Il dibattito circa l'importanza dei testi nel metal è sempre vivo, almeno su queste pagine, e dal canto nostro ci teniamo talmente tanto ad esaminare anche questo aspetto -considerato da alcuni addirittura ininfluente (così come in generale teniamo alla nostra cifra letteraria, nel rispetto del diversissimo modo di esprimersi di ognuno di noi) da dedicargli una rubrica come Cryptic Writings. Siamo d'accordo sul fatto che, almeno in prima battuta, è la musica ad avere un ruolo preminente sui testi, anche a causa della scarsa fruibilità di questi ultimi per una larga fascia d'utenza che trova difficile seguire le liriche in una lingua come l'inglese. Personalmente trovo inammissibile che un artista -magari con una carriera più che decennale, come spesso accade- non abbia nulla da dire, nulla da comunicare a voce, nessuna critica sociale, nessun pensiero personale su qualsivoglia aspetto della vita, pubblico o privato che sia, e che non possa/voglia metterlo in una forma letterale che, almeno una volta, possa innalzare la simbiosi musica/testo a livelli degni di essere ricordati. Che vi interessino o meno i testi (ma se state leggendo questa rubrica presumo di si) quello di Disposable Heroes è certamente tra quelli che meritano una annotazione particolare, una disamina più attenta, ed è proprio quello che ci accingiamo a fare.
Contenuto nel masterpiece dei Metallica che risponde al nome di Master Of Puppets, Disposable Heroes rappresenta una delle punte di diamante dell'album, sia dal punto di vista musicale che da quello testuale, ponendosi nei confronti dell'ascoltatore come valido esempio di thrash di grande atmosfera e veicolo di un messaggio tanto scontato, se volete, quanto sistematicamente violato, ignorato, stuprato dall'umanità in tutte le epoche storiche, e proprio per questo vale la pena di ribardirlo ed analizzarlo ogni volta che è possibile, così come già fatto in questa rubrica, ad esempio in occasione dell'analisi del testo di American Soldier dei Queensryche.
Bodies fill the fields I see, hungry heroes end
No one to play soldier now, no one to pretend
Running blind through killing fields, bred to kill them all
Victim of what said should be, a servant till I fall
I cadaveri riempiono i campi che vedo, [questa è] la fine di eroi affamati
Ora nessuno gioca a fare il soldato, nessuno fa finta.
Correre alla cieca attraverso campi assassini, addestrato ad ucciderli tutti
Vittima di ciò che dovrebbe essere un ordine, un servo finchè non cadrò.
La scena è già post-battaglia. Un ragazzo osserva una scena fatta di morte e di morti, e si rende già conto di essere solo una pedina di carne e sangue, mossa da altri su una scacchiera che porta solo verso una fine inane, la cui utilità consiste solo nel guadagno di chi controlla dall'ombra.
Soldier boy, made of clay
Now an empty shell
Twenty-one, only son
But he served us well
Bred to kill, not to care
Do just as we say
Finished here. Greetings, Death,
He's yours to take away
Giovane soldato, fatto d’argilla
Ora un guscio vuoto.
Ventun'anni, figlio unico
Ma ci ha servito bene
Addestrato ad uccidere, non a preoccuparsene
Fai solo quello che ti diciamo
Finisce qui. Salve, morte,
puoi portarlo via con te
Il punto di vista si sposta da quello della vittima a quello dei carnefici, al burattinaio che tira i fili, la scena raffigurata sulla cover del disco. L'uomo è solo argilla da modellare per i propri scopi, non importa che prezzo questo dovrà pagare, è solo un pupazzo privo di volontà, e quando questo non è più in grado di contribuire allo scopo, o quando lo scopo è raggiunto, allora è vantaggioso che muoia, basta che abbia fatto ciò che serviva.
Back to the front
You will do what I say, when I say
Back to the front
You will die when I say, you must die
Back to the front
You coward, you servant, you blind man
Torna al fronte
Farai quel che ti dirò io, quando te lo dirò io
Ritorna al fronte
Morirai quando te lo dirò io, tu devi morire
Ritorna al fronte,
Codardo, servo, cieco.
Ed infatti lo scopo è proprio quello, la pedina DEVE morire, perchè il fine non è la meta da raggiungere, ma il controllo. Si, il sadico controllo degli altri, l'esercizio sterile del potere cieco, il mandare qualcuno a morire sublimando la propria inferiorità e debolezza, ribadendo la propria esistenza eliminando quella altrui, controllando il proprio complesso di inferiorità esercitando il controllo, senza altro scopo che quello di convincersi di esistere oltre la fisicità. Un esercizio questo che può tradursi in malgoverno, guerra, o solo nel capoufficio bastardo che ricorre al mobbing contro l'impiegato bisognoso, l'importante è avere qualcuno da poter schiavizzare, per non pensare a quanto si è inutili, soli, inadeguati.
Barking of machine-gun fire does nothing to me now
Sounding of the clock that ticks, get used to it somehow
More a man, more stripes you wear, glory-seeker trends
Bodies fill the fields I see
The slaughter never ends
Il latrato della mitragliatrice ora non mi fa nessun effetto.
Al ticchettio dell’orologio, in qualche modo mi ci sono abituato
Tanto più sei uomo quanto più esibisci le medaglie, mode da cacciatori di gloria
Cadaveri riempiono i campi che vedo
Il massacro non finisce mai.
Si ritorna al punto di vista della vittima/pedina, ormai abituata a tutto, anche alla morte. Ed anche il vedere i morti coprire i campi, il capire la vacuità dell'esibizione di inutile medaglie, non muove quasi più nulla dentro, tanto "Il massacro non finisce mai".
Why am I dying?
Kill, have no fear
Lie, live off lying
Hell, hell is here
I was born for dying
Life planned out before my birth, nothing could I say
Had no chance to see myself, molded day by day
Looking back I realize, nothing have I done
Left to die with only friend
Alone I clench my gun
Perché sto morendo?
Uccidi, non aver paura
Menti, vivi sulle menzogne
Inferno, l’Inferno è qui
Sono nato per morire
Una vita stabilita prima ancora che nascessi, non ho potuto dire niente
Non ho avuto la possibilità di capirmi, modellato giorno dopo giorno
Guardandomi alle spalle mi rendo conto di non aver concluso nulla
Lasciato a morire con una sola amica
Da solo, impugno la pistola
Ma c'è un momento in cui anche un burattino -se ha conservato un barlume di umanità e di capacità di provare qualcosa- si chiede semplicemente "perchè?"; ecco, quello è il momento in cui il burattinaio ha perso. Non c'è modo di riprendere il controllo ("Uccidi, non aver paura"), non c'è modo di nascondere la verità ("Menti, vivi di menzogne"). Ed allora, quando nulla può essere fatto per rimediare a quanto commesso, rimane solo un gesto possibile. L'ultimo, estremo, disperato grido di indipendenza, orgoglio e libertà, in nome del proprio essere uomo, togliendo a chi muove i fili il suo potere, sottraendogli il quel controllo che è la sua ragione di esistere. Ed allora: "Da solo, afferro la pistola".
La tematica della guerra è una di quelle cui ho sempre tenuto molto, specie se associata a quella della disinformazione e del controllo delle menti, e che sia trattata in questa maniera cruda, da figli di una generazione che aveva visto il Vietnam, od in maniera poeticamente aulica come nel caso già trattato nella puntata di questa rubrica dedicata al Banco Del Mutuo Soccorso, la fine è sempre la stessa, la lezione è sempre la stessa, così come è sempre la stessa la nostra pervicace capacità di non apprenderla.
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