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AA. VV. - Yogsothery: Chaosmogonic Rituals Of Fear
( 3268 letture )
Una cosa che mi affatica nella degustazione enogastronomica è il continuo cambio di sapore. Preferisco di gran lunga protrarre fino allo sfinimento le mie sensazioni – riuscendo ad inquadrarle con sufficiente rigore – piuttosto che modificarle ad ogni boccone senza la certezza di averne scomposto ogni singolo contributo. Lo stesso vale per la musica, che odio assumere in porzioni tra loro esageratamente assortite – se non addirittura decontestualizzate – e che invece mi gratifica nel continuum di un intero LP.

Nonostante questa mia predilezione sono venuto a contatto con Yogsothery: Chaosmogonic Rituals Of Fear, sfruttando una certa curiosità per i nomi in gioco e per la tematica di fondo: la I, Voidhanger Records, con la scusa di un tributo (più o meno lecito) a H .P. Lovecraft ha “spinto” nel progetto (solamente) 4 band di differente appetibilità e “tiro”, ma tutte accomunate da uno stesso fattor comune, ossia quello di proporre una lettura piuttosto apocalittica della matrice sonora prescelta, il doom metal. E questo, a ben guardare, da un lato contestualizza perfettamente il richiamo al mondo fantastico e fantasioso dell’autore americano, dall’altro consente una bassa variabilità alla proposta, con effettiva soddisfazione di coloro che masticano con piacere questi particolarissimi e tetri ambienti sonori.

Basterebbero i due nomi più conosciuti per spiegare il grado (“de-grado”?) di sperimentazione presente nel prodotto: Umbra Nihil e Aarni sono infatti ottimi portabandiera di quella musica indolente, eccessiva e sperimentale che i mastermind di questa compilation volevano rappresentare a partire dalla cover art multicolor. I primi, certamente legati ad un sottobosco classicheggiante, intrecciano sullo sfondo sabbathiano una maglia psichedelica di elevatissima fattura, nonché perfettamente bilanciata con le velleità di veri metallers (l’assolo di fine brano ne è un esempio sporadico ma importante). Suur-Nikkurin Virsi permette, abbastanza bene, ai finlandesi di presentare tanto le proprie abilità, quanto la personalissima miscela rock, doom e psichedelica che mi pare tornata agli ottimi livelli di Gnoia (titolo comunque molto più lineare rispetto agli ultimi esperimenti), dopo qualche passo falso. Li avevo criticati anche in occasione del tributo ai maestri Thergothon all’interno del quale avevano proposto una The Twilight Fade troppo scarica per i gusti del funeral doomster medio. Il brano proposto, pur impegnativo, è invece una miscela interessante e resa molto fluida dall’ottimo dialogo basso/chitarra e dalla limitatissima saturazione di quest’ultima, alleggerita proprio per dare risalto al quattro corde ed al vocalism del fondatore Vilpir, costantemente sopra le righe e volutamente in dissonanza armonica con l’amalgama posto a fondamenta del suo procedere.
Potendoli ammirare affianco ai precettori (di de-costruzione del doom) Aarni, che li succedono in ordine cronologico, mi verrebbe da dire che gli Umbra Nihil, il cui chitarrista Markus Marjomaa è nientemeno che il “padrone” e factotum del progetto, si sono fatti influenzare (pesantemente) dai propri connazionali, che comunque rimangono indiscutibilmente a caposaldo del filone sperimentale: mettendo a confronto Suur-Nikkurin Virsi con la terza Lovecraft Knew emergono infatti molti punti in comune!
Nutro personale ammirazione per la one-man-band di Oulu che anche in questa occasione dimostra mestiere, idee e grande capacità individuali: se già gli Umbra Nihil del 2010 potrebbero risultare ostici al 90% del pubblico di Metallized, va altresì specificato che gli Aarni, sempre “uguali” nella loro rincorsa all’esclusività, sono da ritenersi uno dei prodotti di nicchia più strampalati su cui un ascoltatore possa sbattere: ogni brano nasconde un disegno inconcepibile, maturato su abbinamenti verticali e timbrici che hanno dell’incredibile. Jazz, fusion, avanguardia armonica sviluppati con gli strumenti classici del metal, sommati a programmazioni, flauti e fiati, ecc…, in un pout-puorie strumentale che viene ulteriormente appesantito da distorsioni ronzanti ed un vocalism alieno, d’altri mondi, praticamente incomprensibile. Lovecraft Knew non fa differenza e si sviluppa nel suo minutaggio medio-lungo con numerose ambientazioni orrorifiche: negli undici minuti a disposizione, i nostri ci trascinano in un mondo ambiguo, terrificante, corrotto. Mostri d’altri luoghi, d’altri tempi, ci assalgono in concomitanza dei vari momenti: metà (e oltre) brano condotto su un astrattismo ritmico agghiacciante ed i rimanenti istanti (quasi cinque minuti) giocati su un’interpretazione tanto maligna quanto totalmente estranea alle normali dinamiche canore. Brano efficacissimo, ma solo se assimilato con pazienza: date tempo al tempo.

