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CAMPUS INDUSTRY, LARGO FRANCESCO ANTONIO SIMONINI 1 + PARMA

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GENUS ORDINIS DEI
CRAZY BULL - GENOVA

METALLIZED CHARTS 2020 - Stoner, Sludge, Psychedelic
15/01/2021 (1870 letture)
Ormai è più che una certezza: il sottobosco stoner/doom è in costante sovraffollamento e sono tantissime le giovani band che decidono di dedicarsi anima e corpo al suono del deserto e alle atmosfere più lisergiche che gli amplificatori Orange e i pedali fuzz sanno regalare, unendo questi semplici ingredienti ad accordature ribassate ed effettistica dal sapore spaziale. Ciò fa sì che scoprire nuove uscite discografiche veramente meritevoli in mezzo alle tonnellate di band fotocopia sia un’impresa ardua, ma al contempo è anche stimolante barcamenarsi tra le diverse sfumature del genere scoprendo nuovi nomi e dischi sconosciuti, tenendo sempre presente che la vecchia guardia continua ad essere costantemente presente e vigile. Per tutti questi motivi l’articolo riassuntivo dei migliori dischi stoner del 2020 è oltremodo folto di nomi, in modo tale da fornire una panoramica quanto più soddisfacente possibile sulle uscite che si sono fatte notare nell’anno appena trascorso. Dato che la lista è lunga lasciamo parlare i dischi: le brevi descrizioni che accompagnano ogni album sono estrapolate dalle relative recensioni che trovate nel nostro database, mentre in calce all’articolo troverete alcune menzioni speciali relative a dischi che non sono stati (ancora) recensiti sulle nostre pagine, ma che non potevano mancare in questo lungo elenco. Immaginate ora di trovarvi nel bel mezzo del deserto del Mojave, mettetevi comodi, stappate una birra e segnatevi i nomi che ancora non conoscete. Buona lettura!

PSYCHEDELIC ROCK

ALL THEM WITCHES – NOTHING AS THE IDEAL
È come se il gruppo avesse scelto di ampliare il contrasto tra le varie componenti del sound, andando a colpire più duro nelle parti più immediate e vicine al metal e lasciando spazio alle componenti più psichedeliche invece in due lunghe tracce, posizionate probabilmente non a caso a metà e in coda al disco. Nothing As the Ideal si nutre di una luce assai bassa e brumosa, sacrificando forse la componente stoner a favore di quella psichedelica e riducendo anche le parti schiettamente blues, a favore di partiture quasi vicine al metal, che toccano ben tre episodi sugli otto presenti.

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GOLDRAY – FEEL THE CHANGE
L’impatto con la musica dei Goldray è tutto veicolato dall’incontro-scontro tra le due menti e anime della band, ovverosia tra i potenti riff di Kenwyn House e la stupenda voce di Leah Rasmussen, un talento totale, di livello assoluto. La musica è chiaramente un hard rock di forte matrice blues sessantiano, con evidenti influenze psichedeliche e, in questa occasione, un riuscito irrobustimento di riff proto-heavy metal settantiani, che ben innervano le composizioni dando una spinta in più alle canzoni.

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HAYVANLAR ALEMI – PSYCHEDELIA IN TIMES OF TURBOLENCE
È necessario ricollegarsi alla tradizione musicale rock turca per poter parlare dello stile della band, proprio perché i tre musicisti pescano a piene mani da quei suoni per inglobarli nella propria particolarissima miscela di stoner e sludge; non solo, oltre alle inusitate scale utilizzate, tipiche della musica mediorientale, i nostri aggiungono al mix stilistico riverberi giganteschi che riportano alla surf music degli anni ’60 e spunti ritmici che passano agilmente da momenti quasi afro per rallentare progressivamente e lambire lidi drone. E ancora inserti folk dal sapore asiatico e altri che paiono provenire dalle assolate lande sudamericane, il tutto condotto attraverso uno stile compositivo che lascia ingente spazio all’improvvisazione dei singoli e non si lascia ingabbiare da strutture prestabilite.

