Quando si tratta di essere dei buoni patrioti, raramente gli americani si tirano indietro. Alla luce di questa considerazione appare quasi scontato che Apollo 13, colonna sonora del 1995 a cura del losangelino James Horner, venisse trattata con i guanti di velluto, già pronta a diventare reliquia sacra e simbolo dell'orgoglio a stelle e strisce negli anni a venire, anche se naturalmente -come tutti ormai sanno- l'esperienza dell'Apollo 13 fu tutto fuorchè esaltante. Sarebbe dunque parso un po' fuori luogo proporre solo musica magniloquente e gloriosa per descrivere un evento tutto sommato da dimenticare della storia della NASA; involontariamente saranno i "B-sides" dell'album, vale a dire tutte le canzoni di contorno alla "Score" di James Horner, ben poco gloriose a mio avviso, a ristabilire l'equilibrio emotivo regalando qualche sano sbadiglio agli ascoltatori.
Ma andiamo con ordine. La versione del CD contenente solo le tracce di Horner è ormai un reperto introvabile, reperibile solo a cifre esorbitanti su Ebay; se vi venisse voglia di cercarlo nei negozi sappiate dunque che con tutta probabilità trovereste solo la versione AA.VV., e di primo acchito potreste anche pensare di fare un affare: James Brown, Jefferson Airplane, The Who, Norman Greenbaum, non sono certamente nomi da buttare. Il problema è la scelta dei brani, dei quali probabilmente salverei solo Purple Haze di Jimi Hendrix... nulla a che vedere insomma con la collezione incredibile di perle storiche proposta nel doppio CD di Forrest Gump o in Blues Brothers. Ma, dopotutto, queste sono solo opinioni personalissime.
Oggettivamente ben più valida è invece la prova di James Horner, incredibilmente ispirato nel momento di scegliere le note più commoventi per descrivere il lancio dello shuttle (All Systems Go), paziente nella stesura dell'arrangiamento e del dialogo tra gli strumenti. A questo va aggiunta l'enfasi intelligente sugli strumenti solisti, in particolar modo la tromba suonata da Tim Morrison e gli inserti vocali della bravissima Annie Lennox (come di consueto negli End Titles). Curiosa infine è la scelta di mantenere all'interno delle tracce i dialoghi tra gli astronauti e Houston (forse pensando che fosse un delitto omettere la celebre frase Houston, We Have A Problem?), una scelta dei produttori che aiuta ad entrare nell'"atmosfera" anche senza visionare la pellicola e che tutto sommato merita un applauso per l'"audacia" dell'esperimento. Resta l'amaro in bocca scoprendo che la sezione rock predomina su quella orchestrale a livello di minutaggio, e ciò non può che influire negativamente sulla valutazione complessiva, con buona pace del lavoro del compositore.
Apollo 13 rappresenta un ottimo lavoro di squadra tra Horner ed il regista ed amico di lunga data Ron Howard (chi si ricorda di Willow?), vincente al botteghino e sulle pagelle dei critici. Non lasciatevi intimorire dai miei dubbi sulla sezione AA.VV. e, se amate lo stile del compositore americano, compratelo ad occhi chiusi. Certo è che lo stesso anno uscirà anche Braveheart, un'altra opera firmata James Horner, altrettanto ottima ma ben più sostanziosa dell'album in esame, e se dovessi fare una scelta tra i due dischi...
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