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CRYPTIC WRITINGS - # 32 - Walk on the Wild Side - Lou Reed
17/11/2013 (4299 letture)
E' raro che un singolo pezzo, per quanto indovinato, particolare e cantato dal personaggio più giusto per diffonderlo, sia così in grado di descrivere una situazione, una certa generazione -od almeno, parte di essa- ed una sotto-cultura peculiare di un determinato periodo storico. Quando questo avviene, però, quella canzone e quell'artista diventano immortali quasi a prescindere da quanto accadrà in seguito e da quanto quelle due "entità" saranno in grado di fare in seguito. Uno degli esempi più evidenti di quanto sopra, è rappresentato da Lou Reed e dalla sua Walk on the Wild Side e quanto segue è parte di ciò che si nasconde dietro le parole del suo testo.

COMMERCIALISTA O MENESTRELLO
Come per tutte le cose di questo mondo, è la storia a spiegarci come e perché si è giunti ad una certa situazione, ad un certo evento, ed a fornirci le chiavi di lettura per l'analisi dei fatti. La musica ed i suoi menestrelli non fanno eccezione, così, è da lì che dobbiamo partire per sapere come e perché Lou Reed arrivò a pubblicare il pezzo che si legherà per sempre alla sua persona, fornendo uno spaccato quasi cinematografico di una società alternativa a quella finto-bene statunitense che, proprio nel 1972, affrontava lo scandalo Watergate. Dopo l'abbandono dei Velvet Underground ed un fallimentare album d'esordio come solista quale Lou Reed, l'artista era entrato in una crisi così profonda da fargli adottare il proposito di allontanarsi definitivamente dal mondo della musica. Anche se oggi è difficile immaginarselo, egli era addirittura tornato a lavorare nello studio da commercialista paterno. Una grigia carriera da contabile, magari intervallata da qualche comparsata qua e là nel ricordo dei Velvet, sembrava ormai l'unico futuro possibile per lui, quando ricevette l'ormai inattesa chiamata londinese di David Bowie. Perché? Semplice: per registrare, con l'aiuto del chitarrista Mick Ronson, un nuovo lavoro che, più tardi, sarebbe stato intitolato Transformer. All'interno di quel disco, tra le altre, una canzone intitolata come un musical a sua volta tratto da un'opera di Nelson Agren del '56 che doveva essere messo in scena in precedenza, progetto poi abortito ed adattato alle vicende osservate da Reed alla corte di Warhol.

CINQUE PERSONAGGI IN CERCA D'ESISTENZA
Ciò che la canzone descrive, sono le storie di cinque personaggi "out", decisamente poco aderenti ai canoni ufficiali della società W.A.S.P. americana, tutta ufficio, famiglia e "god bless America", che scelgono di immergersi, talvolta di annegare, nella New York alternativa del giro di Andy Wharol, di "vivere sul lato selvaggio". Tutti e cinque offrono immagini sessualmente deviate rispetto ai canoni: tutti maschi all'anagrafe e tutti in fuga dalla propria identità, magari solo per calcolo. Lo scandalo derivò anche dal fatto che i protagonisti non sono personaggi inventati a bella posta per ricavarne una specie di romanzo in musica, ma sono tutti realmente esistenti e viventi al tempo della pubblicazione del disco, orbitanti a vario titolo attorno alla galassia Factory. Alcuni di loro avranno una carriera più o meno dignitosa che durerà a lungo, mentre Candy Darling morirà di lì a poco. Lo "scandalo" di un testo che affrontava transessualità, sesso orale, prostituzione maschile -tutte realtà ufficialmente inesistenti negli U.S.A. Nixoniani- era troppo grande per non attirare l'attenzione delle autorità governative, religiose e del pubblico. Tanto fu inimmaginabile l'offesa alla morale, quanto altrettanto grande il successo in quel sottobosco giovanile che, al contrario di come riportavano le statistiche ufficiali, esisteva eccome ed era molto interessato a sentire certe cose, magari solo per "trend" del momento.

