La fine dell'umanità, la straziante storia di come potrebbe concludersi la grande fuga della popolazione terrestre alla ricerca di un nuovo pianeta abitabile. I Seventh Wonder ci raccontano la vicenda in maniera eccezionale, come nessuno ha mai fatto. Tutti noi dovremmo riascoltare questo brano e imparare dalle loro parole.
Molte volte, alzando gli occhi al cielo, ci siamo chiesti se ci sia la possibilità di fuggire dal nostro pianeta per esplorare nuovi mondi nei quali sia ipotizzabile accogliere il genere umano. Tentativi ne sono stati fatti, la ricerca di nuove "Terre" abitabili è un tema di attualità, ma i più avvezzi all'astrofisica sapranno che una meta a pochi anni luce di distanza non è raggiungibile da un essere umano, né da una sonda interstellare, né da qualsiasi altro corpo dotato di massa; l'esperimento dei neutrini insegna. Quindi perché continuiamo ad alzare gli occhi al cielo? C'è grande fascino nel firmamento e, oltre a questo, quando lo sguardo torna sulla Terra la vista non è confortante. Disastri ambientali, cambiamenti climatici irreversibili con incendi che arrivano addirittura a devastare il freddo Alaska. Certamente non un quadro idilliaco, tanto da far ipotizzare una situazione catastrofica imminente, nell'arco di qualche decina d'anni. Ecco quindi cosa ci spinge all'esplorazione, alla ricerca di nuove soluzioni per risolvere un problema che affligge il pianeta da circa due milioni di anni, ovvero l'essere umano. Nel 1956 lo scrittore e premio nobel svedese Harry Martinson scrisse un poema fantascientifico dai connotati epici intitolato Aniara. Il termine fantascientifico, in realtà, non è del tutto esatto, perché il tema è di attualità ed è reale. Sicuramente quest'opera deve aver segnato notevolmente i connazionali Seventh Wonder che nel 2010 decidono di comporre un album -anzi la sua title track, ad essere precisi- dedicato al poema. La canzone in questione, della mastodontica durata di trenta minuti e quattordici secondi, è la più lunga della loro carriera e si suddivide in tredici parti identificabili come veri e propri capitoli. La suddivisione ci aiuta a sviscerare meglio la storia e ad apprezzarne il contenuto, mentre i titoli ci danno una mano nella comprensione del testo. Lo sforzo incredibile del quintetto svedese nella realizzazione di questo ambizioso lavoro non ha mai ricevuto i meritati consensi. Certo, di suite elaborate ce ne sono molte, su tutte The Divine Wings Of Tragedy dei Symphony X, dalla quale i Seventh Wonder hanno preso in prestito le sonorità, ma nessuna di esse raggiunge la complessità e la tensione narrativa di questo assoluto capolavoro scelto per l'articolo.
Un incipit particolare per dare il via alla narrazione: madre Terra, in lacrime, si prepara a dare l'addio alle sue creature, gli esseri umani, che per innumerevoli anni hanno solcato quei terreni. La dolcissima voce di Tommy Karevik impersona questo ruolo, coadiuvata dall'accompagnamento di chitarra acustica di Johan Liefvendahl. L'addio è straziante e le parole dovrebbero far riflettere tutti noi, oggi più che mai:
I. ...And The Earth Wept
I tuck you in ever so gently Still you cried and turned from me You stepped on my heart I forgave you just like mothers do From under your shoes I still carried you
Soon my body will burn into ashes and dust And rain will turn all that glitters to rust One last pill for the pain Sit down, let me explain
Why my bruises stay My child, I know you never meant to These scars just won't fade away And I'm sure you never knew
I give up, I give in Help December let a new year begin Take what's left and move on Fly away Be gone
I. ...E la Terra pianse
Ti rimboccavo dolcemente le coperte Eppure hai pianto e sei scappato via da me Hai calpestato il mio cuore Ti ho perdonato come fanno le madri Ho continuato a portarti da sotto le scarpe
Presto il mio corpo brucerà e sarà cenere e polvere E la pioggia farà arrugginire tutto ciò che luccica Un'ultima pillola per il dolore Siediti, lascia che ti spieghi
Perché i miei lividi perdurano Figlio mio, so che non era tua intenzione Queste cicatrici non svaniranno E sono sicura che tu non l'hai mai saputo
Basta, mi arrendo Aiuta dicembre a far iniziare un nuovo anno Prendi ciò che resta e va' avanti Vola lontano Vai via
