Black Metal è senza dubbio uno degli album dei Venom più conosciuti dal pubblico, che ancora ricorda questa release ad oltre 30 anni dalla sua pubblicazione. A metà del B side del vinile, spicca una traccia forse inaspettata, ma adatta ad un disco black metal: niente di meno che un omaggio alla sanguinaria contessa Bathory...
COUNTESS BATHORY
Molto è stato scritto sulla contessa, anche se spesso quelle circolate su di lei sono leggende e episodi non facilmente documentabili. Seguiamo quanto è certo e partiamo con ordine: Báthory Erzsébet (così come viene scritto in magiaro) nacque nel 1560 a Nyírbátor, centro dell’attuale Ungheria nord-orientale che fungeva da principale centro per gli affari e l’amministrazione della grande famiglia di Erzsébet, i Báthory, a cui sia sua madre Anna, per il ramo Somlyó, che suo padre György, per quello Ecsed, appartenevano. La sua educazione fu di stampo calvinista e, data la sua nobiltà, ebbe la possibilità di studiare eccellentemente per l’epoca, concentrandosi sulla matematica e gli studi classici, nonché imparando non solo a parlare ungherese e latino, ma anche greco, tedesco e slovacco. Nonostante ciò, la sua giovinezza fu segnata sia dai problemi fisici (frequente l’epilessia), che dai turbamenti mentali, in particolare gli accessi di rabbia, legati sia all’ambiente in cui viveva -dove frequenti erano le crudeli punizioni nei confronti dei servi- sia, con probabilità, alla genetica, visto che, come già detto, i suoi genitori e parenti erano tra loro consanguinei. Non sorprendentemente, la Báthory fu data in sposa già nel 1575 al conte Ferenc Nádasdy de Nádasd et Fogarasföld, di pochi anni più vecchio di lei, in seguito ad un accordo di convenienza tra le due nobili famiglie. Si trasferì quindi nella residenza della famiglia Nádasdy a Sárvár (Ungheria), di cui si occupò in particolare durante le frequenti assenze del marito, ottimo condottiero dell’esercito ungherese. La coppia ebbe la prima figlia solo dieci anni dopo la celebrazione del matrimonio: Anna nacque nel 1585, seguita da Orsolya (o Orsika, circa 1590), Katalin (circa 1594) e Pál (1598). Al riguardo, molti furono i pettegolezzi secondo i quali i conti avessero delle difficoltà a consumare il matrimonio, ‘obbligando’ Ferenc a placare i suoi istinti nell’alcool e nelle scappatelle con la servitù. La fiamma della passione si sarebbe riaccesa proprio nel momento in cui la contessa, infastidita dall’arroganza di una serva che la rimproverava di non essere all’altezza del suo compito di moglie (e di come toccasse a lei soddisfare il marito), la colpì in modo violento, compiacendo involontariamente il conte, che trovava tutto piuttosto stuzzicante. Nel 1596 coppia ebbe sicuramente anche un altro figlio, András, che tuttavia morì precocemente nel 1603. Inoltre, alcune fonti parlano di almeno un altro bambino nato dal matrimonio dei conti, ma la documentazione al riguardo è piuttosto scarna. All’inizio del 1604, dopo alcuni mesi in cui la sua salute andava sempre più deteriorandosi, il conte Ferenc morì, lasciando ricchezze e proprietà all’unico figlio maschio, Pál. Chiaramente, data la giovanissima età, fu in realtà la vedova Erzsébet a gestire l’immenso patrimonio del defunto marito, acquisendo inoltre grande influenza e potere. Ed è qui il punto di svolta nella vita della contessa, qui che la sua pazzia cominciò a prendere piede. Radunò innanzitutto attorno a se un gruppo limitato ma fedelissimo di servitori, di cui le fonti attestano i nomi di János Újváry, (o Ficzkó, unico uomo), Ilona Jó Nagy, Dorottya Szentes e Katalin Beneczky, tutte e tre donne di una certa età. Spesso, viene affiancata anche la controversa figura di Anna Darvolya (o Darvula), all’epoca considerata strega in grado di padroneggiare la magia nera. Con l’aiuto di questa piccola ma fidatissima ‘compagnia’, la Báthory cominciò dunque a rapire, torturare e uccidere numerose ragazze, solitamente tra i dieci e i quattordici anni, prevalentemente appartenenti alle classi più povere della popolazione.