Holly came from Miami FLA
Hitch-hiked her way across the USA.
Plucked her eyebrows on the way
Shaved her leg and then he was a she
She said, hey babe,
take a walk on the wild side,
Said, hey honey,
take a walk on the wild side.


Holly viene da Miami Florida
In autostop attraverso gli USA.
Sfoltendo le sue sopracciglia lungo la strada
Depilandosi le gambe lui diventò lei
Lei dice, hey bambino
Fatti un giro sul lato selvaggio
disse, hey dolcezza
Fatti un giro sul lato selvaggio


Holly è Holly Woodlawn, nata Haroldo Santiago Franceschi Rodriguez Danhakl a Porto Rico, che muta il proprio nome quando inizia la propria carriera artistica. Conosce Warhol alla Factory e di lì modella una carriera che si sviluppò principalmente tra il 1969 ed il 1976, anche se è ancora oggi in corso con successo, attualmente con uno spettacolo di cabaret autobiografico. I versi che la riguardano descrivono il modo in cui, dalla Florida, si trasferì nella Grande Mela, di come si trasformò lungo la strada verso una vita che, lungo il cammino, la vedrà anche in carcere. Il tono è didascalico ed ironico al tempo stesso, ma non cattivo, senza l'intento di giudicare, di ghettizzare. La trasformazione è rapida, facile (in realtà è l'atto finale di un cammino durato anni) e naturalmente vissuto nel suo essere esecrato da tutti. L'invito a farsi un giro sul lato selvaggio, quello della trasgressione, del non ammesso, del sordido agli occhi della società ufficiale, è la prima costante del testo.

Candy came from out on the island,
In the backroom she was everybody's darling,
But she never lost her head
Even when she was given head
She said, hey baby,
take a walk on the wild side
She said, hey babe,
take a walk on the wild side
And the coloured girls go, doo doo doo, doo


Candy viene dall'isola
Nella camera sul retro lei era la ragazza di tutti
Ma non ha mai perso la testa
Neanche quando faceva pompini
Lei dice, hey bambino
Fatti un giro sul lato selvaggio
Disse, hey bambino
Fatti un giro sul lato selvaggio
E le ragazze di colore fanno do doo do doo..


Candy Darling (James Lawrence Slattery) era la star del cinema targato Factory, noto per pellicole come Flesh e Woman in Revolt (con Holly). Veniva da Long Island -'The island' nel testo- scoprendo la propria omosessualità intorno al 1961. Già citato in Candy Says dei Velvet Underground, Candy era considerato estremamente femminile e molto "generosa/o", ma anche una persona con la testa sulle spalle che, a dispetto delle apparenze, conservava una sua integrità ed un certo modo di gestirsi. La strofa è chiusa da un escamotage poetico/musicale, ma anche una grande furbata compositiva. Le ragazze di colore erano considerate solo quelle che "fanno doo do doo", ruolo in cui queste -spesso dotate di voci eccellenti- erano relegate all'inizio della storia del rock-biz, ossia quello di semplici back singers, dato che proporre ad un pubblico ufficiale una star nera, non era considerato fattibile. Oggi usare il termine "coloured" potrebbe risultare impopolare, ma anche se all'epoca lo era decisamente meno, il verso causò lo stesso polemiche, in quanto alcuni sostennero che il cantante volesse avallare un comportamente che confinava le cantanti nere in questo ambito, anziché descrivere semplicemente la situazione che le riguardava. Questo giro, chiuso dal cantato che cita quello delle back singers, diventa contemporaneamente una costante che lega l'intera canzone e, con i richiami nelle strofe successive, anche e soprattutto una trovata che imprime al ritornello il potere di essere immediatamente ricordato, di essere popular, immediato, alla portata di tutti ed ammiccante come le situazioni descritte devono essere, almeno quando vengono trattate con la leggerezza delle liriche di Lou.

