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CRYPTIC WRITINGS - #91 - Cult Of Luna / Julie Christmas - Cygnus
19/07/2021 (1399 letture)
Se sei caduto ieri, rialzati oggi - H. G. Wells

Ah, i Cult of Luna, probabilmente uno di quei pochi gruppi che mi fanno dire: “questi non hanno mai sbagliato un colpo”. Ciò accade con l'omonimo debutto, più improntato sulle origini hardcore e sludge della band precedente alla fondazione, fino ad arrivare all'ultimo e ben acclamato A Dawn to Fear del 2019, senza dimenticare il recente EP The Raging River che vede gli svedesi collaborare anche con una figura carismatica come quella di Mark Lanegan. I nostri compongono due album, Somewhere Along the Highway e Salvation, che diverranno punti di riferimento ed esempi da seguire per il post-metal. Dopo Eternal Kingdom, i fan hanno aspettato cinque anni per un ritorno alle scene. Un ritorno in grande stile visto che la band pubblica un altro colpo da novanta che ha il titolo di Vertikal (seguito subito dopo da un EP intitolato Vertikal II). Il concept di questo disco è strettamente legato al capolavoro cinematografico Metropolis di Fritz Lang del 1927, tant’è che il gruppo analizza i temi dell'alienazione e del soffocamento dovuto dalla città, dai palazzi e dalle macchine che la vivono.
A sorpresa, il gruppo di Umeå annuncia la pubblicazione di un nuovo album che vedrà la band collaborare con Julie Christmas, cantante dei Battle of Mice e dei Made Out of Space. Il disco si intitolerà Mariner e sarà pubblicato nel 2016 dalla Indie Recording, venendo accolto a grandi voti dalla critica e facendo conoscere le due realtà ad un pubblico non affine a questo genere di musica.
Se in Vertikal si analizzava la claustrofobia della città e l'alienazione che provoca alle persone, con Mariner i musicisti compongono un concept album sull'esplorazione spaziale e il vuoto, narrando la storia di un gruppo di astronauti che, sentendo un suono provenire dallo spazio, decidono di partire in esplorazione. Certo, verranno raccontati gli eventi ma anche le sensazioni che i protagonisti proveranno.

Cygnus è la traccia di chiusura del disco. Liricamente colpisce perché, se da una parte può essere letta come una fine della storia facendo immaginare una possibile entità aliena dentro l'astronave, dall'altra è un invito all'ascoltatore a non cedere alle brutte sensazioni e ai pensieri che lo potrebbero affliggere. Quei momenti “no” che ti fanno cedere e difficilmente rialzarti possono essere affrontati solo con una grandissima forza di volontà e con il peso del fallimento sfidato faccia a faccia. Questo fanno i Cult of Luna e Julie Christma con Cygnus: incoraggiano a non mollare mai, offrono un consiglio e donano la forza di rialzarsi a chi ascolta.

Can you see what's following you
It has a mind of its own
Steps so quiet you can't hear it
A parasite without a home


Puoi vedere che cosa ti sta inseguendo
Ha una mentalità tutta sua
Passeggia così calma che non la senti
Un parassita senza una casa


Senza troppi preamboli, la voce disturbante di Julie Christmas accoglie l'ascoltatore immergendolo nel muro di suono che i Cult of Luna creano. La “personalità” protagonista del testo descrive un essere considerato un parassita in possesso di una mentalità propria, talmente leggero che non lo senti né con l'udito né sulla pelle.

It's got a smile, but you don't trust it
Concrete reasons unknown
Put it behind you in the space of your day
A parasite without a home


Ha un sorriso, ma non ti fidi
Giustificazioni autentiche sconosciute
Mettile in spalla nello spazio del tuo giorno
Un parassita senza una casa


Prosegue la descrizione del parassita che disturba il suo obiettivo. Può sembrare accogliente e gentile anche grazie al suo sorriso ma è una trappola: Julie, infatti, narra che non ti puoi fidare di quel sorriso. Ti invita anche a farti carico di questo peso che ti assale, mettendotelo sulle spalle così da ricordarti di averlo nel corso della giornata (anche perché non se ne può andare da un momento all'altro), facendo in modo di far affrontare il giorno.
Nel corso di queste prime due strofe entrambi i cantanti ripetono i versi come a voler dimostrare che con la voce di Julie questa entità possa essere accogliente e, al contratio, con il growl di Fredrik Kihlber e Johannes Persson, cattiva e spregevole come un parassita.

Leave her to sing her withered songs
In tunnels painted like the dawn
Bring me, the echo till it's gone


Lasciala cantare le sue canzoni appassite
in tunnel dipinti come l'alba
Portami, l'eco finché non se n'è andato


Da questo momento comincia l'atto di rivolta contro questa entità malvagia. Julie ci invita a non fare finta della sua esistenza ma, anzi, a lasciarla cantare i suoi brani appassiti da quante volte li ha cantati. Suggerisce inoltre, una volta affrontato l'essere, di prendere quello che è rimasto (l'eco, il suono propagandato nel nulla) e di farlo proprio.

Nothing escapes this hold
Desperate against the cold
Its flesh made out of stardust
Iron oxide into rust


Nulla sfugge a questa presa
Disperato contro il freddo
La sua carne fatta di polvere di stelle
Ossido di ferro in ruggine


In questo verso prosegue la descrizione del parassita. Considerato l'ambito spaziale che il concept di Mariner ha, viene illustrato come un essere spaziale fatto di polvere di stelle, freddo e con una presa difficilmente evitabile.