Welcoming the virgins fair, To live a noble life In the castle known to all The Count’s infernal wife She invites the peasants With endless lavish foods But, when evening spreads it wings, She rapes them of their blood Countess Bathory Countess Bathory
Dà il benvenuto alle vergini Per vivere una nobile vita Nel castello conosciuto a tutti L’infernale moglie del conte Attira il volgo Con infinite e laute cibarie Ma, quando giunge la sera Le priva del loro sangue Contessa Bathory Contessa Bathory
Il testo del brano descrive in maniera immediata e chiara il destino di queste ragazze, che si avvicinavano al castello nobiliare piene di speranze. Le anziane servitrici e il giovane Ficzkó, infatti, riuscivano piuttosto facilmente a carpirne la fiducia, accompagnandole e in seguito intrappolandole nel castello, dove venivano torturate in modo piuttosto cruento: gli stessi servitori, al momento del processo, dichiararono difatti come ad esempio la contessa mordesse in prima persona le sue vittime e le seviziasse con, tra gli altri, aghi, coltelli, bastoni, punte e fruste, facendole morire tra atroci sofferenze.
All day long the virgins sit and feast On endless meals The Countess laughs and sips her wine Her skin doth crack and peel But when the nighttime fills the air One must pay the price The Countess takes her midnight bath With blood that once gave life Countess Bathory Countess Bathory
Tutto il giorno le vergini siedono e festeggiano Con banchetti eterni La contessa ride e assapora il suo vino La sua pelle si crepa e si spella Ma quando della notte si riempie l’aria Il prezzo va pagato La contessa fa il suo bagno di mezzanotte Nel sangue che un tempo diede la vita Contessa Bathory Contessa Bathory
Nella parte centrale del brano dei Venom, invece, viene preso in esame il tratto più leggendario di Báthory Erzsébet: i suoi bagni nel sangue delle vergini, nel tentativo di rimanere per sempre giovane. In realtà, nonostante molti testimoni abbiano descritto le atrocità della contessa e sebbene molte ragazze siano state effettivamente da lei uccise (anche se sul numero esatto, ampia è la disparità tra le fonti), nessuna documentazione accerta con certezza l’effettivo svolgimento di questi rituali.
Living her self styled hell The Countess dressed in black Life’s so distant Death’s so near No blood to turn time back
Vive nel suo sedicente inferno La contessa vestita di nero La vita è così lontana La morte così vicina Nessun sangue fa tornare indietro il tempo
Si torna in parte alla realtà in questo paragrafo, in quanto la contessa, sola e sempre più stressata dalle continue pressioni politiche (visto il suo patrimonio) e difficoltà economiche (il re dell’epoca, Mattia d'Asburgo, venne sollecitato dalla nobildonna numerosissime volte, affinché pagasse gli enormi crediti che spettavano al suo defunto marito, senza mai trovare accoglimento alle sue richieste. Venne così costretta a vendere molti dei suoi beni, per mantenersi), cominciò a dare chiari segni di un esaurimento nervoso, che era capace di dissimulare in pubblico, ma che in privato la stavano velocemente logorando, avvicinandola a grandi passi alla pazzia e, gradualmente, alla morte.