Little Joe never once gave it away
Everybody had to pay and pay
A hustle here and a hustle there
New York city is the place where they said:
Hey babe, take a walk on the wild side
I Said, hey Joe,
take a walk on the wild side


Piccolo Joe non l'ha mai dato via gratis
Tutti devono pagare e pagare
Una botta qui e una botta là
NY city é il luogo dove dicono:
Hey bambino, fatti un giro sul lato selvaggio
Ho detto, hey Joe
Fatti un giro sul lato selvaggio


Nonostante sia la più contenuta per lunghezza, si tratta della strofa più controversa della canzone, che forse ha perseguitato il suo soggetto per il resto della sua vita e che tante polemiche scatenerà tra i due. Il Piccolo Joe è l'attore e modello bisessuale Joe Dallesandro (Flesh, Lonesome Cowboys, Fango Bollente, 6000 km di Paura, Je t'Aime moi non Plus e molte altre pellicole anche italiane, oltre a partecipazioni a serie come Miami Vice e Matlock), noto anche per essere il soggetto della copertina di Sticky Fingers dei Rolling Stones e per apparire su quella dell'esordio dei The Smiths. Egli si era tatuato il soprannome Little Joe in riformatorio, ma quel che più conta è che viene qui descritto come un prostituto estremamente cinico, decisamente poco incline all'amore, ma ben di più verso i soldi. A questo proposito Joe ha dichiarato:

"Quella non è una storia vera, è un film. Io Lou Reed non lo conoscevo quando scrisse quella canzone, e lui non conosceva me. Nessuno dei personaggi della canzone aveva mai parlato a Lou Reed prima che uscisse quel disco. Io facevo l'attore e nel 1972 avevo già avuto il buon senso di andarmene da New York e dalla Factory. Quando uscì quel pezzo ero sposato, avevo un figlio e vivevo in Europa. Il testo parla di un personaggio che interpretai nella trilogia di Paul Morrissey, in particolare in Flesh, del 1968. Lou Reed mi aveva visto, sì, ma solo al cinema. Non ha mai voluto parlare con me della questione, aveva una sua versione dei fatti e non ha mai voluto metterla in discussione. Anche se ciò che lui racconta nella canzone non ha alcun senso."

E' probabile o almeno possibile, che effettivamente la storia di Dallesandro sia vera, o che egli voglia prendere le distanze dall'immagine deleteria veicolata dalla canzone. Che sia vero o meno quanto raccontato, la strofa è ancora una volta un'istantanea di un mondo che spesso abbiamo sotto gli occhi, ma non vogliamo osservare, chiusi nelle nostre certezze, e preferiamo ignorare e/o sfottere, disprezzare, in modo da tenerlo lontano da noi evitando di riconoscere ciò che è "altro", a qualunque titolo. In ogni caso i versi sono crudi: gave it away sta per sesso libero, non a pagamento, qui tassativamente escluso in riferimento al soggetto, ed hustle è anche un'espressione gergale per prostituzione. Interessante notare come, in chiusura della strofa, Lou passi stabilmente alla prima persona, dicendo: "I Said", dando l'impressione di essere stato effettivamente testimone di quei fatti.

Sugar Plum Fairy came and hit the streets
Lookin' for soul food and a place to eat
Went to the Apollo
You should have seen him go go go
They said, hey Sugar,
take a walk on the wild side
I said, hey honey,
take a walk on the wild side


Sugar Plum Fairy é venuto e batte le strade
Cercando cibo per l'anima e un posto dove mangiare
é andato all'Apollo
Avresti dovuto vederlo come ci dava dentro
Loro dicono, Hey bambino
Fatti un giro sul lato selvaggio
Ho detto, hey bambino
Fatti un giro sul lato selvaggio


Sugar Plum Fairy (Joe Campbell) si procurava da vivere nel modo chiaramente spiegato dai primi due versi, prima di diventare anch'egli un attore del giro Factory all'opera ad esempio nel film Nude Restaraunt. Trascinandosi cercando un posto per mangiare, arriva al Soul Food -ristorante rinomato- e poi al teatro Apollo, noti luoghi di ritrovo di Harlem, col primo a simboleggiare anche la sua ricerca di qualcosa che soddisfasse la sua anima. Personaggio che trae il proprio soprannome da un personaggio di The Nutcracker, è un altro "tipo" caratteristico del giro frequentato da Reed e di una certa NY.

