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CRYPTIC WRITINGS - # 36 - Junior Dad - Lou Reed & Metallica
21/04/2014 (4595 letture)
L’OPERA DI WEDEKIND
Parlare di un album come Lulu è sempre un problema, almeno lo è se chi scrive è uno dei pochi che lo ha addirittura apprezzato. Ma non siamo qui a discutere i gusti personali. Il disco, come molti sapranno, si ispira all’opera di Frank Wedekind Lulu, formata da due diverse tragedie, rispettivamente Erdgeist (Lo Spirito della Terra) e Die Büchse der Pandora (Il Vaso di Pandora).

La prima parte dell’opera venne pubblicata nel 1895, mentre la seconda nel 1904. Frank Wedekind riuscì a creare con queste due tragedie il perfetto immaginario di ciò che noi oggi intendiamo con Femme Fatale, riuscendo a superare la definizione stessa. Le tragedie girano completamente intorno alla figura di Lulu, alla sua meschinità, alle sue voglie, ai mezzi che non si fa scrupolo di usare per raggiungere qualsiasi obbiettivo si ponga. Lulu è terribile subdola, bieca, calcolatrice e tentatrice; riesce ad adattarsi ad ogni veste, da quella di Pierrot a quella di signora altolocata ed agiata nella sua ricchezza, a quella più bassa e squallida di prostituta londinese senza nessun tipo di inibizione. Riesce a piegare al suo volere tutti gli uomini e le donne (l’opera incontrò molti problemi a causa dell’attrazione omosessuale della contessa Geshwitz nei confronti della ragazza) che incontra sulla sua via, distruggendo ogni singola fibra del loro essere. Nessuno riuscirà mai più a riprendersi dopo l’arrivo di Lulu nella propria vita. Ma cos’è che la rende così potente? Lulu è l’emblema del male; se volessimo fare una trasposizione biblica sarebbe la mela del peccato, che getterà l’uomo nell’inferno terrestre donandogli il sapere con il suo gusto così sinuoso. Lulu attrae grazie alla sua sconvolgente bellezza, alla sua apparente fragilità e bisogno di cure che ispira nel prossimo, per poi rivelarsi una vera e propria Mistress nel momento più opportuno. Eppure tutti coloro che la incontrano prima o poi comprendono la sua mostruosità ma non riescono a farne a meno, intrappolati in una spirale di piacere autolesionista che li tirerà sempre più al suo interno. Ma qual è il vero problema di Lulu? Sostanzialmente ci troviamo di fronte ad una donna nata nel tempo sbagliato, vogliosa di vivere secondo i suoi schemi e di divertirsi come preferisce, è anche la prima vittima di se stessa, estremamente sola e consapevole di ciò. Nel 1929 il regista austriaco George Wilhelm Pabst realizzò una magnifica trasposizione cinematografica dell’opera che consacrò l’attrice Louise Brooks a mostro sacro e caposaldo del cinema muto, riuscendo a sposare la veste di Lulu in modo quasi viscerale.

LOU REED E LULU
Ecco, dopo questa premessa che serve a spiegare bene cosa Wedekind volesse intendere con il suo dramma andiamo ad analizzare ciò che Lou Reed fece in occasione della sua trasposizione personale dell’opera. La gestazione di Lulu esula dai vari rapporti che poi Reed decise di stabilire con i Metallica. Se infatti durante la stessa esibizione alla Rock ‘N’ Roll Hall Of Fame Lou aveva già deciso di collaborare con loro, inizialmente si trattava solo di una reincisione di pezzi dei Velvet e della carriera solista dell’artista in chiave un pochino più spinta. La sua personale versione di Lulu non venne scritta in quella occasione, ma per la rappresentazione teatrale diretta da Robert Wilson nell’Aprile del 2011. Lou scrisse interamente da solo la musica e i testi che vennero rappresentati alla Berliner Ensemble e solo successivamente, ammaliato da questo dramma, decise di incidere ciò che era già stato scritto e messo in scena in versione teatrale su disco e di chiamare i ‘Tallica per realizzarlo. Questo a sostegno del fatto che anche parlare di collaborazione con questi risulti “troppo” in quanto si limitarono a trovarsi in studio e suonare le varie tracce, decidendo al momento come inspessirle per creare un sound diverso. Lo stesso Hetfield ammise di non aver nemmeno letto i testi che Lou gli aveva fornito precedentemente per fargli comprendere la portata dell’opera che avevano davanti. I testi scritti da Reed per l’occasione si rivelano come una perfetta trasposizione in chiave moderna di ciò che Wedekind aveva affrontato agli inizi del ‘900. La crudezza, la violenza e la volgarità con cui vengono esposti rende perfettamente l’idea dello spirito incarnato da Lulu, una donna dominatrice che non si preoccupa di dire davanti al suo uomo che lo vorrebbe vedere strisciare e poi suicidarsi. Parole sfrontate, ignobili per una donna dell’epoca e che lasciano anche stupiti ma che raggiungono perfettamente l’obbiettivo.

