intero disco. Trattasi di una ballata di voce e tastiera, dai toni vagamente malinconici e dal testo davvero emozionante, ennesima prova delle capacità canore di Ronnie James.

A conti fatti, Angry Machines è un album ben lungi dall’essere perfetto, ma anche lontano dagli stilemi classici della band e per questo, forse l’approccio migliore è quello libero da ogni collegamento con il passato. Abbandonate le tematiche sognati ed epiche, i Dio ci offrono il biglietto per un viaggio verso un universo cupo e spaventoso, fatto di lenti brani ed agonizzanti melodie. Da un certo punto di vista è comprensibile come molti fan abituati al “primo periodo” della band abbiano fatto davvero fatica ad assimilare questa virata stilistica dei nostri. Tuttavia quando si è una leggenda di fama mondiale pianificare ogni successivo passo è un’impresa alquanto ardua perché si cerca sempre di accontentare sia chi ti segue che il proprio estro artistico, senza tenere però conto che quest’ultimo non è mai statico ma in perenne movimento. Forse Dio e soci volevano semplicemente fare qualcosa di diverso da ciò che li ha resi famosi, con tutti i rischi del caso, ed al di là di ogni giudizio soggettivo è impossibile non notare in questo Angry Machines la bravura tecnica e la dedizione di ogni componente, ma soprattutto la passione di un artista che, più di molti altri e fino alla fine, non ha mai smesso di emozionare.



VOTO RECENSORE
67
VOTO LETTORI
70.2 su 20 voti [ VOTA]
Roby
Lunedì 17 Ottobre 2022, 11.29.12
11
Dio (appunto!) mio, che pa**e... Pezzi lentissimi, senza un guizzo, senza grinta...da bocciare assolutamente, insieme agli altri due, SH e M...
Iommi
Venerdì 2 Aprile 2021, 8.36.52
10
Il sound è quello giusto e la formazione anche. È l'ispirazione che rispetto a Strange Higway qui latita. Avrebbero dovuto darsi più tempo per trovare ispirazione, ma anche non lo avessero fatto avrebbero dovuto rimboccarsi le maniche con la stessa formazione dopo a questo disco, invece più che dal calo compositivo pare di fecero influenzare.da quello delle vendite e questa formazione.sparì. Grave errore. La svolta era quella.giusta e il sound notevole. Dopo a parte il buon Magica ci fu.tanta minestra riscaldata daglu anni 80 e la dissoluzione della sua carriera solista
Mauroe20
Venerdì 22 Novembre 2019, 22.32.28
9
.La scelta coraggiosa di Ronnie fu adottare un chitarrista non virtuoso come Gus G ( ricordiamoci che in quei anni il grunge aveva invaso il mercato) .A molti fans qiesto non andò giù.Voto 70
Philosopher3185
Venerdì 22 Novembre 2019, 20.06.46
8
Anche questo è un buon album..certo sono lontanissimi gli anni di Holy Diver,ma per chi apprezza i Black Sabbath,questo è un album da consigliare..cupo,oscuro,con una sfumatura industrial interessante..
gianmarco
Sabato 6 Luglio 2019, 20.30.54
7
mi piace ,molto industrial .
freedom
Domenica 26 Novembre 2017, 22.58.07
6
Sottovalutato. Lo ascolto spesso con molto piacere.
Father Picard
Mercoledì 18 Maggio 2016, 2.11.15
5
non abominevole, ma certo il peggior album di dio. Il concerto a pordenone fu un mezzo flop. Peccato, perche' il precedente Strange Highways, benche' flop commerciale, era di ottimo livello
Tevildo75
Giovedì 17 Marzo 2016, 12.02.25
4
Quando uscì,quest'album venne distrutto da tutte le parti; ci sono voluti venti anni per leggere una recensione obiettiva! Non un capolavoro, ma neanche un qualcosa di abominevole.
SadWings
Domenica 13 Marzo 2016, 18.52.09
3
beh questo lavoro secondo me con tutto il rispetto e l amore per la musica di ronnie james dio è quello che meno apprezzo e concordo con il voto del recensore.
jek
Sabato 12 Marzo 2016, 14.46.10
2
Beh ma stiamo scherzando, dopo l'insulto a Killing the dragon non credevo di dover leggere un'altra recensione e voto come quella. Per rispetto del recensore e di Metallized meglio non dica altro.
aquarius27
Sabato 12 Marzo 2016, 12.05.31
1
Diciamo che un 70 ci sta tutto...
INFORMAZIONI
1996
Mayhem Records
Heavy
Tracklist
1. Institutional Man
2. Don't Tell the Kids
3. Black
4. Hunter of the Heart
5. Stay Out of My Mind
6. Big Sister
7. Double Monday
8. Golden Rules
9. Dying in America
10. This Is Your Life
Line Up
Ronnie James Dio (Voce)
Tracy G (Chitarra)
Scott Warren (Tastiera)
Jeff Pilson (Basso)
Vinnie Appice (Batteria)
 
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