The castle walls are closing in She’s crippled now with age Welcomes death with open arms The reapers turns the page
Le mura del castello (le) si stringono intorno È ora paralizzata dall’età A braccia aperte, dà il benvenuto alla morte Il mietitore volge la pagina
In quest’ultima parte del brano, i Venom fanno riferimento agli ultimi anni di vita della Báthory. A partire dal 1610, infatti, György Thurzó, personalità amica della famiglia (a cui addirittura il defunto Ferenc Nádasdy aveva chiesto di prendersi cura dei suoi cari), appena diventato comandante in seconda dell’esercito di Mattia d'Asburgo, iniziò ad indagare sui trascorsi di Erzsébet, al fine di controllare se le tante voci che si erano sparse tra la popolazione in merito a quanto stesse succedendo alla sua corte, fossero vere. A Thurzó e alla sua scorta armata non servì molto tempo, per arrivare al castello della Báthory e scoprire (a suo dire) numerose donne in fin di vita a causa delle brutali torture, nonché molti cadaveri. Quanto bastò per arrestare immediatamente i servi della contessa (arresto che seguì a quasi immediata condanna a morte, dopo un breve processo; si salvò solo Katalin Beneczky) e incarcerare la nobildonna stessa. In realtà, a György Thurzó non stava realmente a cuore il destino delle giovani fanciulle, bensì importava del futuro politico dell’Ungheria: il cugino della nobile, Gábor Báthory, stava infatti guadagnando potere, muovendosi a grandi passi verso una guerra contro l’odiato re asburgico. E la potente cugina, in posizione strategica dati i suoi possedimenti, non aveva mai fatto mistero di voler appoggiare la causa del parente. Tanto dunque bastò a Thurzó per decidere di privarla del diritto di difendersi, ignorando le sue richieste e lettere e facendo invece pressione sul re affinché Erzsébet non fosse sottoposta ad un processo pubblico. Si optò invece per una condanna diversa, il perpetuis carceribus: la contessa fu chiusa in una manciata di stanze in un’ala del castello, che vennero murate, privandola per sempre della libertà. Báthory Erzsébet morì nel 1614 e fu sepolta a Csejthe, nella tomba di famiglia. Tuttavia, durante successive ispezioni, né la tomba né i resti della contessa furono mai trovati.
Una figura così misteriosa come quella della Countess Bathory ha lungamente saputo affascinare ed influenzare il mondo metal: non solo i Venom, infatti, ne hanno tratto ispirazione. Nota a tutti è la scelta dello svedese Quorthon di dare vita ai Bathory facendo nel nome chiaro riferimento alla contessa (idea ripresa anche nel brano Woman of Dark Desires, del 1987). Famosa è anche la scelta dei Cradle of Filth di far girare il concept di un intero album (Cruelty and the Beast, del 1998) attorno alla vita della contessa, richiamando le sue ‘gesta’ nei testi, nell’artwork nonché nella scelta di inserire una guest appereance adatta al ruolo, ovvero quella di optare, come voce narrante, per l’attrice polacca Ingrid Pitt, che nel 1974 aveva interpretato la stessa Erzsébet nel film horror Countess Dracula (it. La morte va a braccetto con le vergini). Meno note, probabilmente, ma non meno importanti, sono altre ‘apparizioni’ della contessa nel mondo metal, a partire dalle innumerevoli cover di questa stessa canzone dei Venom (Candlemass, i nostrani Necrodeath e i finnici Azaghal, per citarne alcuni), passando per la trilogia di brani targati Kamelot (Elizabeth Part I: Mirror Mirror, Elizabeth Part II: Requiem for the Innocent e Elizabeth Part III: Fall from Grace, tutti contenuti nel quinto album della band, Karma), senza dimenticare, tra i gruppi meno oscuri, i Sunn O))) con i loro 16 minuti di Báthory Erzsébet (settima traccia di Black One) e Elizabeth, brano contenuto nell’album di debutto degli svedesi Ghost, Opus Eponymous.
Sono dunque tanti i riferimenti e gli omaggi che gruppi dai generi più disparati hanno voluto pagare alla contessa ungherese. Un figura così oscura, disturbata, misteriosa, affascinante e tanto discussa non poteva certo non lasciare il segno, nella grande scena della musica metal, e men che meno passare inosservata su queste pagine…
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