Tra tutti questi testi saldamente ancorati all’opera e che trattano la storia di Lulu, ce n’è uno leggermente più staccato e personale, ovvero quello che troviamo in chiusura del secondo disco, Junior Dad. Nonostante possa prestarsi anche ad una traduzione parzialmente pertinente (nonostante possa risultare molto contorta) con il dramma, se ne discosta quasi totalmente, non affrontando apertamente come fatto nel resto dell’album un tema ben preciso. Si trova a metà strada tra il sogno e la realtà e non si comprende chi sia davvero a parlare, chi chieda aiuto e chi sia l’interlocutore. Possiamo vedere due parti distinte all’interno del testo che trattano (sul finale) di un sogno disilluso, mettendo il protagonista di fronte alla triste, nuda e cruda realtà, ma approfondiremo tutti questi aspetti analizzando il testo.

Would you come to me
If I was half drowning
An arm above the last wave

Would you come to me
Would you pull me up
Would the effort really hurt you
Is it unfair to ask you
To help pull me up


Verresti da me
Se stessi affogando?
Un braccio al disopra dell’ultima onda

Verresti da me?
Mi aiuteresti a rialzarmi?
Lo sforzo ti farebbe davvero male?
Non è bello chiederti
Di aiutarmi a rialzarmi


Il testo si apre con un tema che porterà avanti per quasi tutta la sua durata, ovvero questa ricerca di aiuto, tesa quasi a mettere alla prova il personaggio a cui è indirizzato tutto ciò. La frase finale della seconda strofa denota un profondo orgoglio del personaggio a cui non piace chiedere aiuto a qualcun altro, proprio in questo frangente potremmo avere due interpretazioni, ovvero che sia Lulu a chiedere aiuto, oppure sia Lou a parlare.


The window broke the silence of the matches
The smoke effortlessly floating

Pull me up
Would you be my lord and savior
Pull me up by my hair
Now would you kiss me, on my lips


Il vetro ha infranto il silenzio dei simili
Il fumo fluttua senza ostacoli

Tirami su
Vorresti essere il mio signore e salvatore?
Tirami su per i capelli
Ed ora mi baceresti, sulle labbra?


I due versi in questione sono tra quelli che potrebbero far pensare ad un’interpretazione pertinente alla storia, in quanto chi parla potrebbe essere proprio Lulu e il possibile interlocutore risulterebbe identificabile con il Dottor Schön, colui che ha davvero tolto Lulu dalla strada dandogli ricchezze ma facendola diventare l’oggetto di contesa di tutti gli uomini, strumentalizzandola come la sua amante e ciò spiegherebbe anche l’ultima richiesta del bacio sulle proprie labbra.

Burning fever burning on my forehead
The brain that once was listening now
Shoots out its tiresome message
Won’t you pull me up

Scalding, my dead father
Has the motor and he’s driving towards
An island of lost souls


Una febbre ardente mi incendia la fronte
Il cervello che una volta ascoltava
Ora comunica i suoi messaggi a fatica
Non vuoi tirarmi su?

Ardente, il mio defunto padre
Ha il motore e guida verso
Un’isola di anime sperdute


Il primo verso risulta essere completamente slegato dal contesto dell’opera e sembra riferirsi a Lou stesso ed alla sua vecchiaia. Infatti la seconda interpretazione che si potrebbe dare al testo tratterebbe in prima persona Lou, facendo cambiare completamente i vari significati e rivelandosi in questo senso molto personale. L’autore si mette a nudo quindi, mostrando stanchezza e ammettendo che le cose non funzionano più come un tempo, che ora è difficile anche solo comunicare. Parte che sarà ripresa i modo ancora più palese sul finale. Il secondo verso si riallaccia invece ad entrambe le possibili interpretazioni, in quanto potrebbe riferirsi allo stesso padre di Lou ed essere la frase che ci fa capire che a parlare si tratta proprio di Lulu, visto che probabilmente il suo vero padre dovrebbe essere morto, poiché Schigolch (mendicante che afferma di essere il padre di Lulu quando il Dottor Schön la toglie dalla strada) che rivendica la paternità della ragazza, si rivela in più momenti come un impostore, arrivando ad avere una storia di sesso con lei.

Sunny, a monkey then to monkey
I will teach you meanness, fear and blindness
No social redeeming kindness
Or – oh, state of grace

Would you pull me up
Would you drop the mental bullet
Would you pull me by the arm up
Would you still kiss my lips


Assolato, una scimmia da prendere in giro
Ti insegnerò meschinità, paura e cecità
Nessuna bontà sociale redentrice
O – Oh, stato di grazia

Mi aiuteresti a rialzarmi?
Lasceresti cadere il proiettile impazzito?
Mi solleveresti per il braccio?
Baceresti ancora le mie labbra?