La seconda parte è la strumentale A Poisoned Land, una landa avvelenata, ciò che l'umanità si lascia alle spalle a causa del suo modo di vivere, facendo letteralmente terra bruciata del proprio habitat. La voce si fa da parte e lascia spazio alla magistrale abilità dei quattro musicisti. Come in ogni viaggio i protagonisti sono chiamati a fare le valigie e a dare l'addio alle loro case e ai luoghi nei quali hanno messo le radici, per prepararsi a non rimettere mai più piede sulla Terra. La destinazione è un nuovo pianeta abitabile a bordo dell'astronave Aniara, responsabile di preservare il genere umano nel viaggio interstellare. Ecco che il terzo capitolo Leaving Home comincia con un ritrovato spirito di positività, la malinconia lascia spazio alla speranza e questo è udibile già dalle prime parole:
III. Leaving Home
The morrow winds blow and herald a time When man will be damned for all his crime We all were too bold, now we all can see How the lifegiver's bleeding to death before me
I am packing my bags, I'm waiting in line This tragedy forces us away from this land As I board this creature of steel I kiss her goodbye, give her time to heal
III. Via da casa
I venti del domani soffiano e preannunciano un tempo In cui gli uomini saranno condannati per i loro crimini Eravamo tutti troppo sfrontati, ora riusciamo a vedere Colei che ci ha donato la vita sanguinare a morte davanti a me
Sto facendo le valigie, sto aspettando in coda Questa tragedia ci obbliga ad andarcene da questo mondo Mentre mi imbarco su questa creatura d'acciaio Le do un bacio d'addio, le do tempo per guarire
Certo la consapevolezza si fa ora pesante nella coscienza degli umani, eravamo tutti troppo sfacciati, sfrontati, quasi deliranti di onnipotenza, ci sentivamo invincibili, eppure ora è tutto così evidente: abbiamo ucciso la Terra ed essa sanguina proprio davanti a noi. Come diceva Nietzsche? "Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più sacro e di più possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremo noi lavarci? Quali riti espiatori, quali giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dèi, per apparire almeno degni di essa? (Friedrich Nietzsche, 'Aforisma 125, La Gaia Scienza')". È il momento di andare. Imbarcandosi su questa ''creatura d'acciaio" l'uomo dà il definitivo addio al suo pianeta natale, il decollo, The Takeoff, è imminente. Apprendiamo un dato molto importante: è ovvio che la futuristica Arca di Noè non potesse ospitare tutti gli esseri umani ma ci viene fornito il numero preciso, i viaggiatori sono esattamente ottomila che si dirigono verso oceani del colore della notte, che significa verso i meandri oscuri dell'universo.
…Leaving the ground we bathe in starlight While heading for oceans of night…
…Lasciato il suolo ci immergiamo nella luce delle stelle Mentre ci dirigiamo verso oceani di notte…
La speranza si interrompe bruscamente. Le coordinate impostate per la rotta erano chiaramente perfette, eppure un asteroide non identificato di nome Hondo sta per impattare contro la navicella e urge una brusca sterzata. La manovra costa all'equipaggio un cambio repentino di destinazione e Marte, pianeta designato per l'accoglienza del genere umano, diventa improvvisamente troppo distante. C'è malcontento, le provviste erano programmate per un viaggio di breve durata così come le risorse per sopravvivere, che non sono sufficienti per tornare indietro sulla rotta originaria. Il genere umano rischia l'estinzione, le cose volgono al peggio: A Turn For The Worst.
…A swerve to clear the Hondo stone Now we proclaim it known Took us off course, came too wide of Mars to turn back home There's no turning back Guiding units broke and cracked We will never win this game
Una sterzata per superare l'asteroide Hondo Ora lo diamo per noto Ci ha portati fuori dalla rotta, e siamo troppo lontani da Marte per tornare a casa Non ci sarà ritorno Le unità di guida si sono guastate e rotte Non vinceremo mai questa partita
Al decimo minuto si registra un cambio di ritmo, un piccolo e breve intermezzo di pianoforte divide le prime cinque parti dal resto. Considerando che la navicella ormai è fuori dal sistema solare senza possibilità di una marcia indietro, la navigazione nel buio dell'universo prosegue ormai da ben sei anni, senza una meta, ma con un ritrovato equilibrio: A New Balance.