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HEXVESSEL – KINDRED
Quinto album di livello assoluto per gli Hexvessel, questo Kindred. L’ispirazione è altissima e altrettanto alta la qualità strumentale e compositiva. Niente è lasciato al caso e tutto appare necessario quanto in perfetto equilibrio. Perfino i due brevi strumentali fungono perfettamente da collante al resto, permettendo di riprendere fiato prima di immergersi nuovamente nei brani densi e carichi di suggestione che si susseguono. Kindred è probabilmente l’esaltazione massima dell’ispirazione primaria degli Hexvessel, cantori credibili quanto talentuosi, tra i più ispirati e qualitativamente alti tra le centinaia emerse negli ultimi anni a rifarsi alle atmosfere mai esaurite della musica psichedelica, prog e folk.

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KAIRON; IRSE – POLYSOMN
Lo scettro di miglior brano di Polysomn lo vince Altaïr Descends, un mix perfetto e personalissimo che frulla insieme i Flaming Lips di The Terror, i Radiohead di In Rainbows e i Porcupine Tree di Voyage 34 con il solito approccio post rock e dream pop che trova qui un equilibrio delicatissimo, fino a disgregarsi in un finale noise catastrofico e melodioso.

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LUCIFER – LUCIFER III
Il richiamo del passato nel caso dei Lucifer diventa un ottimo punto di partenza per creare delle belle canzoni, composte e suonate con garbo e qualità e interpretate da musicisti di valore ed esperienza. Sicuramente il fulcro dell’attenzione restano la voce e l’interpretazione di Johanna Sadonis, capace di attirare su di sé i fari del palcoscenico, giovandosi di un gruppo compatto alle spalle, guidato dal marito: Nicke Andersson (e Entombed, The Hellacopters). L’immaginario tipico dell’occult rock viene preso e sviscerato in modo competente, senza per questo indulgere troppo sul Grand Guignol o su tematiche sataniche.

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MOTHER ISLAND – MOTEL ROOMS
Lo psychedelic rock dei Mother Island s'insinua nell'ascoltatore con vivacità tramite il proficuo lavoro delle due chitarre in una combo riuscitissima di raffinatezza acustica ed acidità elettrificata, ma anche tramite la leggerezza movimentata della sezione ritmica e la voce ipnotica di Anita Formilan, la quale raccoglie le lezioni di Grace Slick cogliendone la classe e mitigandone la potenza canora oltre a presentare una sensualità atipica, quest'ultima essenzialmente tutta farina del suo sacco.

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MOTORPSYCHO – THE ALL IS ONE
The All is One si presenta e si presta ad essere una delle opere più ambiziose mai composte dagli artisti norvegesi e la stesura di quasi tutto il doppio album è opera di Bent Sæther, coadiuvato dall’altro membro fondatore, Hans Magnus Ryan. L’album può essere idealmente suddiviso in tre parti: due gruppi di quattro canzoni ad apertura e chiusura dell’opera, mentre la parte centrale è dedicata alla lunga suite N.O.X. ispirata e dedicata ai dipinti di Hakon Gullvag.

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ONSÉGEN ENSEMBLE – FEAR
Se i riferimenti iniziali possono essere quelli di due altre realtà facenti parte del roster di Svart Records, nello specifico Dark Buddha Rising e Oranssi Pazuzu, le diramazioni che le composizioni dei nove finlandesi iniziano a prendere si fanno ben più personali e diversificate e ad una solida base doom metal, coperta da una fosca nebbia psichedelica, si aggiungono sempre più insistenti quelle atmosfere western che istantaneamente fanno volare con la mente verso le colonne sonore più celebri di Ennio Morricone.

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ORGÖNE – MOS/FET
Mos/Fet è un disco sfidante, sia per la lunghezza, sia per l’approccio avantgarde e free che lo accompagna, ma per gli amanti dello space rock e del kraut rock si rivela uno scrigno prezioso. È bello e perfino necessario che album del genere escano tutt’oggi e che esistano band come gli Orgöne, a ricordarci che esiste anche una musica non necessariamente legata alla forma canzone classica e al vincolo radiofonico.