Il primo verso della strofa fornisce un ulteriore riferimento al dramma. Chi meglio di Lulu potrebbe insegnare ad essere meschini, chi meglio di lei potrebbe instillare la paura negli uomini e renderli completamente ciechi anche di fronte alle sue più sporche azioni e perversioni? Probabilmente ciò Lou intendeva fare con questo testo è qualcosa di ancora più ampio, cioè, scrivere si un qualcosa che avesse a che fare con l’opera di Wedekind, ma che in parte fosse anche autobiografico, che parlasse di lui, del suo essere.

Hiccup, the dream is over
Get the coffee, turn the lights on
Say hello to junior dad
The greatest disappointment
Age withered him and changed him
Into junior dad
Psychic savagery

The greatest disappointment
The greatest disappointment
Age withered him and changed him
Into junior dad


Singhiozzo, il sogno è finito
Fai il caffè, accendi le luci
Di ciao al papà minore
La più grande delusione
L’età lo ha avvizzito e trasformato
In un padre più piccolo
Una barbarie psichica

La più grande delusione
La più grande delusione
L’età lo ha avvizzito e trasformato
In un padre più piccolo


Il verso finale del brano è quello più intimo e più sentito, potrebbe trattare benissimo del Dottor Schön, unico vero padre dell’opera (di Alwa), e di una sua presa di coscienza, di come il tempo (inteso anche come Lulu) lo avrebbe trasformato in qualcosa di avvizzito, non essendo stato nemmeno in grado di proteggere il proprio figlio che infine morirà a Londra, in una squallida soffitta, ucciso da uno dei clienti di Lulu. Questa potrebbe essere l’interpretazione letteraria: dopo il discorso della Lulu implorante il Dottor Schön riesce ad aprire gli occhi e comprendere davvero ciò che si trova davanti. Si presterebbe nonostante risulti slegata dallo scritto di Wedekind.
L’altra interpretazione rintracciabile tra le righe è quella che vede Lou protagonista, lo vede chiedere aiuto ad una figura paterna che lui stesso non ha mai avuto e che per ovvi motivi non riesce a superare. In fondo abbiamo la presa di coscienza di Lou, che si rende conto di come il tempo lo abbia logorato, cambiato e avvizzito, di come sia invecchiato e di come, inevitabilmente, la fine non sia lontana. Un uomo che non si è arreso mai di fronte a nulla, né in passato e nemmeno in seguito al periodo di questo album, si è concesso, con questo brano, una piccola riflessione sull’impotenza che spesso la vita da. Su come si abbia un continuo bisogno di aiuto e su come questa spesso alla fine non restituisca altro che rughe, dolori e fatiche. Lou vede la sua immagine riflessa nello specchio, vedi tutti i suoi successi ma anche tutti i suoi fallimenti, vede cose che gli piacciono ed altre che odia, come questo avvizzimento che risulta essere “la delusione più grande”. Si pone sotto esame, senza preoccuparsi di ciò che gli altri vedono ma solamente di quello che lui sa aver affrontato e non ha paura di dire quali siano i suoi timori e delusioni, dimostrando sempre di essere un uomo con una grandissimo coraggio.

Lou Reed… un uomo geniale, schivo, sarcastico, gentile, spocchioso, arrogante, a tratti timido, sempre istrionico, un artista a 360°, che con la sua musica ha stregato intere generazioni e scritto pagine della musica e del rock mondiale.

Nonostante tutto quello che si possa pensare, i testi di questo disco risultano davvero belli, sia se messi in relazione con il dramma che presi singolarmente e questo in particolare non potrebbe essere più intimo ed intenso. È strano come si adatti perfettamente ad essere l’ultimo scritto di Lou e risulti quasi come un epitaffio finale in chiusura alla sua monolitica carriera.



