Arrivo anche io a popolare questa rubrica con un tributo ai Titani dell'epic metal, i Virgin Steele. Qui trattiamo uno dei testi sì più interessanti, ma anche meno pericolosi, della band. Gli ultimi dischi, infatti, approfondiscono un discorso piuttosto complesso sulla morte del femminino in Dio, sugli errori di Dio stesso e sulla malvagità del "piano di redenzione attraverso la religione organizzata", teso a soffocare spinte libertarie. Qui troviamo tematiche simili, raffigurate però attraverso la narrazione del mito greco (ma con radici pre-greche) di Prometeo, il Salvatore dell'Umanità punito dall'autorità divina per il suo oltraggio. La scelta di una tale contrapposizione ci permette di interrogarci sulla qualità degli dèi, tema che sarà squisitamente filosofico ma su cui è stata anche scritta ottima letteratura (I Dialoghi con Leucò di Pavese, per citare un esempio moderno), perché oggi come tremila anni fa l'uomo manca di comprendere ciò che è più grande di lui.
IL TESTO
I have dwelt in Heavens shining realms of bliss
I have walked the Halls of light
Once I lived in honor with the Deathless Gods,
Keeper of a secret sight
Ho abitato nello splendente regno di beatitudine del Cielo
Ho camminato nelle Aule della Luce
Un tempo, io vivevo in onore presso gli dèi immortali
Custode di una vista segreta.
Io, Prometeo figlio di Giapeto, Titano sopravvisuto alla mattanza dei miei pari, accolto da Zeùs nell'Olimpo, ero come un dio, saggio e poderoso. Vagavo per le Aule degli dèi, apprendendo dai migliori e coltivando le Arti: sono colui che vede oltre, che vede lontano, che può prevedere le conseguenze di ciò che facciamo.
Now I suffer the Wrath, I suffer the Pain for befriending Man
Proud Rebel Thief, Stealer of Fire, I never kneel
Ma ora soffro l'Ira, soffro il Dolore per essere stato amico dell'Uomo
Prode ribelle, Ladro del Fuoco, non mi inginocchio mai
Quel sogno dorato è finito, e per cosa? Il signore Zeùs non tollera gli oltraggi, è vile e capriccioso. Gli dèi posero gli uomini in questa Terra aspra e ingrata, negando loro i mezzi per distinguersi dalle bestie; eppure questi mezzi erano in loro per natura, e grazie a me li coltivavano. Io ho donato all'uomo la Luce della Ragione, la via per uscire dalla foresta della bestialità: la Fiamma dell'Olimpo. Li ho resi più simili agli dèi, un popolo migliore con cui convivere in pace, costruire una nuova civiltà. Non è quello che desiderano anche loro? Non è per questo che hanno scacciato gli dèi che prima abitavano le colline d'Ellenia? Tutto procede come vuole Zeùs, e ogni deviazione è punita.
I have chosen, I bleed for Mankind
Watch me die, I am the God in Man
Ho fatto la mia scelta: sanguino per l'Umanità
Guardatemi morire, io, Dio nell'Uomo
Avevo previsto le conseguenze delle mie azioni: sono Prometeo, colui che vede al di là. Sanguino, è vero, e soffro: ma lo faccio per gli Uomini che dolcemente amo, e che ho reso creature divine, seppur mortali. Lo dico con umiltà, ma so di essere nel giusto: io sono il Dio nell'Uomo, il raccordo tra gli olimpici immortali e questi figli mal riconosciuti, che arrancano per sopravvivere.
I defied the Father, on his throne of gold
Now I'm captured here in chains
And he sends his eagle down to feast again
On the banquet of my flesh
Ho sconfitto il Padre, sul suo trono dorato
Ora sono preso qui in catene
E Lui manda la Sua aquila, per cibarsi ancora
Del banchetto della mia carne
Legato da catene immortali alla rupe, guardo con aria di sfida l'aquila che ogni giorno si ciba della mia carne, strazia le mie membra. E ogni notte la ferita si rimargina sulle mie urla, per consentire alla bestia di compiere nuovamente il suo rituale. Ma questo tormento non cancella la sconfitta dell'onnipossente Zeùs, che si prende un'amara vendetta su di me: eppure ormai non c'è nulla che possa fare per cancellare ciò che ho fatto, e a poco vale il mio dolore, per quanto grande.