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OTAKUSUITE – EGGS
Eggs non permette mai che l’attenzione dell’ascoltatore si abbassi neanche per un istante, riuscendo ad ammaliare con lenti spirali psichedeliche e sapienti intrecci jazz, ma sapendo anche quand’è il momento di spingere sull’acceleratore con riff indiavolati, ma che non eccedono mai con la distorsione. Rimane musica di classe quella degli Otakusuite, rischiare di catalogarla come “semplice” rock psichedelico sarebbe un grave errore, sebbene sia l’influenza più ingombrante del trio pisano.

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PING – THE ZIG ZAG MANOEUVRE
Londonderry Revolutionary contiene in sé già la maggior parte delle caratteristiche del suono dei sei hippies norvegesi: un riff condotto da un synth acidissimo sul quale entra un ritmo di batteria basilare, ma carico di groove, il sax setta definitivamente l’atmosfera e poi entra la voce di Jørgen Greiner e di colpo si assiste a una sorta di rap robotico condito da cori angelici sul ritornello. Il finale poi è delirante e dal rap si passa a una coda strumentale dance-funk interrotta all’improvviso dallo scratch di un vinile.

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POLYMOON – CATERPILLARS OF CREATION
Caterpillars of Creation rappresenta un enigma racchiuso in una sfida. Cercare nei suoi meandri fumosi una struttura schematica ad ogni costo porta alla frustrazione, perché ogni singolo brano è privo di un baricentro definito. Al contrario se si libera la mente da preconcetti e si è disposti a farci trasportare dalle note, allora l’album si dispiega prima in tutta la sua policroma complessità, e ascolto dopo ascolto, appare sempre più fluido, più profondo ed appagante.

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STONE REBEL – SPIRITS ON THE SKY
Il disco è probabilmente il più influenzato dallo space rock nella carriera degli Stone Rebel, che sembra che in questo caso abbiano ascoltato per giornate intere il capolavoro Flying degli UFO, datato 1971, per trovare la giusta ispirazione per i brani, i quali difatti si configurano come un flusso continuo di arpeggi e brevi frasi melodiche affidate alla chitarra, mentre la sezione ritmica si staglia sullo sfondo, ma rimane soffusa e mai invadente nella propria imperturbabile monotonia.

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THE SONIC DAWN – ENTER THE MIRAGE
A differenza di tanti emulatori che hanno costruito negli anni quella scena denominata retro-rock, fatta di suoni vintage e riferimenti più o meno espliciti, i The Sonic Dawn sono chiari e precisi a riguardo: il loro sound è un tributo tanto preciso quanto sincero ai miti musicali degli anni ’60, ma non risulta didascalico e noioso, bensì appassionato ed estremamente minuzioso, soprattutto come già detto, nella ricostruzione dei suoni.

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TURTLE SKULL – MONOLITHS
Monoliths, il secondo album della band australiana Turtle Skull, è finalmente uscito il 28 agosto di questo anno, continuando a migliorare la miscela personale di questa band composta da rock psichedelico ed alternativo, plasmando così il loro peculiare sound "flower doom". Con questo nuovo album, però, i Turtle Skull hanno oltrepassato tutti gli elementi sonori che hanno adoperato nel loro primo disco, riportando delle interessanti novità.

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VILLAGERS OF IOANNINA CITY – AGE OF AQUARIUS
Il bisogno di riconnettersi ad una ritualità antica, tribale, fisica e terrena, eppure al contempo mediata da strumentazione moderna, unita a quella folk, rende un’universalità umana proiettata verso le stelle e verso l’interiore che fa bene e coinvolge emotivamente in maniera forte. Molto bravi i greci, musicisti e soprattutto compositori di livello superiore, capaci di narrare qualcosa e non solo di mettere insieme dei riff in maniera più o meno riuscita e consapevole.

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YAWNING MAN – LIVE AT GIANT ROCK
Il trio di veterani del rock psichedelico americano consegna ai posteri uno dei migliori documenti live del 2020 e consolida ancora di più il proprio status di leggenda grazie ad una professionalità unica unita a una sobrietà da anti-rockstar che, oggi più di ieri, rende onore a Mario Lalli, Gary Arce e Bill Stinson.
Live At Giant Rock è uno di quei dischi da ascoltare assolutamente, ma il dvd è da possedere senza indugiare nemmeno per un attimo.