The least i can do
Lunedì 28 Agosto 2023, 1.45.37
5
Bella analisi. Lou Reed è sempre stato un artista criptico ed anche se suonava poche note sulla sua chitarra e componeva assoli distorti amalgamati ai suoi testi, riusciva a trasmettere con efficacia tutta l\'inquietudine e le contraddizioni della nostra esistenza. Nella sua lunga carriera ha sempre cercato di rappresentare la realtà, così come è, senza sconti, e non è sempre facile ammettere i propri fallimenti. Anche l\'amore è rappresentato come filtrato attraverso un vetro e comporta sempre una certa fatica vivere il rapporto con un altra persona, come in effetti avviene. Sarà sempre lì all\'angolo della strada con la sua valigia in mano...
Sambalzalzal
Martedì 22 Aprile 2014, 18.17.01
4
The Spaceman@ d'accordo al 100%! Lou è sempre stato un personaggio scomodo in quanto a scelte stilistiche, sulla carta tutti lo reputano importante "in generale" ma poi quando si approfondisce a livello di giudizi personali trovi sempre parecchie bocche storte. La cosa curiosa è che quando ho preso Lulu ed ho iniziato a leggere il testo di Cheat On Me ho pensato "cazzo questo è Reed che parla di sé stesso!!!" Una cosa come "I want lovers like the rain so many of them, so much the same you say you love me, I know it’s true but I don’t love you" parla chiaro. E' sempre stato un cavallo pazzo a briglia sciolta che non ha rallentato i ritmi nemmeno alla fine e ha sentito sempre la sua voce, non quella degli altri. Qualcuno nel delirio più folle ha anche etichettato questo lavoro come "commerciale" probabilmente in riferimento alla collaborazione con i Metallica... questo non è un album per tutti, come non lo sono altri di Reed, è per chi sa saperlo ascoltare e soprattutto per ascoltatori che non si fermano alle apparenze. Si va dalla musica, al saperne apprezzare i testi comparandoli sia con l'opera di FW e sia con il percorso musicale e personale di LR come hai ben fatto tu, un'opera completa quindi che da tantissimi spunti di riflessione. Grandissimo Lou, una delle perdite più pesanti mai capitate in musica!
The Spaceman
Martedì 22 Aprile 2014, 17.21.36
3
@ricco96 grazie molte per il complimento!! La cosa più bella è vedere che gli articoli piacciano a voi lettori @Sambalzalzal, che dire, hai centrato perfettamente tutto quello a cui puntavo e che ho cercato di trasmettere con questo articolo. Certo ovviamente capisco che un album del genere possa non piacere per la sua sperimentazione (ognuno è liberissimo nei propri gusti) ma avrebbe ricevuto tutti questi giudizi negativi se si fosse trattato "solamente" di Lou??? Personalmente credo proprio di no. Se si fossero eseguiti gli stessi brani con una diversa schiera di musicisti e le stesse partiture sicuramente ci sarebbero state reazioni ben diverse. Invece accostato il nome dei Metallica a questo disco è arrivato lo sdegno e tutte le vicissitudini che ne sono seguite. Eppure non si dovrebbe avere tanto stupore difronte ad un opera del genere, almeno non nei confronti di Reed. Parliamo di un musicista che non si è fatto problemi a pubblicare Metal Machine Music che si classifica come molto più sperimentale (almeno in ambito strettamente musicale) rispetto a Lulu. Un album formato esclusivamente da feedback di chitarra che all'epoca venne stroncato ma che a distanza di anni ha avuto la sua rivalutazione (almeno in parte) venendo persino eseguito dalla ensemble Zeitkratzer anche a Milano nel 2002. Con questo articolo ho voluto dare la giusta importanza alla gigantesca opera in questione e spiegare come Lou l'abbia tratta, in modo così personale, intimo, introspettivo e profondo, trovando anche un espediente per mettersi a nudo un'ultima volta. Probabilmente Lou sapeva a cosa sarebbe andato incontro con questa pubblicazione e con la "NON" collaborazione dei 'Tallica ma gli andava bene così. Ha sempre sostenuto di fare musica per se stesso e ancora una volta è riuscito a dimostrarlo. In quel preciso momento del proprio percorso musicale voleva incidere qualcosa con i Metallica come band e semplicemente lo ha fatto. Questo è sempre stato Lou Reed, non lo è diventato di punto in bianco dal 2011 e a me non potrebbe piacere di più se non così
Sambalzalzal
Martedì 22 Aprile 2014, 15.32.50
2
The Spaceman@ non credo assolutamente che molti sappiano chi sia Wedekind, chi fosse Reed o appunto che tipo di coinvolgimento abbiano avuto i Metallica nella NON stesura di quest'opera. purtroppo però tutti sapevano bene chi erano i Metallica e così per pregiudizio e partito preso è passato inosservato uno degli esperimenti più interessanti che siano capitati a cavallo tra letteratura e musica. Qua sono coinvolte due epoche diverse che comunque nella diversità sono molto simili a livello di problematiche sociali. Quante/quanti lulu conosciamo nella nostra vita, personalmente o tramite media? Non credo pochi ma ancora di meno accettano di esserlo. complimenti per la bella analisi che hai fatto... probabilmente questo album è servito al mitico Lou per fare un bilancio ultimo della propria vita e mettersi in pace con la propria coscienza, mettersi a nudo davanti a quello specchio per potersi rivestire ed andarsene sereno.
ricco96
Martedì 22 Aprile 2014, 14.51.04
1
Complimenti, davvero un'ottima analisi
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