To write a letter to the night
This songless, sightless, silent giant
This feeble plea
A speck of dust
A drop of sea
It's locked in you and me
Rip it out and feel it's heat
Forget the way things seem to be;
Meaningless to the one and only


Per scrivere una lettera alla notte
Questo gigante senza voce, senza vista e silenzioso
Questo debole motivo
Un granello di polvere
Una goccia di mare
È bloccato dentro me e te
Strappalo e senti che è caldo
Dimentica come sembrano;
insensato per l'unico e solo


Julie riprende a cantare della nullità rappresentata dal parassita. Ammette che risiede sia dentro il protagonista che lei (che sia, in un certo senso, la ragione?), ma non vuole far dimenticare che il male è niente in confronto a quello che siamo: è una goccia di mare e un granello di polvere che si perde dentro il nostro corpo. Bisogna affrontarlo per sentire il suo calore ma rimane insignificante per la nostra vita se ci ricordiamo quello che è: un gigante silenzioso ma senza voce e senza vista. Certo, può sembrare pericoloso al primo impatto, ma è un essere facilmente affrontabile, dobbiamo solo dimenticarci il suo aspetto così da dargli una forma nuova e più facilmente battibile.

Leave her to sing her withered songs
In tunnels painted like the dawn
Bring me, the echo till it's gone


Lasciala cantare le sue canzoni appassite
in tunnel dipinti come l'alba
Portami, l'eco finché non se n'è andato


Nothing escapes this hold
Desperate against the cold
Its flesh made out of stardust
Iron oxide into rust


Nulla sfugge a questa presa
Disperato contro il freddo
La sua carne fatta di polvere di stelle
Ossido di ferro in ruggine


It's got a smile, but you don't trust it
Concrete reasons unknown
Put it behind you in the space of your day
A parasite without a home


Ha un sorriso, ma non ti fidi
Giustificazioni autentiche sconosciute
Mettile in spalla nello spazio del tuo giorno
Un parassita senza una casa


In questo caso, questa ripetizione delle prime strofe può essere intesa come un ritorno del parassita che non vuole mollare la presa ma, anzi, intende continuare ad infierire sul protagonista a cui Julie e la band si rivolgono.

And she'll be standing strong
Her hair is lost in storm
Open your mouth
And let air rush in
To get a sense of her form

But if the audience is imminent
And if your parasites come home
Remember the old adage:
Deep roots are not reached by frost


E lei starà in piedi fortemente
I suoi capelli persi nella tempesta
Apri la tua bocca
E lascia che l'aria entri dentro
Per avere un'idea della sua forma

Ma se il pubblico è imminente
E se i tuoi parassiti tornano a casa
Ricorda il vecchio detto:
Le radici profonde non vengono raggiunte dal gelo


Arriviamo ai versi più potenti del brano. È vero, lei (l'entita) è forte e lo sarà sicuramente durante lo scontro. I suoi capelli sono come una tempesta. Julie vuole far capire che l'unico modo per batterla è affrontandola dall'interno, un po' come noi affrontiamo i nostri demoni interiori, i dubbi e le paure, così da darle una forma e riuscire ad immaginarla. Accogliendola dentro di noi le abbiamo dato una casa. Tutto può sembrare perduto visto che abbiamo accolto il cavallo di Troia, ma non è vero. Infatti, come canta Julie Christmas, le radici profonde non vengono raggiunte dal freddo: questa fredda entità può farci male ogni volta ma non può mai distruggere la nostra positività che sta a noi riuscire a fronteggiarla.

Leave her to sing her withered songs
In tunnels painted like the dawn

To write a letter to the night
This sightless, songless, silent giant


Lasciala cantare le sue canzoni appassite
In tunnel dipinti come l'alba

Per scrivere una lettera alla notte
Questo senza vista, senza canto, gigante silenzioso


Il pezzo si conclude con una ripetizione del consiglio su come affrontare questo parassita, lasciando cantare per noi le sue canzoni stanche finché non si spengono e finché questo gigante cieco non rimane senza voce e senza vista.

Ho sempre trovato difficile descrivere a parole la musica dei Cult of Luna, ma anche di vari gruppi appartenenti alla corrente del post-metal. È una musica decisamente potente a livello emotivo che nel corso di questo stupendo Mariner, ma soprattutto in Cygnus, trova il suo picco massimo: la tastiera di Kristian Karlsson riesce ad accompagnare perfettamente la voce di Julie nel ritornello, mentre le chitarre di Fredrik Kihlberg e Johaness Persson creano un wall of sound perfetto per calare l'ascoltatore nel corso della canzone e fargli sentire la tensione crescere fino all'apice. Ho cercato di concentrarmi di più sul testo che sulle note che vi invito ad ascoltare caldamente se non conoscete il brano.

Non sono bravo a dare consigli su quando si è tristi o quando si affronta un momento “no”. Non vi dico di tenervi tutto dentro, ci sono passato e fa male. Basta solo aprirsi con gli altri e affrontare quello che la vita ci tira in faccia. Certo, può fare schifo la maggior parte delle volte, ma abbiamo motivi per non arrenderci: la famiglia, gli amici e l'amore. Non possiamo farci abbattere e perdere tutto questo. Concludo citando un detto della mia città che ha subito terremoto, inondazioni, grandine e nutrie: “tin bota e dag dal gas”.



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