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SLUDGE

BISMARCK – ONEIROMANCER
Se Oneiromancer ci scaglia addosso il suo macigno sludge con l’obiettivo di annichilirci per farci desistere dal proseguire, in The Seer sono gli aspetti doom e stoner della band a venire a galla per prendere il sopravvento, palesandosi con rallentamenti inquietanti, che sprofondano l’ascoltatore nella dimensione scura in cui si è perso. Il percorso è portato avanti da mid tempo sostenuti e persistenti, il growl che sembra maledire la nostra condizione è scandito dai passaggi di batteria, il tutto mentre continuano a trascinarci ancor di più in questa dimensione di vuoto.

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DARK BUDDHA RISING – MATHREYATA
Con Mathreyata i Dark Buddha Rising hanno ripreso il proprio cammino da dove lo avevano lasciato due anni prima con l’interessantissimo EP II: quello di uno sludge/doom nel quale l’ascoltatore arranca, come nelle più pericolose sabbie mobili. Il tessuto di cui l’ultimo brano Mahatgata III è composto è ruvido, graffia ed ustiona il cervello con le sue distorsioni e il disumano sovrapporsi di strati noise e drone, lasciandoci con lo spirito sanguinante abbandonato nella prigione del nostro corpo. Ed il desiderio di soffrire ancora.

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ELDEN – NOSTROMO
Nostromo è il classico disco che muovendosi tra le pieghe del genere (sludge con influenze doom e stoner, con una leggera vicinanza ai Mastodon), senza pretendere di insegnare o inventare nulla, è però dotato di una qualità di scrittura decisamente superiore alla media e si segnala tra le tante uscite come una di quelle capaci di lasciare un segno e proiettare la band oltre il livello underground attuale.

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OLD ROGER’S REVENGE – VENGEANCE OF BLACKBEARD
I nostri nei cinquanta minuti scarsi della durata del disco sfoderano una prestazione maiuscola, precisa e puntuale, ma carica di rabbia e pathos che traspaiono da ogni nota. Difficilmente si è in grado di capire che questo è in verità l’esordio di una band, tanta è la maturità dimostrata. Nonostante l’approccio diretto e senza compromessi, l’album presenta sempre nuove sfumature ascolto dopo ascolto, rivelando tesori sommersi celati dall’infuriare della tempesta.

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PRIMITIVE MAN - IMMERSION
Solo sei brani compongono il nuovo album dei Primitive Man, che tornano a tre anni di distanza dall’ultimo Caustic. Gli americani sbattono in faccia all’ascoltatore l’ennesimo macigno di noise/sludge brutale e senza compromessi, dove i feedback imperano e il growl profondissimo di Ethan Lee McCarthy colpisce a fondo. Il nero è l’unico colore presente tra gli assalti sonici imbastiti dal trio, che mai come in questo album dà sfogo alle proprie derive rumoriste, le quali spesso sfociano nel drone puro.

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SATYRUS – RITES
Rytes è un album compatto e a livello qualitativo non si segnalano particolari cedimenti o picchi assoluti. Diciamo che senz’altro Black Satyrus e Swirl possiedono delle specificità che lasciano un segno più immediato nella memoria, assieme a Stigma con i suoi evidenti richiami sabbathiani e un palese omaggio a Fairies Wear Boots sul finale.

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SERPENT OMEGA – II
La particolarità compositiva dei Serpent Omega risiede in una volontà piuttosto chiara di ibridare vari generi (sludge, black, perfino epic metal) e utilizzarli in maniera strumentale e assolutamente fluida, sfruttandone il potenziale distruttivo al massimo livello. II è un disco pesante, aggressivo, incazzatissimo, schiumoso e denso di liquami, sporco come una vecchia rimessa piena di polvere, catrame, ruggine e ragnatele.

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VOID OF SLEEP - METAPHORA
Considerare i Void of Sleep come un semplice gruppo sludge è estremamente riduttivo, in quanto i brani lunghi e complessi che la band piazza in scaletta vertono su un approccio decisamente progressivo al genere, di cui viene mantenuta l’impronta originaria grazie al suono prevalentemente fangoso delle chitarre e del basso, ma ne vengono scardinate le regole grazie ad incursioni in territori prettamente metal, come nella furiosa Master Abuser, episodio nel quale Burdo si affida alle harsh vocals per un risultato che potrebbe far venire alla mente i cari vecchi e sepolti Opeth.