…Six years down the line, we still feign dawn And sunset, but space no light will spawn Eternally darker
Sei anni sono trascorsi, ancora simuliamo l'alba E il tramonto, ma lo spazio non emetterà alcuna luce Eternamente sempre più buio
Gli astronauti sono costantemente guidati da Mima, il computer di bordo che, come una sorta di animatore robotico, li intrattiene con racconti di fantasia e non, per mantenere il bisogno e la fame d'arte insita nell'uomo. Esso, o essa, mostra loro come il punto dal quale l'astronave è partita sei anni prima sia in fiamme, lasciando presagire che l'intera Terra è probabilmente andata distrutta, dopo un ciclo vitale di ben 4,5 miliardi di anni, nel capitolo VII Death Of The Goddesses.
…Humanity, the festering cancer that Dug her own grave
L'umanità, il cancro virulento che Si è scavato la sua tomba
La notizia getta sconforto tra i passeggeri, la confusione, la consapevolezza e il caos prendono il sopravvento. Il basso di Andreas Blomqvist e le tastiere di Andreas Söderin ci conducono verso una breve pausa, la seconda. L'ottavo capitolo è suddiviso a sua volta in ulteriori tre parti ed è nominato The Age Of Confusion. La tensione è massima e le parole si caricano di tristezza, disperazione ed estrema malinconia.
In this deafening silence people mourn We've cried us a river Who knows where all laughter be? On whom we place the blame?
In questo silenzio assordante la gente piange Abbiamo versato fiumi di lacrime Chi sa dove sono finite tutte le risate? A chi possiamo dare la colpa?
Dopo la disperazione è la lussuria a prendere il sopravvento e sull'astronave gli umani cominciano a rendersi conto che la loro vita potrebbe anche terminare senza più mettere piede su un altro pianeta. Ciò li porta a consumare rapporti in malsane orge e la confusione continua a regnare sovrana. Ma d'altronde cosa faremmo noi al loro posto? Non saremmo più guidati dalla ragione, la pazzia si prenderebbe gioco di noi. E così anche le orge si dissolvono per far spazio alle riflessioni. Che ne sarà di noi ora? I connotati della melodia si incupiscono, le note si caricano di emozioni oscure. Nell'undicesima parte, The Aftermath, fa la sua comparsa la sorella di Tommy Karevik, Jenny, già protagonista nel precedente album Mercy Falls e dotata di una voce sensazionale. Ora il più grande rammarico è quello di separarsi dalla vita senza qualcuno che possa vedere i superstiti sparire nello spazio, senza qualcuno che possa ricordarsi di loro. Un pensiero orribile, una fine senza alcun ricordo, una morte definitiva senza rimanere nel cuore dei propri cari. Lo strazio totale è ormai incontrastabile, ma la colpa, in ultima istanza, è sempre da imputare a sé stessi.
We're holding on Within our cradle of confusion We paint no rainbows in the dark No one will ever see us fade away Oh, for so long I was the wielder of illusions But there's no hiding what we are We are the plague of all (For humanity there is no cure)
Teniamo duro Nella nostra culla di confusione Non dipingiamo arcobaleni nel buio Nessuno mai ci vedrà scomparire Oh, per così a lungo Sono stato il detentore delle illusioni Ma non si può nascondere ciò che siamo Siamo la peggiore delle piaghe (Per l'umanità non c'è cura)
Ci avviciniamo alla conclusione. Dopo una voce rabbiosa a chiudere il precedente capitolo, si apre il penultimo con un ritmo meno sostenuto, più lieve, anche se il titolo Dining On Ashes non ha certo una scelta di termini molto ottimistica. Qui le parole, finemente soppesate e probabilmente prese in prestito direttamente dal poema originale, ci danno una lezione molto importante: sono passati ormai vent'anni e i peccatori, ora penitenti, pregano. Pregano un Dio assente nei meandri del buio cosmico, nella notte senza alba. Tutti pagherebbero per poter vedere la pioggia e poi l'arcobaleno sulla Terra, quel paradiso che essi stessi hanno brutalmente distrutto.