Zeus, Rain down your plagues, your unnatural love,
your unnatural hate
Blind may I be but eyeless I see what you'll never know
Zeùs, fai piovere le tue piaghe, il tuo amore innaturale
Il tuo odio innaturale
Potrò anche essere cieco, ma senza occhi vedo quello che tu non saprai mai
Ho vinto io, Padre Zeùs, la tua vendetta è sterile come è sterile la tua vita. I tuoi capricci, che invano scambi per sentimenti, ti rendono cieco. Tu non mi odi, così come non ami coloro che professi di amare: la tua furia manca il bersaglio clamorosamente. Io e te siamo immortali, ma non uguali.
I am golden, my force flies unseen
Blood and pride, I am the God in Man
Sono dorato, la mia forza vola, invisibile
Sangue e orgoglio, io sono il Dio nell'Uomo
Ti manca l'umanità, Dio Padre, ti manca la capacità di comprendere chi è sotto il tuo giogo odioso. Io vedo al di là, e ti annuncio che il tuo Regno del Terrore, da usurpatore, cadrà. Tutta la tua forza non basta per reprimere il mio spirito, il mio sangue di Titano, di dio prima degli dèi, e come Titano e come Uomo io ti sfido.
Ten thousand years or more torment and pain
Chained to this lonely crag, the champion of slaves
And you come bearing gifts to me
Silent as the grave, I receive thee
And what's the Lie there in your eyes no mercy...
And the day dawns in Agony, in silence I wait for my time
I will never, ever yield to you, you have no power over me...
Release me oh release me
Diecimila anni, o anche di più, di doloroso tormento
Incantenato a questa rupe, campione di schiavi
E tu vieni ad offrirmi i tuoi doni
Silenzioso come una tomba ti ricevo
E cos'è quella bugia, non c'è pietà nei tuoi occhi...
Ogni alba è un'agonia, in silenzio attendo la mia ora
Mai e poi mai mi piegherò a te, non hai potere su di me...
Ma liberami, oh liberami!
Non credo alle tue false promesse, non credo alle tue offerte. Sono un baluardo, in me vive la speranza contro la tua ignobile tirannia. Prode, io resisterò, qualsiasi cosa tu faccia.
A river of ice a mountain of fire, I'll not reveal the one
Impaled in the sky forever despised, I'll not reveal the one
Immortal I die Immortal I die, I'll not give up on Man
Your son will survive to vanquish your tribe, I RISE!!!
Un fiume di ghiaccio, un monte infuocato... non rivelerò il segreto
Impalato nel cielo, per sempre sprezzato, non rivelerò il segreto
Da immortale io muoio, da immortale io muoio, ma non tradirò l'Uomo
Tuo figlio sopravvivrà per sconfiggere la tua gente, io mi rialzo!
Sei incapace di comprendere il presente e il futuro, ma io, che li vedo con chiarezza, accetto il mio sacrificio perché so che servirà a sconfiggerti. Nella tua arroganza non puoi capire che non siete i primi dèi, e non sarete gli ultimi: eppure hai combattuto tuo padre, e lui ha vinto il suo prima che tu nascessi. Così un figlio tuo ingrato ti rovescerà.
I am Golden, my blood heals your wounds
Watch me die, I fear no Gods Wrath
Cursed and tried, I am the MAN in GOD
Sono dorato, il mio sangue cura le tue ferite
Guardami morire, non temo l'ira Divina
Maledetto, messo alla prova... sono l'Uomo dentro Dio
IL MITO DI PROMETEO
La mitografia sul Titano Prometeo è piuttosto articolata e complessa: egli è al centro di numerose vicende chiave per il destino dell'umanità. Bisogna considerare che le sue origini partono da un'epoca mitica mai stabilizzata, e proprio per questo misteriosa e affascinante. I Titani originari, tra cui Giàpeto, padre di Prometeo, sono tra i figli di Urano e Gea, cioè del Cielo e della Terra (e con loro i primi Ciclopi, gli Ecatonchiri, le Erinni, i Giganti, le ninfe Melie e Afrodite -ma giova ricordare che anche Urano era figlio di Gea...), e tra loro vi era Crono, che spodestò il padre evirandolo con un falcetto di pietra con impugnatura di frassino, un falcetto druidico a tutti gli effetti (una delle tante piccole prove della permanenza celta in Grecia). Da Crono nacquero gli dèi olimpici, che lo spodestarono ed esiliarono i Titani nel Tartaro dopo una guerra lunga e travagliata, in cui gli schieramenti crebbero a mano a mano. Prometeo si pose al fianco di Zeùs, e contro il proprio padre: per questo fu tra i Titani che furono accolti presso i nuovi dèi.