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ZOLFO – DELUSION OF NEGATION
La proposta della band è un qualcosa di particolarmente intenso e violento, influenzata da Iron Monkey, Ufomammut e Bongzilla, capace però di spingersi oltre, andando su territori funerei, anche grazie alla voce, allo scream di Dave, lontani dal doom/sludge più caciarone, dando per l’appunto quelle piccole sfumature funeral e black che ben si integrano allo stile della band, ai suoi lati più psichedelici e sperimentali.

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STONER

ELDER – OMENS
Nonostante la fondamentale miscela di stoner e progressive rimanga la stessa, le tastiere in questo ultimo lavoro del gruppo di Boston risultano decisamente più presenti che in tutti i dischi precedenti. Sono proprio le note di synth che aprono la titletrack, seguite immediatamente dopo dal caldo crunch di una chitarra effettata. Le prime esplosioni sonore non tardano ad arrivare, emancipando immediatamente un'altra differenza che risalta subito all'orecchio: l'approccio al microfono di DiSalvo è decisamente più pulito, scevro di effetti che lo collocano in una dimensione eterea e lontana.

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ELEPHANT TREE – HABITS
Habits è fatto di sette canzoni più intro, cinque delle quali oscillano tra i sei e i sette minuti, con un comune substrato musicale che appunto viaggia tra stoner, doom, psichedelia, space rock e una evidente influenza alternative che riguarda soprattutto la prova vocale di Holland, il quale riprende sì il caratteristico andamento space, ma lo amplia notevolmente con influenze tra grunge e Tool, mentre Townley non si fa mancare delle ottime quanto interessanti soluzioni acustiche e Slattery gioca tra sintetizzatori e moog.

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ENIGMA EXPERIENCE – QUESTION MARK
Definire con precisione il genere suonato in Question Mark, escludendo la palese vicinanza ad influenze di matrice stoner specie nei momenti più esplosivi del disco, può fuorviare l'ascoltatore più attento, perché in realtà la band scandinava macina un complesso quanto ricco prospetto di soluzioni compositive che danno un tocco di sperimentalismo intrigante, col grande merito di risultare originali e dunque difficilmente catalogabili.

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FOOT – THE BALANCE OF NATURE SHIFTED
Dopo l’omonimo esordito discografico nel 2016 e Buffalo nel 2018, i Foot pubblicano ora il loro terzo album The Balance of Nature Shifted. Dietro a una copertina minimalista che ritrae un’onda verde, la natura, che travolge una città, simbolo del degrado umano, si cela un album sfaccettato e complesso capace di coniugare diversi generi che vanno dallo stoner, passando per il desert rock, l’alternative per approdare al doom.

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HUANASTONE – THIRD STONE FROM THE SUN
Third Stone From The Sun è un disco relativamente semplice e poco pretenzioso, ma con un carattere piuttosto spiccato e delle composizioni che funzionano. L’alto tasso di riascoltabilità e uno stile non esageratamente aggressivo o psichedelico ne fanno inoltre un disco solido e adatto a diverse occasioni e decisamente papabile anche per chi è meno avvezzo al genere.

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LOWRIDER – REFRACTIONS
Refractions è un compendio di stoner rock che si erge dai fumi dalla lezione californiana dei Kyuss e dei primissimi Queens Of The Stone Age, attraversa i territori dei Nebula e arriva a spingersi in territori squisitamente hard rock. Gli appassionati adoreranno all’istante questo album, poco ma sicuro. Questo perché per i Lowrider il tempo sembra essersi fermato proprio al 2000: le soluzioni compositive, i suoni, le ispirazioni arrivano tutte da lì e le concessioni alla modernità sono pressoché nulle.

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RÜCKWATER – SUPERNOVA
Nonostante il sound dei nostri sia uno stoner rock altamente infiammabile ed incendiario, il trio viene dalla freddissima Tampere in Finlandia. La formazione è composta da Jussi Vehman al basso ed i fratelli Markuu MacKone e Jarno MacKone, uno alla chitarra e l’altro alla batteria. Con la possibilità di alternare le due voci, i Rückwater spaziano senza problemi da momenti particolarmente tirati, virando verso il metal o comunque suoni più crudi, ad altri più distesi ma comunque sempre carichi.