A capo e a coda dei venti minuti sopradescritti, trovano posto due formazioni (una storica, una emergente) che affrontano la “questione” da points of view leggermente diversi. I Jaaportit, anch’essi finlandesi, profilano il proprio sound basandolo completamente sulla componente elettronica: i 20 minuti di Kuihtuman Henkivi sono totalmente privi di strumenti elettrici e votati ad una spirale di introspezione e misticismo che ha radici nell’ambient più radicale dei Raison D’Etre, senza però ereditarne il terrificante potere ipnotico. Ciò in cui ci si imbatte è un sottofondo ricorrente privo di puntate melodiche e alleggerito da sporadici e lontanissimi (per bilanciamento) loop sintetici: il tutto è talmente scarno e astratto da annoiare mortalmente. Il minutaggio (esagerato) trascorre con difficoltà, a meno di non dirottare la concentrazione su altro, utilizzando il brano come un sottofondo lontano dal cuore e dalle orecchie. L’insuccesso del duo capeggiato da Tuomas M. Mäkelä è una brutta tegola sul giudizio complessivo di questo Yogsothery: Chaosmogonic Rituals Of Fear, principalmente a causa della posizione di vetrina occupata dalla traccia (l’opener gode di cospicui vantaggi, ma ha responsabilità enormi nell’economia generale del lavoro). Lo stato di indifferenza che (mi) hanno sempre provocato su disco (a cominciare dalle vecchie prove) continua anche in quest’occasione. La band, dal proprio sito internet, specifica che Kuihtuman Henkivi appartiene al passato, suonando ben diversa dall’ultima release Voimasuo (2009). La spiegazione non è, in alcun modo, di conforto, facendo apparire la partecipazione dei Jaaportit all’iniziativa nulla più che una mera scelta opportunistica: insomma, inadeguati nella musica, inadeguati nella comunicazione.
Passo falso bello e buono.

Più corposo lo stile dei conclusivi Caput LVIIIm che, sorpresa, non provengono dalla terra del doom per antonomasia come tutti i compagni d’avventura, bensì dalla penisola italica (paese che comunque ha sempre dimostrato affinità al movimento estremo). Ebbene si, la formazione in questione è un prodotto nostrano costituito da membri dei lombardi Malasangre. Come essi siano potuti entrare di diritto in questo esperimento è facilissimo da capire: i venticinque minuti di Resurgent Atavism mostrano tutte le caratteristiche di quel doom pesante e funereo che piace tanto al sottoscritto: ritmi bradipici (peraltro di notevole caratura), chitarra pachidermica, condimenti arpeggiati, stacchi decongestionanti; la formula, nonostante qualche parola di troppo nel promo-sheet (“cosmic” ad esempio), è insomma piuttosto rigorosa e ben supportata da un cantato inaspettatamente in screaming e fondamentalmente migliorabile abbassando il livello di intervento del vocoder, davvero molto invasivo. Resurgent Atavism, che di per sé è un titolo piacevole e solenne, soffre però dell’eccessiva ricorsività dei tempos e di una durata inutilmente sovrabbondante che ne diluisce il potere emotivo. Come debutto può andar bene, ma bisogna lavorare con maggiore cinismo, inserendo magari qualche melodia che catturi l’attenzione dell’ascoltatore. Promossi, ma con qualche debito da sanare nei prossimi impegni.

Tiriamo ora le somme, consapevoli che il voto in una compilation non può che essere un’indicazione di massima sull’utilità del prodotto. Chiaro che, nello specifico, non stiamo trattando di un dischetto da suffragio universale; chiaro anche che senza l’eccessiva dilatazione proposta da Jaaportit (per un verso) e Caput LVIIIm (per l’altro) il voto sarebbe stato ben più consistente; chiaro ancora che, per dare giudizi definitivi sulle band coinvolte, è necessario riferirsi, rigorosamente, ai rispettivi LP/EP. A rigor di logica dovrei però tributare qualche punticino in più alla strana coppia Umbra Nihil/Aarni, incitandovi a focalizzare l’attenzione sui venti minuti centrali di questo Yogsothery: Chaosmogonic Rituals Of Fear che, tuttavia, paiono un po’ risicati per giustificare l’acquisto…

Mettiamola così: senza infamia, senza lode e, comunque, per soli amanti del doom più estremo e bizzarro.



VOTO RECENSORE
60
VOTO LETTORI
39.11 su 26 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2010
I, Voidhanger Records
Doom
Tracklist
1 - Jaaportit - Kuihtuman Henkivi
2 - Umbra Nihil - Suur-Nikkurin Virsi
3 - Aarni - Lovecraft Knew
4 - Caput LVIIIm - Resurgent Atavism
Line Up
n.a.
 
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