Nonostante la loro carriera sia durata, perlomeno in studio, non più di un decennio, e che gli assi calati in tale lasso di tempo dagli Emperor si contino sulle dita di una mano, questo combo norvegese ha saputo senza ombra di dubbio scrivere un importante capitolo della storia del black proveniente dall’artisticamente prolifico stato scandinavo, nonché lasciare un’impronta non indifferente nel ricco e lungo percorso del metal a livello mondiale. Spesso, infatti, anche i fan meno accaniti della fiamma nera conoscono quello che senza dubbio è la punta di diamante della discografia dei nordici, quel In the Nightside Eclipse ancora oggi in grado di sfidare, senza difficoltà apparente, tempo e concorrenza. Ed è proprio all’interno di questo disco miliare che ritroviamo quella perla che da supporter e critici è frequentemente considerata come la migliore composizione della band di Notodden, I am the Black Wizards…
I AM THE BLACK WIZARDS
Sei minuti e uno. O, se volete, 6 primi e 24 secondi. Questo il minutaggio (più breve in In the Nightside Eclipse, più lungo nel precedente EP Emperor) di un pezzo di storia di un intero genere, capace di portare i suoi giovanissimi creatori fino all’Olimpo del black metal, facendoveli risiedere tutt’ora, e di diventare fonte di ispirazione per numerose band e ancor più numerose cover (anche di nomi altrettanto noti, quali i Nocturnal Depression degli esordi o i più maturi Taake di qualche anno fa). Si tratta, e di certo non servirebbe nemmeno dirlo, di I am the Black Wizards, un classico senza tempo. Ben rappresentativo degli Emperor del periodo, nonostante la registrazione zanzarosa tipica dell’epoca (soprattutto nella sua prima versione), questo brano ha saputo diventare celebre per la sua furia e maestosità, dove al true norwegian black con ancora una vaga anima ibrida thrash (certamente già un po’ nostalgica, ma non per questo banale o fuori luogo), si unisce la tastiera di un Ihsahn quasi profetico, nell’anticipare con maturità già nel 1993 i fasti eleganti ed aulici di quel symphonic black che di lì a breve sarebbe sbocciato e in fretta esploso, entro e fuori la landa dei mille e più fiordi. Ecco dunque come, a quasi 25 anni di distanza, i suoi riffing glaciali, il suo screaming graffiante, la sua atmosfera sinfonica, il suo solenne clean in chiusura rendono ancora I am the Black Wizards un pezzo strabiliante, capace di stupire ed emozionare, oggi come allora.
Volendo tuttavia lasciare per un attimo da parte l’indubbiamente grandioso aspetto strumentale di questa traccia, ci vuole poco per comprendere come il testo non gli sia da meno. Composto dal bassista Mortiis (già fuori dalla line-up all’uscita di In the Nightside Eclipse) continua e raggiunge il culmine delle vicende, narrate lungo l’intero album direttamente in prima persona, di quegli che poi altro non è che il vero Emperor, oscuro e potente sovrano che, senza tempo né limiti alcuni, si aggira per la Norvegia e le sue montagne, carico di disperazione e odio, rabbia e angoscia, pronto a piegare vita e morte, persone e anime, al suo volere di maestà incontrastata della notte:
Mightiest am I, but I am not alone in this cosmos of mine, for the black hills consists of black souls, souls that already died one thousand deaths. Behind the stone walls of centuries, they breed their black art, boiling their spells in cauldrons of black gold.
Sono il più potente, ma non sono solo in questo mio universo, poiché le nere colline sono composte da tetre anime, anime che hanno già sofferto mille volte la morte. Dietro le pietrose mura dei secoli, esse crescono la loro oscura arte, facendo bollire i loro incantesimi in calderoni di oro nero
Ancora una volta, l’imperatore non cela di certo la sua potenza, talmente imponente non solo da superare i vincoli meramente umani di esistenza terrena e ultraterrena, ma persino da assoggettare alla propria volontà le anime di coloro i quali della morte hanno fatto una fedele compagna, anime corrotte ora completamente devote all’imperatore, per il quale forgiano da sempre e per sempre nuovi sortilegi di magia nera e non solo:
Far up in the mountains, where the rain fall not far, yet the Sun cannot reach, the wizards, my servants, summon the souls of macrocosm. No age will escape my wrath.
I travel through time and I return to the future, I gather wisdom now lost. I visit again the eternally ancient caves, before a mighty Emperor thereupon came. Watching the mortals "discovering" my chronicles, guarded by the old demons, even unknown to me.