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RYTE – RYTE
I quattro brani che compongono l’album hanno una durata compresa tra gli otto e i dodici minuti e sono quasi totalmente strumentali: proprio questo è il punto di forza del gruppo, riuscire a creare brani lunghi e privi di interventi vocali senza stancare l’ascoltatore, prendendo spunto in primis dalla pesantezza dello stoner, ben rappresentata dal mammut in copertina, ma contaminando i propri riff con invenzioni debitrici al rock anni ’70 di band come Blue Öyster Cult, Led Zeppelin e Deep Purple, senza mai dimenticare la lezione dei Black Sabbath e delle realtà stoner moderne, come Karma To Burn e Yawning Man.

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SUPERNAUGHTY – TEMPLE
Nonostante i nostri si siano formati soltanto nel 2014 il bagaglio culturale/musicale è palesemente proveniente dalla decade dei gruppi di Seattle, dal massiccio uso di chitarre distorte e malate tipico dei gruppi "sudisti", da una venatura lieve ma allo stesso tempo intensa da doomster consumati. La produzione tipica di trent'anni fa non fa altro che accrescere la sensazione di avere fra le mani un album di rock duro novantiano composto su schemi consolidati, ciononostante le varianti fra prima e seconda parte mostrano le capacità della band di variare (seppur non drasticamente) le sonorità offrendo così un album eterogeneo e perciò adatto a più di un ascoltatore

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WARLUNG – OPTICAL DELUSIONS
I riferimenti più vicini alla musica contenuta in Optical Delusions sono in primis gli onnipresenti Black Sabbath –omaggiati “spudoratamente” in più di un’occasione– ma anche i Saxon e in generale i gruppi della NWOBHM, mentre per citare realtà più attuali sicuramente si possono prendere in causa i The Vintage Caravan o i The Sword. Ad ogni modo il sound dei texani rimane peculiare, proprio a causa del riuscito bilanciamento tra la componente più classic rock e quella maggiormente metal.

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MENZIONI SPECIALI

ACID MAMMOTH – UNDER ACID HOOF

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THE ATOMIC BITCHWAX - SCORPIO