What we reap is what we sow Naked our truth smugly glows We leave all games behind 'cause Twenty years to come and go Then only did we all know And see how wrinkled and jaded we have grown
Looking out the window But there's nothing new Only darkness stares at you I would die to see the rain below the rainbow Just like others do
We crown the skies with our tiara The life and fate of Aniara (We write an endless symphony) Now thousands were weeping And hundreds cried in dismay Twenty years today Repenting sinners pray
Si raccoglie ciò che si è seminato Nuda la nostra verità risplende sprezzante Ci lasciamo alle spalle tutti i giochi perché Vent'anni sono passati E solo allora abbiamo tutti capito E visto quanto siamo diventati raggrinziti e stanchi
Guardo fuori dal vetro Ma non c'è nulla di nuovo Solo le tenebre ti osservano Morirei per vedere la pioggia sotto l'arcobaleno Proprio come fanno gli altri
Incoroniamo i cieli con la nostra tiara La vita e il destino di Aniara (Componiamo una sinfonia infinita) Ora a migliaia piangevano E a centinaia gridavano per lo sgomento Vent'anni oggi I peccatori pentiti pregano
Mentre le note scorrono rapide, tra virtuosismi mai eccessivi e assoli di qualità, si giunge alla conclusione del viaggio e cala il sipario sull'umanità. Siamo al tredicesimo e ultimo capitolo The Curtain Falls. All'improvviso la melodia cessa, lasciando risuonare le note solitarie del pianoforte che accompagnano la voce del frontman. Dopo anni di ascolti quest'ultima parte non riesce a lasciare indifferente, le parole pesano come macigni e arrivano dritte a scalfire all'interno. Una frase su tutte centra in pieno i sentimenti: "Ma solo la polvere cade sulle tombe di tutti noi". Immaginate dei sepolcri persi nel mezzo dell'oscurità spaziale sui quali comincia ad accumularsi la polvere dell'oblio, agghiacciante. Nel silenzio l'umanità è svanita, dopo ventiquattro anni di fuga, un'eroica corsa per la sopravvivenza verso una nuova casa. Immaginate il silenzio assordante fuori dalla navicella che va alla deriva, le persone morire, chi di fame chi di vecchiaia, al suo interno, nessuno a conservare memoria della loro esistenza. Come se il genere umano non fosse mai esistito, spazzato via dai suoi stessi peccati. Ma noi non siamo tanto lontani da questa conclusione, eppure sfacciati e sfrontati, come nel poema di Harry Martinson, continuiamo a scherzare con il fuoco. Ma prima poi ci sarà da bruciarsi, sul serio.
See, in silence we faded: our great escape Twenty four years inside Looking, searching our ship For life but just dust Falls on the graves of all
The halls of our ship now are Void of all but death Our lives have passed Our hearts were broken by the endless dark Our new paradise The one to replace the one we burned so bad The god we hoped for left profaned All wounded and forlorn On the home we scarred
Now here I stand, my dear One heart still beats I bid you farewell The curtain will now descend Somewhere in time we were living Remember us then
Guarda, siamo svaniti nel silenzio: la nostra grande fuga Ventiquattro anni qui dentro Guardando, cercando nella nostra nave La vita, ma solo polvere Cade sulle tombe di tutti
Le stanze della nostra nave ora sono Svuotate di tutto, eccetto della morte Le nostre vite sono trascorse I nostri cuori spezzati dal buio senza fine Il nostro nuovo paradiso Che doveva sostituire quello che avevamo bruciato così terribilmente Il dio in cui riponevamo speranza è rimasto profanato Completamente ferito e sconsolato Sulla casa che abbiamo deturpato
Ora io sono qui, mia cara Un cuore batte ancora Ti dico addio Ora il sipario calerà In un qualche momento nel tempo siamo stati vivi Ricordati di noi allora
La maestosa suite dei Seventh Wonder, tratta dal visionario poema di Harry Martinson, è un pezzo di storia della musica progressive metal. Mai racconto fu più dettagliato e mai viaggio fu più travagliato. Per chi apprezza questo genere sicuramente non può mancare la visione del capolavoro di Christopher Nolan Interstellar, oppure la magistrale serie TV tutt'ora in corso The 100. In entrambi vi sono parecchie similitudini con Aniara ed è impossibile pensare che i due autori non ne abbiano letto almeno qualche pagina.
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