Alright
Huh

Jackie is just speeding away
Thought she was James Dean for a day
Then I guess she had to crash
Valium would have helped that dash
She said "Hey babe, take a walk on the wild side"
I said "Hey honey, take a walk on the wild side"
And the coloured girls say

Do da do da do da do do do
Do da do da do da do do do
Do da do da do da do do do
Do da do da do da do do do


Jackie é completamente fatta
Per un giorno pensava di essere James Dean
Allora ho capito che presto si sarebbe schiantata
Il Valium l'avrebbe aiutata
Diceva, "Hey bambino, fatti un giro sul lato selvaggio
Dicevo, "Hey dolcezza, fatti un giro sul lato selvaggio
E le ragazze di colore fanno do doo do doo..


Jackie (Jackie Curtis) era un performer transgender di madre italiana, noto per essere schiavo della droga, degli psicofarmaci e per impersonare indifferentemente personaggi maschili e femminili. In particolare, quando uomo, spesso recitava il ruolo di James Dean, reso in maniera molto convinta e personale, tanto da indurre Reed a dire che "pensava di essere James Dean", forse anche in maniera un po' sprezzante. I versi che lo riguardano sono doppi sensi tra l'incidente occorso a Dean e le sostanze che Jackie assumeva, come lo speed. Anche il "crash" si riferisce all'effetto del Valium, allora prescritto con grande leggerezza e solo dopo reso illegale come sostanza per lo "svago". Quando recitava ruoli da donna, invece, egli era una più che appariscente drag queen, ed in tale veste è considerato la principale ispirazione visuale degli artisti glitter/glam americani dei primi anni '70. Morirà nel 1985 per overdose di eroina. Nel 2004 è uscito un docu-film indipendente sulla sua vita, intitolato Superstar in a Housedress.

FOTO DI UN SOGGETTO OPACO
Circa la musica, del famoso giro di basso doppiato che caratterizza il pezzo insieme alla voce particolarissima del suo autore ed all'assolo finale di sax, parleremo prima o poi in una apposita recensione di Transformer, quello che qui importa invece, è capire che tipo di fotografia sociale Reed scattò con quel testo zeppo di doppi sensi tipicamente americani, tanto che la BBC non se ne accorse e non lo censurò in prima battuta. Una foto didascalica e pittorica allo stesso tempo, con poche, ma estremamente descrittive righe dedicate a ciascun soggetto, che poi, poste sullo stesso foglio, danno una panoramica completa della situazione. Una foto scattata con un grandangolo a qualcosa che per alcuni non doveva esistere, anzi, non esisteva, ma che, tra mille contraddizioni ed eccessive esaltazioni, ha comunque prodotto una serie di fenomeni artistici i quali, pur essendo legati ad una tipicità statunitense ed a quella realtà essenzialmente connessi, hanno comunque inciso sulla cultura mondiale, seppur dando solo uno spaccato e non un totale. Il 1972 degli U.S.A. erano quelli di Nixon, della prima candidatura nera alla presidenza (Shirley Chisholm), de Il Padrino, dell'escalation in Vietnam, dell'ammissione di aver usato cavie di colore per testare esperimenti sulle sifilide per uno studio clinico pluridecennale, ma che aveva ancora paura delle parole e del suo "lato selvaggio", nonostante avesse nefandezze ben più gravi delle quali vergognarsi. Che Lou Reed abbia effettivamente vissuto ogni momento raccontato o che, come dice Dallesandro, ci abbia marciato, quella canzone rimane comunque una testimonianza laida, viscida, ma distaccata, ironica allo stesso tempo, di qualcosa che è esistito ed esiste, di una diversità che può infastidire certi soggetti, ma che è comunque parte della realtà e come tale va accettata, compresa e valorizzata in riferimento alla sua forza artistica e culturale, ove esistente.



Raven
Martedì 26 Novembre 2013, 21.28.07
2
Grazie, anche se, a quanto pare, dopo Lulu il buon Reed non gode più di gran credito presso il popolo metallico
Conte Mascetti
Martedì 26 Novembre 2013, 7.52.20
1
Che, dire, grande canzone e grandissimo articolo. Complimenti!
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