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SLIFT – UMMON

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Tyst
Sabato 16 Gennaio 2021, 16.59.28
12
@Korgull io personalmente li ho approcciati per la prima volta quando recensii il loro ultimo disco, questo straordinario Mathreyata, e, approfondendoli per parlarne, credo che sia proprio questo il punto da cui partire, specialmente se non si è particolarmente avvezzi allo sludge. Altrimenti, credo che Entheomorphosis sia il loro apice nonché disco imprescindibile da cui iniziare ad ascoltarlo
Korgull
Sabato 16 Gennaio 2021, 12.31.07
11
A proposito di Dark Buddha Rising...mi date un consiglio su quale album partire per conoscerli?
Black Me Out
Sabato 16 Gennaio 2021, 9.38.37
10
@Tyst oltre la grandezza dei DBR, io ti consiglio di seguire in generale il lavoro della loro etichetta, la Svart Records. Una delle realtà "metal" (virgolette non d'obbligo, di più) più interessanti in circolazione! Non c'è un disco pubblicato da loro che non risulti perlomeno interessante, ma il più delle volte sono dischi bellissimi.
Tyst
Sabato 16 Gennaio 2021, 8.54.56
9
Allo sludge mi sono avvicinato seriamente solo negli ultimi mesi, proprio con i Dark Buddha Rising (uno dei dischi dell'anno per me, indipendentemente dal genere). Ergo, questo bel listone mi titilla un sacco. Grande Alex!
Korgull
Venerdì 15 Gennaio 2021, 13.02.00
8
Voto i serpent omega come preferito! Ma le robe di alta qualità questà anno non sono mancate....sarà per via delle canne fumate in quarantena🤭
Black Me Out
Giovedì 14 Gennaio 2021, 19.27.14
7
@Shock però il termine "psych" l'hai usato, quindi ti sei fregato. Rimane il fatto che sia un ottimo disco e questo è ciò che conta dai. @No Fun capisco bene, la penso davvero così anche io credimi, talvolta faccio un giro su forum, canali YouTube e blog di settore per vedere se c'è qualche uscita che consigliano in massa e infatti gli Acid Mammoth sono frutto di questa ricerca, così come gli Slift. Tra l'altro mi fa davvero piacere che tu sia stato tra i pochissimi ad aver cercato ed apprezzato gli Hayvanlar Alemi (tra l'altro il loro nome si traduce con "il regno degli animali" in turco, quindi non siamo lontani da bestie e affini ahah) e l'eccezione per i Neptunian Maximalism dovrebbe essere d'obbligo per chiunque!
Shock
Giovedì 14 Gennaio 2021, 19.13.18
6
@Black Me Out: bella domanda🤣. No, seriamente, sinceramente sono tra i gruppi molto difficili da catalogare: partendo da una base simile Tool (quindi alternative?) innestano una pesante componente folk, ma anche psichedelica. Quindi alternative/psich/folk?? Impazzisco......
No Fun
Giovedì 14 Gennaio 2021, 18.37.35
5
@Black Me Out, ah ah può essere benissimo, non ricordo. Non ho dubbi sulla validità degli Acid Mammoth o anche dei Ryte che anche loro mi sembrava avessero il pachiderma sulla cover ma è proprio per questo che mi è utile questa discriminazione specista, altrimenti dovrei ascoltarli e non ce la posso fare. Per un attimo ho avuto il dubbio che Hayvanlar Alemi volesse dire mammuth in turco ma non è così. Comunque ho fatto un'eccezione per i Neptunian Maximalism e il loro concept sulle proboscidi che domineranno il mondo.
Black Me Out
Giovedì 14 Gennaio 2021, 17.51.08
4
Ciao @Shock, anche io come te e @Duke concordo nel dire che il disco dei Villagers Of Ioannina City è molto bello, ma perché dici che non sai se stanno bene qui? Tu come li inquadreresti a livello di genere? @No Fun mi ha fatto sorridere la tua uscita su mammut ed elefanti e mi piace pensare che tu l'abbia letta in qualche mia recensione, proprio perché è un ragionamento che faccio anche io e il più delle volte non sbaglio. Non ricordo dove, ma in una qualche recensione l'ho scritto di sicuro. Ti posso assicurare però che il disco degli Acid Mammoth però merita veramente, nella sua "classicità". Sui Mr. Bison non sono nella lista semplicemente perché l'articolo era già pronto e la recensione è arrivata un attimo dopo, ma chiaramente ci stanno benissimo nell'elenco, sono d'accordo con te.
No Fun
Giovedì 14 Gennaio 2021, 17.43.40
3
Concordo più o meno con i giudizi sui Villici qui sotto, però il disco non l'ho preso. Sempre Psych sono altri che ho preso e ho apprezzato con grande goduria: Hayvanlar Alemi (bello potente) Yawning Man (etereo) e Orgöne (folle), su quest'ultimo poi, poco dopo averlo preso, ho preso anche un disco che da tempo volevo ascoltare, Pawn Hearts dei Van der Graaf, e l'ho trovato per certi versi molto simile. Invece mi sono tenuto alla larga da gruppi che hanno mammut, elefanti e cazzi vari nel nome, nel titolo o sulla cover, basta ne ho le palle piene. Lo so mi perdo qualcosa di bello di sicuro ma c'è troppa roba e in qualche modo bisogna discriminare Adesso vado ad ascoltarmi Mr Bison (almeno una bestia diversa) dopo aver letto la rece e mi chiedo: perché non è in lista?
Duke
Giovedì 14 Gennaio 2021, 16.55.15
2
..io ho acquistato solo i villagers of ioannina city...un must del 2020. ..stupendo...
Shock
Giovedì 14 Gennaio 2021, 16.05.03
1
Non so se stanno bene qui, a livello di inquadratura di genere, ma il disco dei VILLAGERS OF IOANNINA CITY (tecnicamente uscito due anni fa) è un qualcosa di clamoroso: quando si cerca l'originalità eccone un perfetto esempio; un disco monumentale.
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Copertina di Alberto Silini "Griso"
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