Apprese molte Arti da Atena, e, quando il fratello Epimeteo donò tutte le buone qualità agli animali, rubò uno scrigno contenente l'intelligenza per aiutare l'umanità. In seguito, ingannò Zeùs, nascondendo le parti buone di un bue sacrificato all'interno delle viscere dell'animale, e mettendo le ossa là dove ci sarebbero dovuti essere i tagli prelibati, che furono lasciati agli uomini. Per tutta risposta, Zeùs privò gli uomini del fuoco, ma Prometeo di notte entrò nelle Case degli dèi e lo riportò ai mortali: dunque fu sancita la sua punizione, e il Titano fu legato con catene divine alla rupe più alta del Caucaso, squarciato da una colonna, e ogni giorno un'aquila veniva a cibarsi delle sue interiora. Le ferite si rimarginavano la notte, per poi essere riaperte dal rapace il giorno successivo. Tale tormento durò per tremila anni, finché Eracle, alla ricerca dei Pomi delle Esperidi (undicesima delle sue dodici fatiche), non uccise l'aquila e lo liberò dalla sua prigionia.
PROMETEO COME CRISTO?
Molto si è detto negli anni dell'influenza che la figura di Prometeo, essere divino che soffre per l'umanità, possa aver esercitato sull'immagine di Cristo, figlio di Dio morto in croce per mondare l'uomo dal peccato originale. Questo paragone è accettabile solo fino ad un certo punto. L'iconografia è certamente molto simile, e non è un caso se l'ultima delle stigmate, la lancia nel costato, riprenda al millimetro la ferita inferta dall'aquila; oltretutto anche la posizione denota una somiglianza, anche se il simbolo della croce ha radici pagane più radicate nella cultura orientale. Piuttosto, la differenza più netta è, ovviamente, nel rapporto con Dio: Prometeo è un ribelle, arriva a sfidare colui che regge i destini del mondo (anche se l'autorità divina nella cultura greca è ben più sfumata) pur di favorire l'uomo. Anzi, nel testo dei Virgin Steele è forte la componente di rivalsa del Titano rispetto al dio: anche se apparentemente mi hai alla tua mercè, non puoi sconfiggermi. Non solo perché sono immortale e puro, ma anche perché sono mortale e impuro. Anzi, è la mia mortalità (intendendola come vicinanza spirituale all'uomo, lui sì davvero mortale) a rendermi migliore di una sterile divinità, che non ama e non odia. Dice Prometeo: potrò anche essere cieco, ma senza occhi io vedo quello che tu non saprai mai. Zeùs, come qualsiasi essere immortale, non può comprendere appieno gli uomini, da cui pure pretende doni, sacrifici e, in generale, atti esteriori di devozione, anzi di sudditanza. Ma il regno beato degli dèi è immune da paure, dolori, tristezze, e privo al contempo di gioie, amori, piaceri: vivono l'ombra di una vita, perché ogni momento può essere ripetuto, ogni sensazione è già stata provata e tornerà, sempre uguale, in un futuro non lontano. Gli uomini, invece, vivono ogni momento come se fosse unico, e molto spesso lo è: ma a loro servono i doni degli dèi, perché la vita è breve e va vissuta al meglio. Un Dio che punisce è un tiranno geloso, una creatura ferina ossessionata dal potere e dal dominio: le piaghe dell'aquila, come le piaghe che cadono sull'Egitto, sono un monito, un'iscrizione che recita "non sfidatemi, sono più potente". Quando l'uomo arriva a comprendere il Mistero, viene sprofondato nell'abisso, come Bellerofonte al quale viene impedito di raggiungere l'Olimpo a cavallo di Pegasys. Ma, e lo ribadisce Prometeo, gli dèi attuali non sono i primi, e non saranno gli ultimi: il ciclo di ribellioni è eterno, il figlio sconfigge il padre e verrà sconfitto dal proprio figlio. Applicare questo paradigma alla religione per come la intendiamo noi è stuzzicante: e se l'Apocalisse fosse il compimento della Ribellione?
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