Molto in alto sulle montagne, dove la pioggia non cade lontano, ma il sole non riesce ad arrivare, gli stregoni, i miei servitori, convocano le anime del macrocosmo. Nessuna era sfuggirà al mio furore.
Viaggio nel tempo e ritorno nel future, raccolgo saggezza ormai perduta. Faccio nuovamente visita alle spelonche eternamente antiche, prima dell'arrivo immediatamente dopo di un potente imperatore. Guardo i mortali scoprire le mie cronache, controllate da demoni antichi sconosciuti persino a me
Negli antri più oscuri di una Norvegia segreta, l’imperatore non utilizza solo i suoi sottoposti per la sua spasmodica e continua ricerca di anime da traviare e depravare, piegare ed utilizzare per i propri enigmatici scopi, ma, incurante di ogni limite temporale, ai suoi occhi mera convenzione per i mortali, si muove anche lungo epoche remote e future, per aumentare e migliorare ulteriormente le sue capacità e la sua sapienza, mantenendosi così davvero il più potente dell’universo:
Once destroyed, their souls are being summoned To my timeless prison of hate. It is delightful to feast upon the screaming souls That were destroyed in my future.
How many wizards that serve me with evil, I know not. My empires has no limits.
Una volta annientate, le loro anime vengono convocate alla mia prigione d’odio eterno È delizioso banchettare con le anime urlanti che furono eliminate nel mio futuro
Quanti stregoni mi servano con malignità, non lo so. Il mio impero non ha limiti
Come già anticipato, i servitori dell’imperatore hanno ruolo primario nel rafforzamento della autorità del loro sovrano e, attraverso la loro magia, non si fanno certo scrupoli nel selezionare le anime che più possano essere funzionali a tale obbiettivo, annientandole nella loro essenza e facendole inchinare di fronte alla sua potenza. La supremazia dell’imperatore non ha dunque alcun limite che possa essere umanamente concepibile, nessuno, vivo o morto, può sentirsi veramente al sicuro, contro la sua furente vendetta, capace di superare qualsiasi cosa:
From the never ending mountains black, to the bottomless lakes, I am the ruler and has been for eternities long. My wizards are many, but their essence is mine. Forever they are in the hills in their stone homes of grief. Because I am the spirit of their existence. I am them.
I am them. I am them.
Dalle nere montagne interminabili fino ai laghi senza fondo, sono io il sovrano, così è stato da tempo immemore I miei stregoni sono molti, ma è mia la loro essenza Per sempre essi vivono sulle colline, nelle loro residenze d’afflizione di pietra perché io sono lo spirito della loro esistenza. Io sono loro.
Io sono loro. Sono loro.
E, non si cada nell’errore di considerare come privilegiate quelle anime che lo servono. Anche gli stregoni sottomessi al sovrano, per quanto precisi nelle loro mansioni e completamente consacrati al suo volere, non hanno alcun valore, alcuna autonomia, alcuna possibilità di sentirsi degli individui, seppur assoggettati. La loro essenza è parte dell’imperatore, tutto ciò che riguarda loro è sotto il suo personale controllo, l’imperatore è tutto.
CONCLUSIONI
Un brano sprezzante, malvagio, agghiacciante, ma anche compatto, epico, pregiato: questo il fulcro di I am the Black Wizards, traccia culto di un album imprescindibile come In the Nightside Eclipse, esordio con il botto per una band i cui membri alla sua registrazione non avevano ancora raggiunto i vent’anni e che nei successivi dieci seppero dare tanto, tutto alla scena black, tanto da giustificare il prematuro ritiro proprio per aver provato tutto, essendosi goduti al massimo l’esperienza, ma non avendo più molto da aggiungere, anche a causa di qualche ruggine e divergenza interna. Con il senno di poi, considerate anche le non più rare bensì quasi cicliche riapparizioni in live, è quasi impossibile non essere portati a speculare su quanto Ihsahn e soci avrebbero potuto creare in un’altra o più “decade di furore imperiale”, volendo utilizzare il titolo di una loro celebre raccolta, visto quanto la band è stata in grado di fare in quel cruciale decennio, nonostante vari guai con la giustizia e diverse defezioni. Forse tuttavia, proprio come l’imperatore onnipotente ritratto in questo brano, il cui urlo finale I am them! sa ancora far scendere numerosi, glaciali brividi d’emozione lungo le spine dorsali di diverse generazioni di ascoltatori, alla creatura Emperor è piaciuto esistere così, sorprendendo i mortali e sfidando ogni banale limite temporale, diventando fonte di adorazione e devozione, rispetto e riguardo, per molte di quelle tante anime metallare che da essa sono state rapite.
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